«Una, cento, mille croci sono fiorite nel corso di quasi duemila anni di Cristianesimo nel Nagorno Karabakh, a mostrare l’amore intenso e profondo che questo popolo, duro e forte come le rocce delle sue montagne, nutre per il Cristo».
«“Noi siamo le nostre montagne” è scritto sul monumento che rappresenta i karabachi. Ma loro sono anche quelle aquile che volano alte, come l’aquila che è nello stemma del Nagorno Karabakh».
«L’aquila è il simbolo di Giovanni, autore del quarto Vangelo e dell’Apocalisse, e il popolo del Nagorno sembra connesso al cristianesimo giovannita, come l’Armenia, alla quale appartiene come etnia».
Abbiamo richiamato in questo incipit quanto da noi scritto in passato, nell’articolo Il giardino segreto dell’ottobre 2016, per ricordare questo popolo, che ha subíto e continua a subire gli attacchi degli islamici che lo circondano.
L’Azerbaijan, di etnia turca, ha imposto oltre nove mesi di isolamento agli armeni del Nagorno Karabakh, riducendolo allo stremo, poi li ha attaccati militarmente il 19 settembre del 2023 per porre fine alla Repubblica indipendente.
La Russia in passato è stata garante di questo popolo, ma ultimamente l’ha abbandonato a se stesso, sia perché assorbita dalla guerra con l’Ucraina, sia perché incolpa il primo ministro armeno, Nikol Pashinyan, di aver riconosciuto la sovranità dell’Azerbaijan sul Nagorno Karabakh. Negli ultimi mesi sempre piú spesso ha criticato Mosca e ha dato segni di apertura nei confronti di Unione europea e USA.
L’Unione europea, da parte sua, è piuttosto prudente e spera che gli azeri siano soddisfatti per aver posto fine alla Repubblica del Nagorno e non minacci, nel caso di una nuova guerra, ulteriori rivendicazioni riguardo al territorio della stessa Armenia.
Data la situazione, circa 85.000 abitanti del Nagorno Karabakh sono fuggiti in Armenia, e il 28 settembre 2023 Samuel Shahramanyan, presidente del Nagorno eletto il 10 settembre, ha firmato un decreto per lo scioglimento della Repubblica separatista dall’1 gennaio 2024.
In tutto questo, mentre avveniva l’esodo dal Nagorno, si è verificata l’esplosione di un deposito di carburante, al quale i fuggitivi stavano attingendo, che ha provocato almeno 170 vittime.
Nel chiudere questo excursus, non certamente felice, non si può non ricordare ciò che accadde tra il 1915 e il 1919 per mano dell’Impero ottomano: il genocidio degli armeni, che viene commemorato il 24 aprile. Fu il primo genocidio del ’900.
Grande fu la ferocia dei turchi che, non sopportando il pianto dei bambini, li strappavano dalle braccia delle madri e li gettavano nei dirupi.
Che dire oltre questo? Nulla, se non che questo popolo – come abbiamo scritto anche nell’articolo “Armenia terra sacra” – il primo che accolse il Cristo in sé, partecipa del Suo sacrificio e non potrà in futuro non essere premiato, nella sua ostinata e ininterrotta fede in Lui.
Alda Gallerano