La storia narra che il Beato Angelo fosse un monaco presso l’Abbazia di San Benedetto a Gualdo Tadino, dove era nato intorno al 1270, e che per sentirsi ancora piú vicino a Dio, decise di condurre una vita da eremita a Capodacqua, non lontano dal convento. Rimarrà in quel luogo conducendo una vita in odore di santità, guarendo malati e assistendo i poveri e i bisognosi fino alla sua morte, che avvenne la sera del 15 gennaio 1324
Quando il Beato Angelo morí, le campane del vicino monastero e delle chiese dei dintorni cominciarono a suonare da sole, gli abitanti intuirono che fosse successo qualcosa. Accorsero alla grotta dell’Eremo e lí trovarono Angelo inginocchiato in preghiera ma privo ormai di vita. Decisero quindi di portarlo alla Abbazia di San Benedetto. Al passaggio della salma, le siepi di Biancospino, situate lungo il percorso che porta al monastero, fiorirono, nonostante il gelo dell’inverno. Il fenomeno si ripete anche oggi, a distanza di secoli: la notte del 14 gennaio, pur con le basse temperature della stagione, le siepi di Biancospino in quel tratto di strada si coprono di numerosi germogli fioriti.
Il Beato Angelo è molto venerato dagli abitanti di Gualdo Tadino ed è compatrono della città insieme a San Michele Arcangelo.
Un’altra leggenda legata al Biancospino e alla sua fioritura ha per protagonista Giuseppe d’Arimatea, membro del Sinedrio che non aveva votato per la condanna di Gesú Cristo, anzi ne era suo discepolo e dopo la sua morte ne chiese il corpo a Pilato per la sua sepoltura. Giuseppe raccolse il sangue del Cristo crocifisso nel calice servito per l’Ultima Cena, il calice del San Graal, e sembra ricevesse l’incarico dall’apostolo Filippo di recarsi in Britannia con la Santa Reliquia.
Quando vi sbarcò si recò a Glastonbury, e lí piantò il suo bastone, dal quale miracolosamente fiorí un Biancospino, e sul posto costruí, in esecuzione di un ordine divino trasmesso dall’Arcangelo Gabriele, una piccola chiesa, la prima in Inghilterra.
Quel Biancospino ogni anno, per prodigio, fioriva la vigilia di Natale e fino all’epoca di Carlo I, in quel giorno, ne veniva portato un ramo fiorito alla Corte d’Inghilterra.Nel 1649 quel Biancospino venne tagliato dai puritani di Cromwell, oggi il punto dove cresceva è indicato da una pietra, i germogli dell’arbusto però fioriscono ancora e la tradizione vuole che per Natale se ne continui a presentare un ramoscello ai sovrani.
Nel culto cristiano il Biancospino era dedicato alla Vergine Maria, ma già al tempo di Roma l’albero era sacro alla dea Maia, la dea di maggio, il mese delle purificazioni, ed era sacro anche alla dea Flora, che annunciava la Primavera. I Greci ne adornavano gli altari con suoi rami fioriti durante le cerimonie nuziali.
Il Biancospino si presenta per lo piú come un arbusto, ma può crescere fino ad essere un albero che raggiunge anche i 12 metri d’altezza. Ha una crescita lenta e può arrivare a centinaia d’anni d’età.
Se ne conoscono alcuni che sono datati intorno ai 500 anni. Due sono le specie piú diffuse in natura, il Crataegus monogyna e Crataegus oxyacantha, il nome deriva dal greco krataigos che significa “forte”, e allude alla durezza del legno, e sempre dal greco oxys che significa “acuto” e àcantha, “spina”, riferendosi alle spine molto appuntite.
È molto resistente, ha radici che scendono in profondità, si lega profondamente alla terra, nei pascoli si torce in singolari e attraenti sculture, è governato dal pianeta Marte che gli dà la caratteristica del legno duro e compatto, molto ramificato, con spine lunghe e acuminate.
Lo si trova spesso all’interno delle siepi, una fitta siepe di Biancospino, spesso mescolato al pruno selvatico, sambuco, nocciolo ed altri, è una barriera contro il vento, evita il passaggio delle mandrie e protegge i terreni coltivati. In un tempo lontano siepi impenetrabili di Biancospino proteggevano i luoghi sacri, cosí come nel tempio umano questa pianta protegge il cuore.
Le sue bacche danno nutrimento a molte specie di uccelli, tordi, merli, pettirossi, come pure ai piccoli mammiferi quali l’arvicola e lo scoiattolo; esperti entomologi hanno contato fino a 209 specie di insetti che possono vivere intorno ad esso e divenire quindi cibo per gli uccelli.
I fiori compaiono nei mesi di aprile e maggio, bianchi e in qualche caso rosa, coprendo abbondantemente i densi cespugli. Appena fioriti hanno un profumo mielato, poi compaiono le bacche, che da verdi diventano scure e con l’inizio dell’autunno si colorano di un rosso intenso.
La raccolta dei fiori, per uso erboristico, deve avvenire prima che i fiori siano completamente sbocciati, e affinché non scuriscano vanno fatti essiccare all’ombra. Se ne possono fare anche tinture madri, lasciandoli in infusione per almeno venti trenta giorni; lo stesso si fa con le bacche mature, sia essiccate che in tintura. Le preparazioni vanno fatte da persone esperte.
