Quando nel marzo 2018 scrissi per l’Archetipo, nella sessione “Misteri”, l’articolo titolato: “La linea del Drago tracciata da San Michele Arcangelo” propedeutico al presente studio (La linea del Drago tracciata da San Michele Arcangelo), non mi sarei mai aspettato che rimanesse ai vertici della graduatoria degli articoli piú letti della rivista sino ai nostri giorni. Di fatto è interessante il suo apparire mensile per sei anni di seguito terzo tra gli articoli denominati “top ten”, i dieci piú letti, quando altri articoli maggiormente letti restano in graduatoria al piú per tre mensilità.
In quell’articolo dedicato a San Michele esprimevo il concetto che l’uomo sul sentiero dello Spirito doveva attingere al principio della Forza trasmesso da San Michele, principio simbolicamente associato ai sette santuari voluti da San Michele appartenenti alla cosiddetta Linea del Drago.
Questa linea deve essere altresí rapportata al sistema dei sette chakras e all’energia Kundalini intesa come Forza-Shakti delle tradizioni misteriche ed in particolare quella induista.
Quindi, dopo una prolusione sul fatto che il primo dei sette santuari, quello di Skelling Island in Irlanda era stato scelto (non a caso) come location di una famosa produzione cinematografica, deducevo che uno dei metodi per acquisire questa Forza-Shakti michaelita fosse quello di compiere un pellegrinaggio in tutti e sette i santuari da Nord-Ovest a Sud-Est, dall’Irlanda alla Palestina, per entrare in contatto con le energie di ciascuno dei sette chakras e riviverle a livello eterico nel proprio Io.
Una doverosa premessa
Quando San Michele apparve a San Francesco di Paola – santo taumaturgo con numerosi poteri attivi incluso quello di resuscitare dai morti, e per certi versi equivalenti alle cosiddette siddhi delle tradizioni orientali – secondo le cronache dell’epoca, l’Arcangelo gli fece vedere un disco solare con al centro la scritta CHARITAS dicendogli che quello sarebbe stato, da allora e per sempre, il suo emblema. La storia di San Francesco di Paola si colloca in un periodo geopolitico burrascoso, con la costante minaccia islamica in Europa che si concretizzò nel 1480 con la conquista della città di Otranto, all’epoca sotto il dominio aragonese, da parte dei turchi ottomani, un sacrificio di morte che tuttavia serví a riorganizzare l’Europa e a scacciare il turco invasore l’anno successivo.
Vorrei ricordare la visione profetica del sacco di Otranto nelle parole del santo taumaturgo: «Otranto, città infelice, di quanti cadaveri vedo ricoperte le tue vie, di quanto sangue cristiano ti vedo inondata!».
Tale frase, fu esclamata da Francesco dall’eremo di Paterno Calabro, dopo una notte insonne nella quale il Santo ebbe la visione del massacro di Otranto. Fu subito inviata una missiva al re di Napoli Ferdinando d’Aragona (detto Ferrante) per avvisarlo dell’esperienza profetica e della concreta minaccia che si sarebbe palesata di lí a pochi giorni ad Otranto, incitandolo inoltre ad una rapida difesa della città contro il pericolo islamico. Purtroppo il re non intervenne perché impegnato nella guerra contro Lorenzo de’ Medici (detto il Magnifico). Ciò determinò il triste epilogo di morte che fu consegnato alla storia e che tutti noi conosciamo.
Ebbene, tornando all’apparizione di San Michele risulta interessante notare che la scritta nel disco solare inizia con una CHA mentre la parola CARITAS in latino si scrive senza la lettera H, quindi la frase nel disco rivela un errore di ortografia dovuto appunto alla presenza di una H, ma ciò fu sempre trascurato sino ai nostri giorni. Lo stesso Francesco parlò di “sembianze di lettere” durante l’apparizione.
