Io ed Infanzia

Scienza dello Spirito

Io ed Infanzia

L'unione spirituale dell'umanità

 

«Un mistero profondo è in relazione all’ingresso dell’Io nella natura corporea dell’uomo».

 

Con queste parole, in una conferenza berlinese del 19 dicembre1915 (in: L’unione spirituale dell’umanità per opera del­l’Impulso del Cristo – O.O.N° 165) Rudolf Steiner introduce un tema che Lui medesimo definisce: “difficilmente afferrabile”.

 

Cosí prosegue: «Quando incontriamo una persona e le chiediamo quanti anni ha, costei dichiara come età gli anni trascorsi dalla sua nascita… Qui andiamo a toccare un determinato mistero della Scienza dello Spirito. …Quella che la persona, dunque, ci dichiara come età in un determinato periodo della sua vita, si riferisce al suo corpo fisico. Non ci dice altro che il suo corpo fisico è in evoluzione da un certo numero di anni a partire dalla nascita. L’Io non partecipa a questa evoluzione del corpo fisico …si ferma al momento fino al quale risaliamo con il ricordo. Non si modifica insieme al corpo ma subisce una battuta d’arresto» (non invecchia, n.d.r.)

 

Il nostro Io dunque, la nostra essenza spirituale, accompagna la crescita del neonato solo fino al terzo/quarto anno di vita, momento al quale si può di norma risalire col ricordo; dopodiché lí si attesta  e «agisce nell’uomo durante tutta la sua esistenza terrena, pur non potendosi estendere oltre l’infanzia…» (c.d.r.). Durante una vita terrena il suo rapporto con la corporeità risulta mediato in quanto affidato all’anima quale «anello di congiunzione tra lo Spirito dell’uomo e il suo corpo» (R. Steiner, Teosofia, I Tre Mondi II – O.O. N° 9).

 

Uroboro

 

Il Dottore sottolinea la difficoltà del tema: «Negli anni il corpo progredisce lentamente, l’Io resta indietro, si ferma. È difficile da capire, perché non si riesce ad immaginare che, mentre il tempo procede, qualcosa resti fermo nel tempo. Eppure è cosí. L’Io …resta collegato a quelle forze che nel mondo spirituale definiamo nostre. …Sostanzialmente rimane nella forma in cui ci è stato conferito, come sappiamo, dagli Spiriti della forma …viene trattenuto nel Mondo spirituale. Deve esservi trattenuto, altrimenti come esseri umani non potremmo mai, durante la nostra evoluzione terrena, realizzare di nuovo il compito ed il fine originario della Terra».

 

Nel corso della nostra esistenza terrena chiamiamo dunque Io: «un’immagine del vero Io che viene riflessa ad ogni istante dal corpo fisico» (R. Steiner, Il destino dell’uomo – O.O. N° 226). Corpo fisico al quale pertanto dobbiamo la nostra autocoscienza in quanto riflette il vero Io (il “riflesso” oggetto di continua illuminata attenzione da parte di Massimo Scaligero).

 

Riassumendo: «L’Io attende, aspetta …per tutto il tempo che l’uomo trascorre sulla Terra; si limita a dirigere lo sguardo all’ulteriore evoluzione dell’uomo, che lo riprende con sé dopo aver oltrepassato la porta della morte, ripercorrendo il cammino a ritroso».

 

Kamaloka

 

Come sappiamo l’Antroposofia descrive dettagliatamente come tale percorso, il Kamaloca (o “Purgatorio”), miri ad elimi­nare quanto del defunto non è compatibile con la natura spirituale dell’Io, il quale al termine di questo processo animico catartico – acquisiti i “talenti”  (Matteo 25-14/30) superstiti o moltiplicati che ha ricevuto dall’anima, fondamenti del suo stesso evolvere – prosegue il suo percorso ultramondano finalizzato a predisporre una nuova vita terrena.

 

Nel processo testé delineato possiamo ben constatare la veridicità di quanto descritto da Gotthold Ephraim Lessing in L’Educazione del genere umano, quale spiegazione del cammino evolutivo dell’umanità da un’epoca alla successiva: sono gli “Io” umani che, reincarnandosi, trasportano in una nuova esistenza terrena quanto di Buono, Vero, Bello acquisito  dalla precedente.

 

Una profonda correlazione tra quanto precede la festività del Natale comincia a disvelarsi quando il Dottore esamina le nostre vite in rapporto a questa occulta permanenza dell’Io nella prima parte dell’esistenza: «Intendiamoci bene, per tutta la nostra vita terrena rivolgiamo sempre lo sguardo all’infanzia. Lí, nella nostra infanzia, è rimasto quello che è proprio il nostro elemento spirituale. Se capiamo la questione nel modo giusto, il nostro sguardo è sempre diretto lí.

 

Raffaello «Madonna Sistina»

 

E l’umanità doveva venir educata a prendere in considerazione ciò che lo Spirito può dichiarare dalle altezze celesti: «Lasciate che i fanciulli vengano a me!» (Luca 18/16; vedi anche Matteo 19,1 4; Marco 10,14); «non l’uomo che è legato alla Terra, ma il bimbo» (c.d.r.).  «È alla nostra parte bambina che si rivolge il Mistero del Natale, che dirige il nostro sguardo sul Bambino divino destinato ad accogliere il Cristo…».

 

Immaginando un perenne Natale dell’anima, potremmo anche ipotizzare come, ogni qual volta l’uomo recuperi il suo puro stato virginale, si prepari ad offrire il proprio agire al suo Io, che attende il “bimbo” onde consacrare quanto ricevuto.

 

Cosí Rudolf Steiner ci descrive il rapporto di quanto precede con l’istituzione della Festività natalizia: «A questo dovette essere educata l’umanità, e pertanto le venne data la festività del Natale in aggiunta al Mistero del Golgota, che altrimenti avrebbe dovuto essere conferito all’umanità solo in rapporto agli ultimi tre anni della vita del Cristo, quelli vissuti nel corpo di Gesú di Nazareth. …Alla base del sentimento natalizio deve esserci la consapevolezza di come in realtà l’uomo, grazie a quella componente rimasta indietro nelle altezze celesti durante gli anni della sua crescita, sia sempre rimasto unito all’elemento che ora sta facendo il proprio ingresso. Nella figura del Bambino deve venir ricordato all’uomo l’elemento infantile in lui, l’elemento umano-divino dal quale si è allontanato scendendo sulla Terra, ma che gli è ritornato. Dovrebbe venirgli ricordato Colui che gli ha riportato l’elemento infantile».

 

 

Francesco Leonetti