Le sostanze contenute nelle foglie, nei fiori e nei frutti hanno un’azione vasodilatatrice e ipotensiva, stimolano il corpo eterico a reagire contro quelle forze di indurimento che minacciano il sistema ritmico e circolatorio. La presenza di flavonoidi in particolare è da mettere in stretta relazione con le forze di luce che agiscono sulla circolazione sanguigna e nutrono il cuore, allargando e ammorbidendo le arterie: utile quindi agli arteriosclerotici e ai malati di angina pectoris, agisce sulle palpitazioni, tachicardie, stati ansiosi e insonnia.
Rudolf Steiner ne parla in una sua conferenza, nella quale tra l’altro afferma che i frutti in genere agiscono maggiormente sul sistema circolatorio e i semi sul cuore (R. Steiner: Il mondo dei sensi e il mondo dello Spirito”, 1° gennaio 1912, O.O. N° 134).
Dal punto di vista delle forze sottili di questo fiore, il Biancospino giova alla personalità che cede al cuore, al sentimentale che si lascia facilmente ferire dalle spine dell’esistenza, ma al tempo stesso manifesta una durezza e una spigolosità nel carattere tale a volte da offendere e ferire gli altri.
Per uso alimentare con le bacche, cui dopo la cottura andranno tolti i semi passandole, si può preparare un’ottima marmellata, ancor meglio con l’aggiunta di bacche di sambuco e pezzettini di mela.
Nei miti e nelle leggende scozzesi il Biancospino, insieme al cuculo, sono messaggeri della primavera e della liberazione dall’inverno.
Nelle feste di inizio maggio la pianta era molto usata in diversi luoghi d’Europa, soprattutto per i suoi abbondanti fiori biancorosati che venivano utilizzati per fare ghirlande, corone e altre decorazioni, comprese quelle dell’Albero di Maggio.
In Germania, Austria, Francia e Inghilterra e nei paesi Slavi, questo albero ricorreva in molte formule magiche contro il malocchio, le streghe e i fulmini.
In Irlanda ancor oggi molti Biancospini sono intoccabili; quasi tutte le fonti sacre là sono protette da un Biancospino decorato con nastri colorati e ai piedi del tronco vengono posti lumini e altri doni lasciati in cambio della “Benedizione del Biancospino”.
Il Biancospino è poi legato a tante favole, quale ad esempio quella della Bella Addormentata; la principessa, il cui nome originale tedesco era “Dormroschen”, Rosaspina, si punge con un fuso di legno di Biancospino e dorme cent’anni in un castello ricoperto di rose.
Similmente lo scozzese Thomas the Rhymer, attirato nei pressi di un magico Biancospino dal canto di un cuculo, si mette a dormire e durante il sonno visita il Mondo delle Fate dove non invecchia, fatto comune questo per coloro che visitano il loro Mondo nei racconti celtici.
Una leggenda narra poi che Viviana, la Dama del Lago, con un incantesimo fece rimanere addormentato Merlino sotto un albero di Biancospino fino al suo risveglio in un’altra èra; in entrambi i casi si tratta di sonno iniziatico, ed è degno di nota il fatto che durante il sonno magico i dormienti non invecchiano. Il “sonno”, dunque, è solamente un simbolo della protezione che il Biancospino offre a coloro che viaggiano in altre dimensioni.
Per comunicare con i mondi spirituali e i loro domini, occorre che si stabiliscano condizioni armoniose ed equilibrate. Le attività umane nei santuari hanno perciò bisogno di essere protette dalla moltitudine di influenze provenienti dal mondo ordinario, ecco perché in Europa i santuari per le cerimonie di adorazione erano circondati da siepi di Biancospino consacrato.
Gli alchimisti e gli astrologi affermano che il biancospino è governato da Venere in Ariete, suggerendo una stretta intimità tra Venere e Marte (i pianeti che astrologicamente governano l’Ariete). Marte è palese nelle spine appuntite e nell’aspetto protettivo, Venere, con tutta la sua arte e bellezza si mostra nella cascata di fiori e nella benevolenza di questa pianta.
Gli uomini hanno sempre celebrato il matrimonio divino tra l’aspetto maschile e quello femminile dell’energia cosmica creativa dell’“Alba Spina” il nome antico del Biancospino.
Da tanti anni ormai curo e custodisco un Biancospino ultracentenario che sta nel mezzo di una radura su per il Monte Subasio; è riparo a cavalli bradi che vivono liberi, figli di Epona, riparo a uccelli, a lupi e a volpi.
L’ho chiamato Widar, ad ogni stagione muta di aspetto, e gli Esseri Elementari traducono in immagini le mie parole. Possa esso vivere a lungo!
Widar
Ti ho davanti da anni,
segni il Tempo coi tuoi rami,
e nell’apparente immobilità
trascorrono le iridescenze delle stagioni.
Si corruga la nostra corteccia,
ma il tuo fiore bianco, in Primavera,
ogni anno rinnova
della Vita il miracolo.
D.T.
Davirita