Dopo aver notato questa discordanza linguistica la domanda mi è sorta spontanea: è possibile che esista un’altra interpretazione che spieghi la presenza della lettera H dove tutto acquisisce un significato piú profondo? Le cronache storiche non sono tanto precise circa l’epigrafe inscritta nel disco solare tirando in ballo la lingua greca, ma anche in questa ipotesi qualcosa non quadra. San Bernardino da Siena, contemporaneo e per certi versi precettore del giovane Francesco acquisí il simbolo del disco solare inserendone al centro il monogramma del Cristo IHS, quindi apportò una modifica sostanziale certamente pregna di un grandissimo significato solare utilizzando solo tre lettere dell’epigrafe di Francesco.
Credo sia oramai il tempo di considerare ammissibile un’altra ipotesi alla quale sono giunto meditando attentamente sulla simbolica dell’apparizione ovvero che l’epigrafe rivelata fosse un’altra ed in particolare la scritta CHAKRAS e non CHARITAS. La lettera K infatti potrebbe essere facilmente scambiata con una R mentre la R con le lettere IT contratte. In questo caso le due lettere C ed H possono essere semanticamente ben poste e non subire critiche dagli esperti latinisti, critiche tuttora esistenti nell’utilizzo della parola latina CHARITAS con l’H e quindi affetta da errore. Pertanto, come per i sette santuari consacrati da San Michele in epoca medievale tra il V e il IX secolo alcuni dei quali risorti dalle vestigia di precedenti culti solari pagani, in epoca rinascimentale San Michele interviene investendo delle effigie solari San Francesco di Paola ripristinando un culto solare incentrato sulla Forza-Shakti e sui suoi simboli che vennero poi trasmessi all’Ordine dei Minimi da lui fondato.
Il Principio solare della Forza trasmesso da San Michele
Con l’apparizione e la consegna simbolica del disco solare, San Michele volle inoltre investire Francesco di Paola dei veri poteri del Logos Solare e della volontà solare operante su questo pianeta ed esprimentesi per tramite di esseri qualificati, di veri Iniziati alla maniera di Melchisedek (re della pace o shalom), come il Cristo, dove sono le Gerarchie Superiori stesse ad intervenire direttamente e decretare l’investitura iniziatica a chi è meritevole di riceverla per il bene dell’Umanità. La Scienza dello Spirito di Steiner e Scaligero affronta in modo chiaro ed esaustivo tutti gli aspetti derivanti da questa particolare Iniziazione non umana da parte di San Michele e delle Gerarchie Superiori. Le qualificazioni possono attuarsi se e solo se l’asceta, il santo, il discepolo ricercatore dello Spirito, attraverso le proprie virtú e gli esercizi esicasti (ed in epoca moderna steineriani e scaligeriani) è in grado di attivare il proprio Corpo Eterico alla base del quale agisce una Forza-Shakti che all’epoca di San Francesco interessava ancora sette punti specifici, appunto i sette chakras, e che in epoca moderna, quella del’autocoscienza, agisce solo in tre (testa, cuore o plesso cardiaco e ventre o plesso solare).
Ricordiamo al lettore che secondo questo nostro studio il termine Potenza può essere scambiato con il termine orientale Shakti senza perdita di significato, e quindi riprendendo quanto scrive Massimo Scaligero in Tecniche della concentrazione interiore: «Sin da quando comincia a identificare nella testa il centro preliminare delle forze eteriche, il discepolo può agire mediante il centro eterico della Volontà che si trova nel plesso solare. Egli ricorre ad esso inizialmente servendosi del respiro, nella misura in cui abbia conseguito la sicurezza di muovere nel respiro mediante il “pensiero libero dai sensi”. Questo centro non esige concentrazione o tensione o sforzo, ma solo evocazione della quiete trascendente delle Gerarchie e della Potenza che irradia possente nel Cosmo mediante tale quiete. La Potenza con cui le Gerarchie muovono i mondi, diviene Volere umano sulla Terra. Tale Volere può essere percepito dall’asceta mediante il centro del plesso solare, in cui si raccoglie tutta la forza. Indubbiamente in tale operazione viene chiamato ad agire etericamente il respiro: ma appunto occorre che sia il respiro autonomo, mosso non dal corpo fisico, bensí dal corpo sottile. Nel centro del plesso solare, il discepolo realizza un’operazione fondamentale dal punto di vista dell’Ascesi magica: la separazione della Volontà dal Sentimento. Egli evoca in tale centro la corrente cosmica del Volere emanata dai Troni: si congiunge con la Volontà pura, indipendente dal sentire luciferico, con ciò liberando dalla pressione degli istinti la vita emotiva».
