Ogni giorno ingaggio una lotta “di sopravvivenza”, nel senso che ci sono ostacoli di ogni genere per ragioni di difficoltà di rapporti umani, di procedure burocratiche, di lavori che sfumano e ricercarne un altro diventa un’impresa se non si hanno i giusti agganci. Sono attualmente disoccupato, a parte qualche lavoretto che trovo per brevi periodi e sempre sottopagato. Certi giorni sono stanco di lottare e non riesco piú a fare la concentrazione, perché il mio pensiero va sempre ai miei problemi. Faccio qualche lettura, ma anche allora mi distraggo perché mi vengono in mente i miei problemi personali. Come fare per ricacciare indietro i miei fantasmi e tornare a una vita piú vivibile e ad un giusto lavoro spirituale, indipendentemente dalle difficoltà della lotta quotidiana?
Alfonso T.
Contemporaneamente a questa email mi è arrivato il lungo scritto di un amico, che è stato in diverse occasioni anche redattore dell’Archetipo, Giotto Pierrogi. Uno scritto che sembra, almeno in parte, la risposta a questa domanda. Riporto qui di seguito alcune sue interessanti osservazioni:
«Il superamento del concetto di “guerra infinita” presuppone l’esperienza di coscienza dell’eternità dell’anima ottenuta nel riconoscimento dell’Io Spirito nel centro del proprio essere. Ciò è sperimentabile tra l’altro dal pensiero vivente con cui si dà corso a un pensare diverso, capace di strutturarsi e strutturare concetti senza i limiti dati dalla manifestazione. È il manifestarsi della Luce, la nostra Luce, all’interno di ciò che si vive nella quotidianità come Buio dello Spirito Infinito, essendo inconcepibile per la normale coscienza se non in fugaci istanti e in stati di immersione nell’Assoluto. Lo Spirito è infinito come le conoscenze che lo riguardano. Tutto è in continua espansione nel sapere divino. Anche quello che crediamo di aver capito spesso è incompleto e perfezionabile. A volte, alla luce delle mie esperienze, mi sono trovato a rettificare, con brevi scritti, articoli o interventi di ricercatori, ma poi ho smesso di farlo, apprezzando il loro desiderio di condividere ciò che hanno compreso e realizzato. Non è semplice spiegare l’evolvere dello Spirito a chi crede di aver inquadrato lo Spirito come se fosse il vedere un quadro pittorico e non percepire il suo continuo divenire in un contesto sempre piú preciso. Spesso non si comprende che i Maestri comunicano secondo la comprensione dell’epoca».
Bellissime e giuste parole, ma certo in una situazione di precarietà lavorativa riesce difficile uscire dal “Buio dello Spirito Infinito” per trovare la “Luce, la nostra Luce”. Eppure, se comprendiamo fino in fondo la legge del Karma, quei pensieri ossessivi possono essere vinti. Dobbiamo avere la certezza che tutte le difficoltà e le prove anche drammatiche che ci vengono incontro, sono per il nostro bene, per farci trovare delle forze di reazione, di risveglio della coscienza. Quelle forze che nella tranquillità dell’agiatezza, o del comodo guadagno, è difficile che possano manifestarsi. E se ci si impegna per lo Spirito, si trova anche una soluzione pratica, perché il Mondo spirituale aiuta sempre, in particolare quando si arriva a un punto critico e si crede di non riuscire ad andare avanti. È lí che interviene l’aiuto dall’Alto. È importante riconoscerlo ed essere grati del dono ricevuto.
Dalla lettura di alcuni brani di Steiner e di Scaligero mi rendo conto che è necessario superare la visione della materialità. Ma come fare, dato che viviamo nel mondo fisico, e quello spirituale è per noi sconosciuto?
Alfredo G.
