Piazza Navona è una delle piú belle e celebrate piazze della Roma barocca, conserva la forma ellittica e le dimensioni dello Stadio di Domiziano in cui si disputavano gare e ludi circensi dell’antica Roma, nel sottosuolo ne sono ancora visibili dei resti.
Al centro della Piazza vi è la Fontana dei Fiumi del Bernini, con al centro un obelisco e le statue allegoriche di quattro fiumi: Nilo, Gange, Danubio e Rio della Plata. Due altre fontane stanno alle estremità: la Fontana del Moro, con il Tritone e la Fontana del Nettuno.
Domina la Piazza la mossa facciata di Santa Agnese in Agone, fiancheggiata da due campanili e sormontata da cupola, a cui lavorò il Borromini, a sinistra della chiesa il Palazzo Pamphilj della metà del Seicento.
Ogni anno in occasione dell’Epifania vi si tiene la Fiera della Befana, che ha radici storiche antiche; generazioni di romani e non si sono aggirati tra le bancarelle ricolme di ogni bene, che han visto nel tempo mutare modi, usi e costumi, ma immutato resta il desiderio di riportare a casa qualcosa che ricordi la Festa!
Una vecchia canzone racconta: «Nella Fontana di Piazza Navona …la vecchia Befana si mette a balla’».
Oggi, nella liturgia cristiana, l’Epifania celebra l’arrivo dei Magi, ma inizialmente, fra gli gnostici basilidiani, intorno al 120-140, celebrava il Battesimo di Gesú. La celebrazione del Battesimo aveva un significato particolare per chi come loro sapeva – e come ci dice anche la Scienza dello Spirito – che l’incarnazione del Cristo in Gesú avvenne non alla nascita ma al Suo Battesimo nel Giordano.
La festa venne poi adottata dalle Chiese orientali e si trasformò nella celebrazione della nascita del Cristo, dell’adorazione dei Magi, del Suo Battesimo e del primo miracolo a Cana.
L’Epifania si diffuse in Occidente intorno al IV secolo e successivamente fu adottata a Roma, dove si modificò, poiché la Chiesa di Roma aveva cominciato a celebrare il Natale di Gesú il 25 Dicembre.
Gli orientali la chiamano “Festa delle Luci”, espressione in cui si avverte l’eco dell’antica tradizione mazdaica della Luce.
Per lungo tempo l’Epifania rivelò una fitta trama di connessioni tra la religiosità iranica e il cristianesimo, e Papa Leone Magno, nei suoi Sermoni, ne fu il fautore. Nel primo dei suoi Discorsi sull’Epifania disse: «È poco tempo che abbiamo celebrato il giorno nel quale la Vergine intemerata ha dato alla luce il Salvatore del genere umano. Ora, dilettissimi, la veneranda festività dell’Epifania ci fa prolungare le gioie, affinché tra i misteri, cosí vicini con solennità tra loro connesse, la nota di esultanza e il fervore della fede non si affievoliscano. Rientra nel disegno di salvezza, rivolto a tutti gli uomini, il fatto che quel Pargoletto, Mediatore tra Dio e gli uomini, sia stato rivelato a tutto il mondo, quando ancora era nella ristretta cerchia di un minuscolo paesello. Infatti, nonostante che egli abbia eletta la gente d’Israele e tra tutti gli israeliti una sola famiglia da cui assumere la natura comune a tutti gli uomini, non ha voluto che la sua nascita rimanesse nascosta nell’ambito della materna abitazione. Colui che si è degnato nascere per tutti, ha voluto essere subito conosciuto da tutti. Per questo ai tre Magi apparve in Oriente una stella di straordinaria luminosità, la quale, perché piú fulgida e piú bella delle altre stelle, facilmente attrasse la loro attenzione, mentre la rimiravano; cosí poterono rendersi conto che non avveniva a caso ciò che a loro sembrava tanto insolito. Infatti, colui che aveva dato il segno, diede a quelli che l’osservavano anche la grazia di comprenderlo. E poi fece ricercare ciò che aveva fatto comprendere e, ricercato, si fece trovare. I tre uomini assecondarono l’impulso della celeste illuminazione e mentre accompagnavano con attenta contemplazione la scia di luce che li precedeva, erano guidati alla conoscenza della verità dallo splendore della grazia. Ed essi con buoni motivi pensarono bene di ricercare nella città regale il luogo della nascita del Re, loro indicato. Ma chi aveva preso forma di servo ed era venuto non a giudicare ma a essere giudicato, scelse Betlemme per la nascita, Gerusalemme per la passione».
Infine in vari testi medievali, come ad esempio la Leggenda Aurea di Jacopo da Varagine, l’Historia Scholastica di Pietro Comestore e le Meditationes riconducibili all’ambiente francescano della fine del XIII secolo, l’Epifania diventava in Occidente la festa della rivelazione di Gesú al mondo pagano (i Magi) e in Oriente la celebrazione del Battesimo di Gesú nel Giordano e la discesa in Lui del Cristo.
Tornando alla nostra Befana, è celebrata in Italia con tante feste e usanze che ne riflettono i vari aspetti. La notte dell’Epifania era considerata nelle campagne una notte magica, si diceva che gli animali parlassero nei boschi e nelle stalle e la Befana era vista come una vecchietta benefica che scende di notte per la cappa del camino e lascia nelle calze dei bimbi doni, dolci e come si diceva, carbone ai piú birichini.
La Befana era pure bruciata a fine Inverno, cosí offriva carbone che, simbolicamente, è l’energia latente nella terra, pronta a rivivere col nuovo Sole; come la Luna, simbolo della Grande Madre, muore diventando “nera” per rinascere falce virginea, cosí la Befana muore per rinascere nella Giovane Primavera.
Davide Testa