All’Ufficio postale, seduto vicino a me in attesa che venga chiamato il suo numero, c’è un anziano signore in vena di confidenze. Mi dice di avere novantatré anni e che dopo la morte della moglie ha dovuto imparare a fare tutto da solo in casa. Ha organizzato la sua vita in maniera scandita dalle necessità primarie: spesa, cucina, lavaggio di piatti e pentole, pulizia della casa, lavatrice, panni sullo stendino ecc. Ha enumerato tutte le cose che ha imparato a fare nel tempo, e questo gli ha fatto apprezzare ancor di piú la moglie, che faceva sembrare semplice e poco faticoso il lavoro casalingo svolto sempre con amore. Poi si lascia andare al ricordo di quella donna meravigliosa che ha trascorso con lui piú di sessant’anni e mi dice che ogni giorno sente di piú la sua mancanza e di notte sogna di raggiungerla.
Al ritorno verso casa mi fermo al supermercato per la spesa. Lí vengo avvicinata da un’anziana signora un po’ smarrita, che mi chiede dove trovare i guanti da indossare per prendere il pane. Glielo indico e lei mi ringrazia con un largo sorriso. Poi prosegue, ma per ogni cosa mi richiama, ringrazia e va avanti, sempre tenendomi d’occhio per un aiuto. Fino alla cassa, quando arriva l’ultimo ringraziamento per un altro problema risolto.
Esco e incontro un’anziana signora che non conosco, non so il suo nome, ma la vedo praticamente ogni giorno, perché cammina con un bastone avanti e indietro lungo lo stesso marciapiede, probabilmente perché deve mettere in moto una salutare circolazione, ma non vuole allontanarsi da casa. Ogni tanto la vedo seduta al bar e passandole davanti ci salutiamo. Questa volta mi ferma, per chiedere se il tram che vede passare è stato ripristinato per sempre o è soltanto una prova. In effetti per molto tempo quel tram è stato sostituito da un autobus, ma ora, dopo un lungo lavoro di risistemazione delle rotaie, il tram è tornato. Capisco che l’argomento è una scusa per parlare con qualcuno, e mi fermo ad ascoltarla. Mi racconta che è sola, una figlia è andata all’estero tanti anni prima e il rapporto con lei è limitato a qualche raro ritorno in Italia e una telefonata al mese.
Torno a casa e l’ascensore è fermo. Si attendono gli ascensoristi per la riparazione. Mi appresto a salire a piedi ed ecco arrivare l’anziano signore del quarto piano, malfermo sulle gambe, con il bastone cui si appoggia pesantemente e rumorosamente, ma sempre in giro nel quartiere. Anche lui è solo ed esce sicuramente per vedere un po’ di mondo. Saliamo lentamente insieme, e nell’affrontare ogni rampa di scala mi racconta di quando gli appartamenti avevano le porte aperte e si chiacchierava sui ballatoi. Tempi che rimpiange perché ci si conosceva tutti, mentre oggi tanti neppure salutano quando ci si incontra nell’androne.
Racconto di questi fortuiti incontri per sottolineare qualcosa che sappiamo bene tutti: la triste solitudine di molti anziani nelle grandi città. Una realtà assai diversa da quella dei piccoli centri, in cui ci si conosce tutti, ci si incontra e ci si aiuta vicendevolmente.
Non è facile ovviare a questo problema. Il Comune ci prova con luoghi d’incontro allestiti in vari quartieri, dove si svolgono attività di ogni tipo: ginnastica per anziani, riunioni “danzanti”, lotterie, tombole ecc. Iniziative che dovrebbero essere gradite ai piú, ma molti le giudicano frastornanti e poco sopportabili.
Quella che dovrebbe essere ripristinata è la “famiglia allargata”. E non solo, come accade in questo periodo di divorzi facili, nel caso delle seconde e terze mogli con figli di primo, secondo e terzo letto, ma con la convivenza fra giovani e anziani, che è un arricchimento per entrambe le generazioni.
Per gli anziani avere vicino figli e nipoti è una gioia e una consolazione, per i piccoli abitare con i nonni è una lezione di vita che non scorderanno mai, e per gli adulti accudire e sostenere i propri anziani è un modo di restituire ciò che hanno ricevuto da loro nella propria infanzia.
Nelle famiglie patriarcali di una volta c’erano sempre anche le zie che non si erano sposate, che aiutavano e si davano da fare per la casa, per i piccoli o per una temporanea sostituzione dei genitori se necessaria. Certo, le minuscole case cittadine di oggi sono poco adatte alle famiglie numerose, ma se si inizierà a cambiare prospettiva si capirà che la maggiore spesa viene compensata dall’unire i cespiti di ognuno. Per tutti, e su tutto, deve regnare l’armonia e il rispetto, e questo è un insegnamento, nel piccolo, di quanto deve essere fatto, in grande, nella società intera. Abituarsi alla convivenza, smussando le proprie necessità nel considerare quelle degli altri, fa sí che ci si adatti poi con maggiore facilità sia negli ambienti di lavoro sia nel caso si presenti l’occasione di una eventuale temporanea convivenza con estranei.
L’attuale frazionamento in tante piccole unità abitative, di coppie e di singoli, è stato auspicato per lungo tempo per passare da un tipo di forzata coabitazione – mal sopportata perché diretta spesso in passato da un capofamiglia autoritario – alla libertà dell’isolamento. Tale esperienza tanto desiderata finisce però col mostrare un aspetto che forse non era stato ben valutato, appunto una forma egoistica di abbandono degli anziani, che si ritrovano soli ad affrontare il periodo in cui avrebbero piú bisogno di aiuto pratico e di conforto affettivo.
Certamente, nel caso si tratti di persone non autosufficienti, si rende a volte indispensabile il ricovero in strutture organizzate per la necessaria assistenza, ma senza arrivare a casi estremi, possiamo considerare quello di persone ancora valide, anche se con una minore energia e con un maggiore bisogno di sostegno, che possono lasciarsi andare perché troppo pesante per loro la conduzione di una casa. Ognuno può prendere ad esempio uno o piú casi: sia negativi, di persone lasciate dai propri familiari senza il calore della propria presenza, sia positivi, di famiglie in cui convivono armoniosamente membri familiari di diverse età, piccoli e anziani.
Riguardo all’amore filiale, queste le parole di Maître Philippe pronunciate il 5 dicembre 1902: «Promettetemi di non parlare ai vostri genitori che col piú grande rispetto, e ringraziate ogni giorno il Cielo di conservarveli. Altrimenti un giorno sarete orfani, costretti a dover tutto a degli estranei».
Il mondo spirituale assiste chi assiste, abbandona chi abbandona. Parola di ottuagenaria!
Marina Sagramora