LA RISPOSTA DELL’ANTROPOSOFIA
AI PROBLEMI DEL MONDO E DELLA VITA
- I cambiamenti nelle esperienze post mortem dell’anima nel corso dello sviluppo storico.
- Gli Iniziati delle varie epoche culturali.
- Il significato dell’evento del Golgota per la vita nel mondo dell’Aldilà nel periodo tra la morte e la nuova nascita.
Nelle loro svariate incarnazioni le persone sperimentano sempre circostanze diverse. In ogni incarnazione trovano circostanze diverse e ogni volta tra la nascita e la morte cambiano di conseguenza anche le loro condizioni. Ora ci si può chiedere: le esperienze tra la morte e una nuova nascita sono sempre le stesse, visto che le esperienze nel mondo fisico sono cosí diverse? In altre parole: la vita nel Devachan è sempre stata la stessa in tutti i tempi dell’evoluzione fisica? Le spiegazioni che seguono dovrebbero dimostrare che esiste una storia anche per la vita nell’aldilà.
Ricordiamo lo stato di coscienza dell’antico uomo di Atlantide che di giorno vedeva ancora, in uno stato di chiaroveggenza, gli oggetti fisici in contorni deboli e nebbiosi come una lanterna nella nebbia, e di notte era un compagno degli dèi; ma il giorno e la notte non erano cosí strettamente separati come lo sono oggi.
La maggioranza degli esseri di Atlantide piú progrediti, quelli che avevano già perso gran parte della loro coscienza chiaroveggente e potevano già vedere fisicamente le cose intorno a loro con contorni piú nitidi, vivevano nella zona dell’attuale Irlanda, sotto la guida di un alto essere spirituale: Manu. Si spostavano in gruppi separati, uno dei quali sotto la guida di Manu, da Ovest verso Est.
Poi venne il Diluvio. Dopo di esso, vennero fondate colonie in Asia, a partire dal centro. La prima fu quella della civiltà indiana. Per l’antico indiano, che portava ancora dentro di sé il ricordo del tempo di Atlantide, quando era ancora un compagno degli dèi, ciò che gli appariva davanti nel mondo terreno, l’intero ambiente, persino le stelle, era illusione, Maya. Il collegamento con il mondo spirituale, a cui gli indiani aspiravano, era mantenuto dai santi Rishi, che proclamavano l’esistenza dei mondi spirituali. Si contano sette Rishi che erano discepoli di Manu. Potevano insegnare solo in determinati momenti, quando si trovavano in uno stato particolare. Erano completamente devoti agli esseri spirituali elevati. Erano l’intera consolazione, tutta la forza del mondo indiano di quel tempo; raccontavano le meraviglie e le leggi dei mondi spirituali. Quando le persone morivano, sperimentavano ciò che i Rishi avevano descritto, ma solo fino a un certo livello del Devachan, perché solo l’iniziato, il Rishi, poteva sperimentare pienamente il Devachan. Ma a quel tempo le persone erano esperte nel loro attività nell’aldilà.
L’Iniziato viveva alternativamente nel mondo terreno e in quello spirituale. A volte insegnava la verità eterna ai vivi, a volte ai morti. Ma gli uomini non avevano ancora imparato ad amare il piano fisico: consideravano il mondo spirituale come la loro vera casa e i santi Rishi non avevano molto da dire su questo mondo dell’aldilà. Le persone nell’aldilà non avevano alcun interesse per il mondo terreno.
Nella seconda civiltà post-atlantidea, quella persiana, in cui apparve per la prima volta l’agricoltura, gli uomini avevano già acquisito una migliore comprensione del piano fisico. Allo stesso tempo, però, la coscienza dell’aldilà si oscurò. Il Devachan divenne piú buio. Sí, gli uomini dovevano volgersi al mondo terrestre sempre piú volentieri. Perciò i discepoli di Zarathustra dovevano evidenziare il mondo spirituale con un linguaggio piú forte, ma nell’aldilà non potevano raccontare nulla di questo mondo.
La terza civiltà, quella egizia, mostra un gusto ancora maggiore per il piano fisico. Le leggi dello spirituale venivano studiate nelle stelle. Gli uomini cercavano sempre piú di imprimere il proprio spirito nelle cose. Tuttavia, quanto piú diventavano abili nel regno terreno, tanto meno lo diventavano nella collaborazione spirituale nell’aldilà.