Il sistema dei Chakras e i sette santuari michaeliti
Abbiamo posto in essere un preciso riferimento tra i sette santuari della linea del Drago e i sette chakras, che secondo la nostra linea interpretativa è stato suggellato per volontà di San Michele. Come dicevamo nel precedente articolo, sarebbe auspicabile per il Ricercatore dello Spirito moderno effettuare un pellegrinaggio in questi luoghi della memoria. Tale pellegrinaggio, oltre ad assumere un valore turistico di rilievo, potrà certamente offrire la possibilità di recepire la sacralità del luogo visitato e le energie positive rilasciate dal chakra collegato come unità di pensiero del ricercatore-visitatore-pellegrino, attraverso un atto volitivo che presuppone una consapevolezza nell’acquisizione di queste energie. Nella realtà odierna questa acquisizione di energie interiori, attraverso gli esercizi fondamentali della Scienza dello Spirito si potrà assimilare in tre centri specifici ovvero testa, cuore e ventre. Nella tabella successiva presentiamo i riferimenti precisi tra santuario della linea del Drago e il chakra ad esso collegato.
Muladhara, o chakra della radice, è in relazione con l’istinto, la sopravvivenza e le funzioni umane di base. Questo centro è situato nella zona del perineo, tra gli organi sessuali e l’ano. Benché a questo livello del corpo non esistano ghiandole endocrine, alcuni autori considerano che il chakra della radice sia legato alle ghiandole adrenaline, responsabili dei riflessi di sopravvivenza. Muladhara è rappresentato da un loto a quattro petali; il suo colore è il rosso.
Swadhisthana o chakra del sacro, è situato circa tre centimetri sotto l’ombelico. È in relazione con le emozioni, la sessualità e la creatività. Si considera che questo chakra sia corrispondente ai testicoli e alle ovaie, luogo di produzione degli ormoni sessuali che reggono il ciclo di riproduzione. Swadhisthana è simboleggiato da un loto a sei petali; il suo colore è l’arancione.
Manipura è il chakra del plesso solare. È collegato all’energia, cosí come alla digestione e all’assimilazione del nutrimento. Si ritiene che corrisponda al pancreas, che gioca un ruolo preponderante nella conversione del nutrimento in energia. Manipura è simboleggiato da un loto a dieci petali; il suo colore è il giallo.
Anahata, o chakra del cuore, è in relazione con le emozioni superiori, la compassione, l’amore, l’equilibrio e il benessere. Corrisponde al timo, organo del sistema immunitario ed endocrino, responsabile della lotta contro le malattie. Anahata è simboleggiato da un loto a dodici petali; il suo colore è il verde.
Vishuddha, o chakra della gola, è in relazione con la crescita. È messo in parallelo con la ghiandola tiroide che produce l’ormone della crescita. Vishuddha è simboleggiato da un loto a sedici petali; il suo colore è il blu.
Ajna, o terzo occhio, è il chakra della coscienza, del tempo e della luce. È collegato alla ghiandola pineale che è sensibile alla luce e che produce la melatonina, ormone regolatore del ciclo del sonno. Ajna è simboleggiato da un loto a due petali; il suo colore è l’indaco.
Sahasrara, o chakra coronale, è il chakra che controlla tutti gli altri. È la sede della spiritualità. Il suo ruolo è simile a quello delle ghiandole pineale e pituitaria che secernono ormoni e sostanze che controllano il resto del sistema endocrino. Sahasrara è simboleggiato da un loto a mille petali; il suo colore è il viola.
Kether