Nonostante in famiglia si parli da anni di antroposofia, mio figlio diciannovenne è stato irretito da un’organizzazione di orientali (di facciata, perché dietro ci sono tutti dirigenti occidentali) che insegnano pratiche di Yoga tantrico (lezioni alquanto costose e che pesano sul bilancio familiare, dato che lui ancora studia e non lavora), e con me non vuole neppure parlare delle sue esperienze, che lui ritiene veramente “liberatorie”. Io sono convinta del contrario, ma come convincerlo?
Doriana T.
Un giovane che nasce in Occidente, e nell’epoca odierna, si trova a dover compiere l’esperienza del mondo fisico, del materialismo. Per poter superare il materialismo in cui è immerso, deve sviluppare delle adeguate forze morali. Contro lo sviluppo di tali forze sono all’opera gli Ostacolatori, che hanno il compito di arrestare l’essere umano nella terrestrità. Essi tengono a far restare l’uomo in una condizione di subalternità, nella quale può essere dominato e indirizzato. Nel momento in cui inizia un’esperienza di autocoscienza, queste forze ostacolatrici, per impedire che egli si accorga del processo da cui viene la sua libertà interiore, gli suggeriscono false vie di spiritualismo. Lo Yoga tantrico presenta certe immagini dell’esperienza spirituale che sono affascinanti, ma questo è un grosso equivoco, perché tutto quell’insegnamento, nato e sviluppatosi in epoche molto antiche e per un tipo di struttura fisica e mentale del tutto diversa dall’attuale, parla a un’attività interiore che sia libera dalla cerebralità, ossia a una sostanza immaginativa capace di vivere quei simboli spirituali, mentre il pensiero degli occidentali è del tutto cerebralizzato, senza alcuna coscienza extracerebrale, cosí come non vi è oggi coscienza del grado in cui il cervello ha il pensiero. Con quel tipo di pensiero legato alla cerebralità, che cosa può fare un giovane dei nostri giorni di quei simboli, se non legare tali immaginazioni a un’anima prigioniera del corpo, facendola fortificare nella sua prigionia? Che senso ha sviluppare una forza se non c’è un Io che la domina? Quindi per chi nasce in quest’epoca e nel mondo cosiddetto occidentale, si pone un compito difficile, tragico e meraviglioso allo stesso tempo, che è quello di capire, con la forza dell’autocoscienza, perché è importante avere e sviluppare ancor piú l’autocoscienza. Questo è ciò che il Maestro dei Nuovi tempi, Rudolf Steiner, è venuto a indicarci, dandoci un immenso aiuto nel trattare in modo particolareggiato ogni aspetto del compito che deve essere svolto. Egli ha spiegato con grande precisione le ragioni per cui è necessario svolgere quel compito, e il suo fine ultimo, che è la liberazione della creatura umana dalla pania della maya, dall’illusione materialistica della quale è sempre piú necessario liberarsi, non però sognando esotiche fughe pseudospirituali, che vincolano ancora di piú all’istintività, pur apparendo, come dice il ragazzo “veramente liberatorie”. Come convincerlo? Se il giovane è cresciuto in un ambiente in cui si respira la Scienza dello Spirito, si accorgerà presto del tranello in cui è caduto e tornerà sui suoi passi. Se troverà allora nella famiglia non un atteggiamento giudicante ma accogliente e aperto al dialogo, quella esperienza gli servirà per comprendere ed evitare in futuro tutti gli allettamenti che gli Ostacolatori preparano con grande saggezza e cura per impedire che si compia il giusto cammino verso la vera liberazione.
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TRIPARTIZIONE O TRIARTICOLAZIONE?
(UOMO TRIPARTITO O UOMO TRIARTICOLATO?…)
Dato che ancora prosegue, e non sembra risolversi, la diatriba riguardante la traduzione dal tedesco del termine “Dreigliederung”, riportiamo quanto fu dibattuto su questa rivista a tale proposito.
Nel novembre 2001 fu inviata all’Archetipo, dal lettore Sergio Tiraino, una email con la domanda che segue
(https://larchetipo.com/2001/nov01/redazione.htm).
«Nel commento della redazione alla lettera inviata da Raul Lovisoni apparsa nello scorso numero di ottobre sulla vostra rivista, ho notato la sostituzione della definizione “Triarticolazione” contenuta nel testo della lettera con “Tripartizione”. Vorrei sapere qual è la traduzione piú esatta del corrispondente termine tedesco usato da Rudolf Steiner, e inoltre se è possibile in quest’epoca veder applicata tale teoria».
In risposta fu riportato un breve stralcio tratto da una lettera sull’argomento inviata da Massimo Scaligero a un discepolo nell’ottobre del 1976.
