L’autore considera questo suo racconto mistico «una lite con gli Dei in entrambi i sensi, una lite insieme con loro e un conto presentato contro di loro». In una narrazione semplice, efficace e talvolta venata di piacevole umorismo, affronta il tema di una contraddizione che è il problema millenario di filosofi e teologi, mai risolto e quindi sempre attuale; il problema è stato però risolto da asceti e mistici, non secondo una dottrina, ma secondo un realismo il cui contenuto teorico è difficilmente comunicabile. In un tempo come quello attuale l’uomo non può essere aiutato da nuove teorie, ma stimolando la sua ricerca interiore.
David Stacton riesce indubbiamente in questo intento, soprattutto quando risolve felicemente, attraverso l’attività artistica, l’elemento dottrinario o filosofico. È possibile educare e aiutare l’uomo oggi attraverso le forze realmente esistenti dello Spirito, dando una nuova funzione al romanzo.
Il romanzo può servire a riflettere qualcosa di meglio della banalità, delle verità ovvie, del contenuto episodico o degli psicologismi della vita quotidiana esterna: può facilitare l’incontro dell’uomo con il proprio problema interno.
L’opera di Stacton è una dimostrazione di questo.
Massimo Scaligero
Kaliyuga, di David Stacton.
Londra, Faber and Faber, 1965.
Da: East and West, Marzo-Giugno 1967, Vol. 17, No. 1-2.
La grandezza del Buddismo sta nel saper parlare a tutti i livelli di coscienza: dalle altezze rarefatte della dottrina del vuoto, alle semplici regole dell’azione quotidiana; c’è spazio in esso per l’attitudine del filosofo, del pensatore religioso, del mistico, dello yogi, dell’uomo della strada… per tutti gli uomini. Qui Jacobson, entusiasta di un determinato significato della figura del Buddha, riesce a mostrarci che la dottrina è rilevante non solo in senso religioso e mistico, ma anche in senso empirico-logico e filosofico-analitico.
Trasportato dal suo entusiasmo, egli attualizza il Buddismo in modo tale da farlo funzionare come la chiave per un particolare aspetto dei problemi della cultura moderna: da Hume a Nietzsche, a Marx ed Engels, a Stuart Mill, Freud e Wittgenstein, il tipo del pensatore occidentale che è accettabile se integrato con ciò che gli manca, e che il Buddismo può dare, perché la dottrina di Buddha contiene già in sé le posizioni di questi pensatori.
Jacobson con grande facilità assimila il Buddismo alla moderna analitica, cioè a quel modo di filosofare che tradisce l’effettiva perdita della dimensione interiore, e proprio per questo finalmente la postula, e la ripropone metodologicamente.
In fondo, alla logica buddista non mancava la possibilità di mostrare il senso ultimo delle cose, insieme alla concezione del samsara, come analitica della struttura reale dell’azione umana: per pensare, sentire e volere. Un lavoro, questo, attuale e valido dal punto di vista pratico.
Massimo Scaligero
Buddismo – La religione dell’analisi, di Nolan Pliny Jacobson.
Londra, George Allen and Unwin Ltd., 1966.
Da: East and West, Marzo-Giugno 1967, Vol. 17, No. 1-2.
Questa è una nuova versione degli Yogi Sūtra di Patāñjali, preceduta da un saggio dell’autore sul significato originario e filosofico del Raja-yoga e le sue relazioni con le tecniche delle altre forme di Yoga.
Egli dà anche un’interpretazione del metodo di trasmutazione interiore, in termini psicologici. La traduzione è semplice, chiara ed efficace.
Come di consuetudine, sono stati raggruppati i sūtra in quattro libri:
Lo scopo
Il modo
Il metodo
Riepilogo.
I commenti riguardano principalmente la manifestazione del principio cosciente dell’operazione yogica, cioè del principio dell’“Io”, e in questo senso danno una forma di utilità odierna alle antiche regole.
Massimo Scaligero
Yoga – Union with the Ultimate, di Archie J. Bahm.
New York, Frederick Ungar Publishing Co., 1961
Da: East and West, Marzo-Giugno 1967, Vol. 17, No. 1-2.
Link agli articoli in inglese: “D. Stacton, N.P. Jacobson, A.J. Bahm”