L’Alloro, il mito di Dafne e Apollo

Botanima

L’Alloro, il mito di Dafne e Apollo

Bernini Apollo e Dafne

Bernini «Apollo e Dafne»

 

L’Alloro era sacro ad Apollo, dio della guarigione e della profezia, poeta e cantore, dio del Sole. In realtà l’Alloro era con­siderato sacro in relazione agli oracoli già prima della nascita del culto di Apollo. L’Oracolo di Delfi era allestito presso una sorgente e un albero di Alloro, nei pressi di una fenditura nella roccia.

 

La storia racconta che nei giorni in cui Gaia, la dea della Terra, presiedeva l’Oracolo, Apollo si innamorò di Dafne, figlia di Gaia e sacerdotessa di quel luogo.

 

Non vale ad Apollo essere figlio di Zeus, non conta il fatto di essere adorato in tanti santuari, Dafne, ninfa adusa ai boschi e alle selve, fugge le offerte amorose del dio, corre angosciata cercando di sfuggirgli, ed ecco le sue membra si appesantiscono, la sua pelle morbida e chiara diviene ruvida scorza. Rami spuntano dalle sue mani, foglie dai suoi capelli, il piede si abbarbica al terreno e Apollo, desolato, abbraccia un albero: un albero che freme, che ancora cerca di sottrarsi. Eppure il dio dichiara a Dafne che ella sarà, nonostante tutto, il suo albero.

 

 

Il gruppo marmoreo in cui il Bernini ha voluto rappresentare questa scena in cui le mani della ninfa si protendono invano nell’aria, e già spuntano foglie dalle sue dita delicate, è un’immagine difficile da dimenticare.

 

Albero e corona di Alloro

 

Ovidio nelle Metamorfosi cosí recita:

 

«Di te la lira, la faretra, i crini

sempre, o lauro diletto, ornare io voglio:

tu darai serti ai condottier latini,

quando, dei vinti re domo l’orgoglio,

fra i lieti canti e plausi cittadini

andran le lunghe pompe al Campidoglio:

Tu d’Augusto farai corona e rezzo

all’alte soglie, e avrai le querce in mezzo.

e come il capo mio de’ bei capelli

non mi dispoglia il giovanil decoro,

farò che te perpetuamente abbelli

la verde fronda che cotanto onoro».

 

Sempre verdi le fronde di Alloro, indice di trionfo sulla caducità, di vita eterna. Albero di Apollo, l’Alloro non può che essere profetico, a Delfi la Pizia ne mastica le foglie e ne aiutano la trance. Chi si è recato al santuario per richiedere il parere del dio ne torna con il vaticinio e con una corona di Alloro.

 

L’Alloro, simboleggia il trionfo della Luce sulle tenebre, dava accesso al mondo invisibile dello Spirito e per questo era oracolare, si credeva fosse sufficiente mettere una foglia d’Alloro sotto il cuscino per vedere in sogno avvenimenti che si sarebbero immancabilmente verificati. Propiziatorio, era anche l’emblema dei messaggeri di buone nuove; protettore, proteggeva dal fulmine.

 

Vincitore con alloro

Il condottiero vincitore nell’antica Roma

 

Nell’epos dell’antica Roma è connesso con la vit­toria: il condottiero vincitore traversava la città su un carro trainato da quattro cavalli bianchi, il capo cinto d’Alloro e una sua fronda nella mano destra, pure i ca­valli ne avevano fronde che ne cingevano il collo. In epoca piú tarda, l’onore dell’Alloro verrà riservato agli imperatori.

 

Diffuso e usuale nelle regioni mediterranee tempe­rate, l’Alloro (Laurus nobilis) sembra sia originario del­l’Asia minore, raramente supera i dieci metri d’altezza ma può dare forma ad alberi di mole considerevole. Le foglie, di consistenza coriacea sono glabre e di un bel verde scuro, hanno forma oblunga con il margine ondu­lato e si raccolgono tutto l’anno, ma in luglio-agosto, quando piú intensa è la radiazione solare, sono piú profumate e ricche di oli essenziali.

 

I fiori, piccoli e color crema, sono riuniti in minuscole ombrelle all’ascella delle foglie. Nell’Alloro trovano espressione le forze del fuoco: il calore, infatti, vivifica questa pianta fino al frutto, una drupa di colore dal rosso scuro al nerastro, con un solo seme in cui si concentrano molti oli eterici e grassi.

 

La pianta cara ad Apollo, che era anche il Dio della medicina, padre poi di Asclepio, quella che diverrà il suo simbolo, come potrebbe non avere virtú medicamentose?

 

Bacche di Alloro

 

Conosciuto nelle sue proprietà già nell’antichità, cosí ne scrive Castore Durante nel suo Herbario Nuovo: «Le bacche del lauro, levatane la scorza e pestate, prese con miele o vin dolce sono rimedio ai tisici e a coloro che patiscono tosse antica, che difficilmente respirano e che patiscono al petto, le stesse gio­vano ai morsi degli scorpioni; la scorza della radice, bevuta al peso di uno scrupolo con il vino, rompe la pietra e le renelle e le caccia fuori. …Il succo delle fronde sopra i morsi delle api e delle vespe li sana, le cime piú tenere cotte nel vin bianco gio­vano alla sordità. …L’olio che si fa delle bacche mitiga i dolori colici, del ventre, del fegato, della milza e delle reni, con quest’olio si dà sollievo alle giunture doloranti e le sue foglie sono ottime in cucina».

 

Insomma una panacea, come del resto anche la medicina d’oggi conferma, in tempi piú recenti il dottor Valnet con infusi e decotti di foglie e bacche curava influenze, raffreddori, bronchiti croniche, fer­mentazioni intestinali, reumatismi e dolori mestruali, angine e infe­zioni bucco-faringee. L’olio ottenuto dalla distillazione delle foglie o dalla spremitura delle bacche si utilizza per frizioni contro i dolori reumatici ed entra nella composizione del Balsamo di Fioravanti.

 

Olio di Alloro

 

La farmacopea popolare suggerisce come rimedio al raffreddore un decotto di Alloro, scorze d’aran­cio e miele, ancora si consiglia l’uso dell’Alloro, con salvia e lavanda, contro la caduta dei capelli, e infine è presente in qualsiasi aceto aromatico e diffuso il suo uso in cucina.

 

 

Davirita