Il punto culminante della padronanza del piano terreno è rappresentato dalla civiltà greco-latina, dove si è realizzata l’unione tra lo spirituale e il fisico. Il tempio greco è l’espressione delle leggi spirituali. I Greci amavano la vita. Questo è il significato della cultura greca, ma significa anche qualcos’altro. Quando oggi un chiaroveggente guarda un tempio greco, per esempio quello di Paestum, nella contemplazione di questo tempio sperimenta qualcosa di speciale, in questo tempio percepisce le meravigliose armonie in cui si esprime la vita spirituale. Se ora, nel momento della meravigliosa percezione delle armonie di quest’opera d’arte, da questa contemplazione fisica, il chiaroveggente si trasferisce nel mondo spirituale, non rimane nulla, nulla, proprio perché il tempio greco è un’espressione cosí perfetta del mondo spirituale. L’anima greca lo ha sperimentato nella morte; anelava alle pure armoniose manifestazioni e forme del piano fisico. Il Romano, che al culmine della sua coscienza dell’Io si sentiva forte in vita, era come paralizzato quando entrava nell’aldilà. «Meglio un mendicante in questo mondo che un re nel regno delle ombre».
A quei tempi, quindi, la coscienza del mondo dell’aldilà era oscura. Se le cose meravigliose di questo mondo fossero state raccontate nel regno delle ombre, avrebbero solo reso questi esseri ancora piú infelici. Nella vita di questo mondo le persone potevano sperimentare di piú lo spirituale che nell’aldilà, nel regno delle ombre.
La quarta cultura è stata l’epoca in cui è stato dato l’impulso verso l’alto mediante l’apparizione del Cristo. Abbiamo descritto il significato dell’evento del Golgota in agosto; oggi vogliamo fare lo stesso per l’aldilà. In particolare, nel momento della morte fisica sulla croce, accade qualcosa nel mondo delle ombre: Il Cristo apparve loro. Per la prima volta poté essere riferito qualcosa di importante per l’aldilà, cioè che la vita nello Spirito può vincere la morte. In un lampo, la vita oscura del mondo dell’aldilà si illuminò. Era accaduto l’evento piú possente per l’aldilà: laggiú, in questo mondo terrestre, c’è qualcosa che ha un significato anche per l’aldilà.
A differenza delle prime quattro culture, ciò che l’uomo sperimenta ora – ad esempio nel Vangelo di Giovanni – non si cancella quando entra nello spirituale.
D’ora in poi, l’uomo porta con sé tutto ciò che ha percepito e acquisito spiritualmente nell’ambito del piano fisico. Piú ci si immerge nelle profonde verità occulte della Bibbia, piú si prenderà il controllo nell’aldilà. Prima della quarta cultura, l’aldilà risplendeva gradualmente in questo mondo. Ora è il contrario.
Nell’aldilà c’è ora uno sviluppo ascendente, sempre piú luminoso.
Le forze spirituali che oggi vengono utilizzate per le invenzioni e le scoperte, servono solo a produrre mezzi esterni di cultura. In passato, queste forze venivano utilizzate per esplorare il mondo spirituale e le sue leggi. Oggi lo Spirito serve come schiavo ai bisogni materiali. Tutta l’intelligenza che è confluita nelle macchine a vapore e in altre invenzioni costituisce un ostacolo per il mondo spirituale: uno squilibrio! Il lavoro antroposofico è invece l’opposto. Ciò che viene acquisito nel mondo terreno serve a illuminare il mondo dell’aldilà.
Cristo è apparso nella quarta epoca culturale e da questo viene il nome greco di Cristo. Tuttavia, Mosè e i profeti sono apparsi in modo che la comparsa di Cristo non cogliesse gli uomini impreparati. La proclamazione del Dio-Io, di Jahvè, era necessaria affinché egli potesse avere qualcosa a cui attenersi come obiettivo. L’evento del Golgota poteva essere compreso solo attraverso l’annuncio del Dio senza immagini. Ne parleremo domani.
Rudolf Steiner
Conferenza tenuta a Stoccarda il 13 dicembre 1908.
O.O. N° 108. Traduzione di Angiola Lagarde.
Da uno stenoscritto non rivisto dall’Autore.