Si possono leggere in diverse conferenze di Rudolf Steiner delle parole severe nei confronti di certi personaggi materialisti, ma in alcuni punti egli ci fa sapere che proprio tra loro ci saranno degli individui che saranno ispirati, verranno guidati, e dovranno aprire il varco a una nuova esperienza dell’uomo. Nell’epoca moderna la visione del mondo eterico, che in un lontano passato avveniva in maniera naturale, per mezzo della chiaroveggenza atavica, si è definitivamente chiusa, ma deve aprirsi nuovamente in maniera diversa, cosciente, non sognante. L’uomo di oggi guarda il mondo, e ciò che vede è una potente allucinazione che crede realtà. Si tratta di un’allucinazione arimanica interpretabile in senso fisico-matematico e tecnologico. Solo con la morte, normalmente, si supera questa allucinazione, ma si può e si deve iniziare a farlo, anche grazie all’esperienza interiore. Una volta compresa la forza della suggestione, che ci fa considerare la materia come l’unica realtà, non la si deve fuggire pensando che sia tutto falso e chiudendosi alla conoscenza del mondo esteriore, rifiutandolo. Dobbiamo al contrario contemplare la natura, approfondendo le leggi che la governano, divenendo piú sensibili e piú coscienti nei confronti delle forze che operano nel percepire. Arriviamo allora a poter vedere non solo lo spazio geometrico misurabile, ma anche quello che si nasconde oltre lo spazio materico: lo spazio eterico, che può essere percepito attraverso la disciplina interiore. Scopriremo cosí che quella vita eterica che vediamo fuori di noi, vive anche dentro di noi, ed è il nostro corpo eterico, che è in noi ma è contemporaneamente in comunione con tutto l’eterico del mondo. Nel Manuale pratico della Meditazione Massimo Scaligero dedica un capitolo all’esercizio del percepire puro, nel quale ci dice che cosí come nella concentrazione si arriva a contemplare il proprio pensato, nell’esercizio del percepire puro si contempla un pensato piú potente: quello della natura creatrice.
Prima del Grande Diluvio l’uomo era vegetariano?
Renato P.
Cosí ci racconta la Bibbia, e questo anche la Tradizione esoterica lo conferma. Sulla Lemuria, come in seguito su Atlantide, gli uomini si cibavano dei frutti della terra. Solo quando l’uomo è caduto piú profondamente nella materialità, dopo l’inabissamento di Atlantide e le grandi migrazioni, ha cominciato a cibarsi di animali, mutuando questo atteggiamento dagli animali che vedeva intorno a sé: iniziò a seguire anche lui la “legge della giungla”, ossia l’animale piú forte mangia il piú debole. Cosí l’uomo, reputandosi se non il piú forte almeno il piú furbo e organizzato, ha creduto giusto ampliare la sua dieta da vegetale a carnea, arrivando poi a cuocere il cibo per renderlo non solo piú digeribile ma anche piú gradevole al palato. La parabola discendente è proseguita nei secoli, arrivando, nelle etnie piú primitive, o in quelle regredienti, persino all’antropofagia. Il cibo è divenuto nel tempo non solo necessario al nutrimento ma golosità, con forme di raffinatezza culinaria sempre piú maniacale, con tomi scritti in un piú lontano o in un recente passato, come il famoso “Artusi”, che le nostre nonne consideravano ineludibile da studiare per le giovani spose, manuali che stabilivano regole e procedure di preparazioni e cottura da seguire alla lettera. Assistiamo attualmente a trasmissioni televisive che catturano l’attenzione degli spettatori con cibi carnei di ogni tipo e provenienza da cuocere secondo schemi prefissati – elaborati in passato da madri e nonne per il consumo famigliare o da osti fantasiosi per gli avventori – divenuti oggi sistemi procedurali da ripetere pedissequamente, tema la sconfitta nella tenzone… Noi sappiamo però che la civiltà umana deve affrontare adesso un processo di risalita, per cui sarà inevitabile tornare a cibarsi in maniera equilibrata e strettamente vegetariana, fino ad arrivare, come ci dice Rudolf Steiner, a trarre dal minerale, attraverso una chimica illuminata, le sostanze utili al nostro sostentamento.