«Non Triarticolazione (termine di sapore ortopedico e scaturente da un decadente rapporto tra il pensiero e la determinatezza della parola, onde non si sa dare al termine “parte” il senso dinamico di essere solo in relazione al tutto) bensí Tripartizione: prima di tutto. La Tripartizione è un ente vivente – come l’uomo tripartito – che in noi chiede incarnarsi come potere di pensiero (sentimento e volontà): quando vive in noi opera, quale che sia la nostra espressione dialettica. Noi operiamo non con ciò che sappiamo, ma con ciò che siamo. Cosí si opera positivamente per la collettività o il popolo a cui si appartiene, se si ha un giusto rapporto con gli Arcangeli durante il sonno profondo: rapporto che si cura durante il giorno come accordo del pensiero con la volontà. Il compito è anzitutto interiore: la meditazione e la concentrazione divengono rito. Cosí il pensiero della Tripartizione, se vive, prepara la Tripartizione, ne è il germe. …La Tripartizione è possibile solo nell’epoca dell’Io, o dell’anima cosciente, ossia nell’epoca in cui è possibile la liberazione del pensiero dall’antica natura senziente. L’autonomia dei tre organismi è in relazione a tale evento. L’elemento del pensiero liberato diviene la forza direttrice dei responsabili di ciascun organismo. La Tripartizione viene dal Mondo Spirituale direttamente, attraverso l’insegnamento del Dottore».
In seguito, nell’anno 2002 si è tornato di nuovo a dibattere sulla traduzione (tra l’altro attualmente anche sul traduttore Google il termine “Dreigliederung” viene tradotto con “Tripartizione”), con una nuova email
(https://www.larchetipo.com/2002/ott02/redazione.htm) inviata da Nereo Villa.
«Mi è stata inviata da un’amica la pagina
www.archetipo.co.uk/2001/nov01/redazione.htm
in cui si risponde al signor Sergio Tiraino in merito alla distinzione concettuale fra tripartizione e triarticolazione, riportando uno stralcio tratto da una lettera sull’argomento inviata da Massimo Scaligero a un discepolo nell’ottobre del 1976. Credo che tale Vs. risposta sia inadeguata e fuorviante, anche se data con parole di Scaligero, di cui sono estimatore. Ho letto in gioventú tutte le sue opere, ed ho notato anch’io che parla solo di tripartizione. Mi meraviglia comunque la sua risposta, e soprattutto la Vostra. Probabilmente Scaligero non conosceva il vero motivo dell’uso del termine Triarticolazione o almeno non aveva letto l’ultima parte dell’ultima conferenza del ciclo “Polarità fra Oriente e Occidente”, tenuta da Steiner a Vienna l’11/6/1922, in cui ciò è spiegato, nonostante il termine Triarticolazione appaia a Scaligero di “sapore ortopedico”. Qui Scaligero dimostra, a mio parere di non avere bene afferrato la questione. Pertanto Vi invio il pezzo su cui riflettere: «Nell’umanità si è pensato nei modi piú diversi sulla Tripartizione dell’organismo sociale. Quando apparvero I punti essenziali della questione sociale fu rilevato che alcune cose erano già state dette in precedenza. Non voglio ora sollevare alcun problema di priorità. Non ha importanza chi abbia trovato una cosa o l’altra, ma come tali cose si inseriscano nella vita. Ci sarebbe soltanto da rallegrarsi che molte persone ci arrivassero. Occorre però ancora osservare che quando in Francia venne definita da Montesquieu una specie di divisione in tre dell’organismo sociale, questa era semplicemente una divisione in tre. Veniva cioè indicato che quei tre settori avevano appunto condizioni del tutto diverse e che di conseguenza bisognava separarli fra di loro. Non è questa la tendenza del mio libro. In esso non si suggerisce di distinguere la vita spirituale quella giuridica e quella economica, come nell’uomo si potrebbe distinguere il sistema neuro-sensoriale, il sistema del cuore e dei polmoni e il sistema del ricambio, dicendo di essi che sono appunto tre sistemi separati l’uno dall’altro. Con una simile partizione non si è fatto nulla, ma si raggiunge qualcosa soltanto quando si veda come collaborino quei diversi settori, come essi divengano meglio un’unità per il fatto che ognuno lavora sulla base delle sue condizioni. Cosí è pure nell’organismo sociale. Se sappiamo come porre la vita spirituale, la vita giuridica-statale e la vita economica, ognuna sulla base delle sue condizioni originarie, se le lasciamo lavorare in base alle loro forze originarie, allora ne risulterà pure l’unità dell’organismo sociale. Allora si vedrà che da ognuno di questi settori scaturiranno determinate forze di decadenza che però, grazie alla collaborazione con gli altri settori, potranno di nuovo venir risanate. In questo modo non si suggerisce, come in Montesquieu, una divisione in tre dell’organismo sociale, ma una tripartizione, una triplice articolazione del medesimo; essa si ritrova poi nell’unità dell’intero organismo sociale per il fatto che ogni singolo uomo è parte di tutti e tre i settori. L’individualità umana, dalla quale alla fine tutto dipende, è inserita nell’organismo sociale tripartito in modo da riunire le tre parti. Possiamo cosí dire che, appunto se ci si lascia guidare da quanto qui è stato detto, si tende non ad una suddivisione dell’organismo sociale, ma ad una articolazione dello stesso, proprio al fine di arrivare nel giusto modo alla sua unità. Accostandosi maggiormente al problema, si può anche vedere come da piú di un secolo l’umanità europea tenda a cercare una tale articolazione. Essa si realizzerà, anche se gli uomini non la vorranno coscientemente; infatti essi si muoveranno inconsciamente nel campo economico, nel campo spirituale, nel campo giuridico-statale in modo che si realizzi questa tripartizione. Essa è richiesta dalla stessa evoluzione dell’umanità. Cosí si può anche dire che i tre impulsi, che vanno considerati in relazione a quei tre diversi campi di vita, sono entrati nella civiltà europea come tre importanti ideali, come tre divise per la vita sociale» (R. Steiner, Polarità fra Oriente e Occidente, X conferenza, Ed. Antroposofica, Milano 1990).
