Quante volte, gridando,
Ti ho invocato,
perso ai confini
i una terra estrema,
solo sul pack
mentre attendevo l’orso,
o braccato da iene
nel deserto.
Tra sabbia o ghiaccio
era lo stesso vento,
un ululato
senza la Tua voce.
Ma il Tuo dettame era:
«Abbiate fede.
Scendete dalla barca
e camminate
certi sull’acqua.
Io vi salverò.
Vi darò pane»
promettesti. E ora,
con questa civiltà
che serve il buio
e nottetempo
tesse le sue trame
agitando la guerra,
batte il ferro
dei suoi tormenti
disumani, ancora
siamo sulla banchisa
o nel Sahel,
e sia blizzard o ghibli,
uguale il vento
cui tendiamo l’orecchio,
un cupo vortice
disperde le speranze,
naufraghiamo
nell’oceano del dubbio.
Che faremo?
All’inizio dei tempi
Tu dicesti:
«Sia la luce nel mondo!»
e luce fu.
Ma non basta la fiamma,
ormai non piú.
L’uomo vi attizza
i suoi febbrili incendi
cui la ragione
fa da combustibile.
Ora è il tempo del suono,
della folgore,
la Tua luce sonora
che dissolva
la notte e il gelo,
e ordini: «Fiat Logos!».
E tutto esulterà,
nascerà l’Uomo.
Fulvio Di Lieto