Liriche e arti figurative

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Liriche e arti figurative

Carmelo Nino Trovato «Le porte regali – Meditazione»

Carmelo Nino Trovato «Le porte regali – Meditazione»

 




 

Autunno inoltrato

 

Di celeste azzurrino

è dipinto il cielo

sul far della sera.

Sull’orizzonte basso

nubi intrise di luce

ancora

e nubi che l’imbrunire

di grigio ha colorato.

Fra poco

brilleranno le stelle

di una notte serena

e domani

sorgerà il sole

su un freddo giorno d’autunno.

Ma dolce passi il vento

sugli alberi caduchi

e danzi tra le foglie

nell’aria splendenti:

di rosso, di giallo

e di verde ancora.

 

Alda Gallerano

 




 

Una sera di dicembre

 

Nebbia

 

La strada, la sera di dicembre,

buia, è presto e quindi

soprattutto quando la nebbia

è densa da affettare

con il filo dei pensieri

che si perdono e si ritrovano

aggrovigliati, i fari

poco possono entrare

dentro la matassa della notte,

cosicché solo il bianco

delle linee della carreggiata

ci collega e lega alla terra,

altrimenti sembrerebbe

di essere fluttuanti a Sud

della cintura di Orione,

nella nebulosa,

anni luce distanti

dalle nostre

attuali preoccupazioni,

sciolti dalla materia

e da ciò che l’anima patisce,

puro Spirito che si gode

viaggi interstellari, nell’attesa

di una nuova vita in una sera

di dicembre.

 

Luca Massaro

 




 

Alla mangiatoia di Betlemme

 

Gesù bambino nella mangiatoia

 

Umile della terra un grembo,

assunto a trono

di fieno profumato forse

dei pascoli del Paradiso,

dell’oasi ancora viva

sulle rovine crudeli.

La mangiatoia è il luogo

d’innalzate mai viste

colonne, mai prima

di luce, nell’etere

che l’occhio non può

varcare da solo.

La mangiatoia è l’altare

acceso sulla polvere nera

calpestata dagli zoccoli

dell’innocenza

nella stalla incantata

dei pastori, è il piatto

dove è posato il nume

alla mensa delle anime ultime.

Il giorno del trionfo,

di questo è il segno,

non altro che noi mangiamo

ogni giorno nel cibo

la carne di Dio.

Si farà un tempio

da qui all’eternità,

ci dissero, affacciati

dalle miniere della gioia

ma sarà un’altra terra,

un’altra umanità

a traboccare l’amore.

Caldo il respiro palpita,

nel nido raccolto

al ritmo dei miracoli

e tutt’intorno

la compassione veglia,

aleggiando sul bambino

del cielo, nome

custodito dai primordi,

lassú un attimo prima

che tutto cadesse.

Una sfera fu tolta

dal pugno di Adamo,

una forza di intatta purezza

parola di lungimiranza

ritorna e rinverdisce

in fasce di luna nuova

la morbida cera

di quella pelle in fiore.

Anche il vento gelato

del deserto, si scalda

al vagito di quel fuoco

e intreccia addolcito

anelli di rose nuziali

soffiando fra le dita

del mondo, lo sposo

è vicino, il corpo

è una spiga di grano.

Su questa paglia toccata

gemma l’oro

delle promesse

e finalmente saranno due

e poi moltitudine

ad accogliere immenso

lo spirito del Sole.

Nella grotta dell’uomo

si poserà per ricordarci

dove l’albero brilla

nei fondali delle tenebre.

Quattro assi

di legno inchiodate

o pietre a forza di braccia

scavate a ciotola profonda.

Riuniti in quello

spazio minuto

gli angeli incastonati

fissano lo sguardo

limpido del bambino,

lo sguardo di tutta l’infanzia,

il raccolto di tutto lo Spirito

e vedono il cuore

che si plasma, il cuore

che si prepara al dono.

Sul fondo di quella culla

il manto sconfinato

d’azzurro della Vergine

è steso e sta come mare

calmo, smaltato di carezze.

La mangiatoia è il rito

che della povertà

farà ricchezza,

del vuoto il calice,

percorso dall’immensità

dei cieli, nel silenzio

di un battito che ora

il sangue puro

si innalza di luce.

Solo nell’umiltà

s’inginocchiano le stelle

all’apogeo del Prescelto,

in quell’oceano infinito

che nascerà Dio

il giorno del Giordano

e sboccerà, visibile a tutti

il mistero della croce.

Tutto confluisce lí

al crocevia del Cenacolo

dai mondi piú lontani,

dalle lontanissime armonie.

I maleodoranti,

gli storpi, i ciechi

affamati di perdono

sono arrivati stremati

al riposo dell’inizio,

al riparo nelle acque

madreperla

della giovinezza.

Dove riluce in noi?

Dove si è posto?

Vai dove

non ci sono ombre,

vai dove

zampilla quel fiume

di petali vivi,

non è lontano, pensa!

Se veramente pensi

lo senti parlare,

che non ci basta il pane

di solo frumento.

Taci ora

i cantori

della ninna nanna

riprendono fiato

prima della notte,

che s’aprirà

a ventaglio di sogni

nel firmamento.

Ora lodano

l’infinito che dorme

e splende

in quella mangiatoia

dopo la poppata

del tramonto,

ché albeggia,

e tutto si fa pace,

aura dolcissima

che ancora trasfigura.

 

Enrico Savelli