Dato che la risposta fornita a suo tempo dalla redazione è risultata per il lettore “inadeguata e fuorviante”, ci siamo rivolti a un serio studioso e profondo conoscitore della Tripartizione dell’organismo sociale, Romolo Benvenuti, il quale ci ha inviato un suo commento sull’argomento, che volentieri riportiamo.
«La polemica che inevitabilmente sorge allorquando prevale, inavvertito, lo stato d’animo movente il nostro pensare nella vita dell’anima, difficilmente ci consente di discernere il vero dal non vero, il pertinente dal non pertinente, il giusto dal non giusto. È proprio questo stato d’animo che, da noi non percepito, giuoca un ruolo determinante nelle questioni, trasformandole in polemiche che ci fanno scadere di livello interiore fino ad irrigidirci in errati convincimenti. Nel caso del citato brano del Dottor Steiner, questo, se attentamente letto in modo meditativo – nel quale stato si è veramente nel pensiero che pensa e quindi al riparo dal sentire soggettivo – saremmo in grado di scoprire l’identità dei due contenuti di pensiero: il brano tratto dal ciclo Polarità fra Oriente ed Occidente e il brano tratto dalla lettera inviata da Scaligero in risposta all’iniziativa di sostituire il termine tripartizione con il termine triarticolazione. Tale termine si riferisce al tema della questione sociale, là dove si evidenziano le tre parti attive nella vita dell’organismo sociale: l’attività spirituale, l’attività giuridica e l’attività economica. Ora la questione è di afferrare in quale modo il termine tripartizione sia giusto e adeguato, e ciò può avvenire solo se pensando il termine lo si concepisce in movimento. Il moto del pensiero conoscitivo volto all’attività della vita sociale, coglie in questa tre parti distinte, il cui insieme è la vita stessa della società umana. Tale attività, nel caso di interferenza esasperata di una delle tre parti sulle altre, dà luogo a tensioni e lotte, fino al caos (come è sotto gli occhi di tutti nel presente momento storico), oppure, nel caso si sappia dare a queste tre sfere l’autonomia della propria attività secondo la loro natura, si esprime generando una collaborazione fattiva e armonica. Per le tre attività, evidenziate e riconosciute nella loro espressione dinamica, il termine piú adeguato è quello di tripartizione, intendendo con esso la collaborazione delle tre parti in attività. L’essere umano, il soggetto attivo operante che costituisce l’organismo sociale, è anch’esso costituito in modo triplice – sistema neurosensoriale, sistema ritmocircolatorio e sistema ricambio-riproduzione – con il sangue, arto fisico dell’Io appartenente al sistema ritmico circolatorio, che li irrora tutti e tre, dando vita ad essi. Analogamente avviene nelle tre attività in cui “si articola” l’organismo sociale: il termine Triarticolazione può dunque servire a spiegare come l’agire autonomo delle tre sfere dia il summenzionato risultato, ma dobbiamo considerarlo posto come termine esplicativo, chiarificatore e non sostitutivo. Da qui diviene pertinente l’espressione di Scaligero: “non si sa dare al termine ‘parte’ il senso dinamico di essere solo in relazione al tutto”. Quindi, non Triarticolazione, ma Tripartizione».
In merito al ciclo di Rudolf Steiner La Scienza dello Spirito, un bene per la vita, O.O. N° 63, da noi pubblicato a puntate con la traduzione di Angiola Lagarde, abbiamo pensato di riunire tutti gli scritti in un unico documento per una piú pratica consultazione, e di metterlo a disposizione di chi è interessato.
Questo il link per scaricare il pdf: https://drive.google.com/file/d/1oIy8PjHXilFp7xbIukoOX9YkjJdGMHUm/view?usp=sharing