Da Cielo in Terra

Attività spirituale

Da Cielo in Terra

Luce dalla terra

 

Riprendendo la tematica trattata nella precedente se­rie di articoli, possiamo aggiungere qualcosa di signifi­cativo che va a comporre un tassello essenziale nella comprensione profonda della dinamica relazionale della coppia umana.

 

Ogni anno, con il rinnovamento del manto vegetale e con tutti i processi connessi alla Primavera, torna sulla Terra l’atmosfera di Raffaele: un messaggio ci viene in­contro dalla natura rigogliosa, come una promessa: che il male sia vinto ed ogni ferita guarita, come azione della mano guaritrice dell’Arcangelo.

 

Sul piano della storia occulta la discesa del Cristo negli Inferi come penetrazione delle potenze di Arimane ha preparato lo sviluppo dell’autocoscienza, della forza liberante.

 

Possiamo contemplare il Cristo uscire dal sepolcro invernale, emergere in ogni nuovo filo d’erba, in ogni gemma, e in questo tutti possono presentire che il Logos è sulla Terra. Non c’è piú nulla che escluda la sua centralità.

 

La mano del Logos che ha il potere di far fiorire la Terra: la voce che chiama a sé i germogli ogni anno risuona secondo il ritmo cosmico. Il calice si apre come l’antico uomo alla luce alta levata sopra le nubi. Il Cristo domina tutto. Tutto è suo. Non dobbiamo temere niente.

 

Ciò che oggi seminiamo domani nascerà dalle profondità del suolo.

 

Il Cristo è il grande seminatore, che semina le sue forze nella Terra, nulla andrà perduto per coloro che trovano una connessione con Lui. Questa è l’immagine chiave della parabola del Vangelo di Marco (Mc 4) in cui si dice: «Se non comprendete questa parabola, come potrete comprendere tutte le altre?».

 

Perciò il Cristo è l’entità che tramite l’unione col terrestre ne ha permeato l’elemento infero-tellurico ed ha portato la sua centralità in ogni sfera dell’esistenza come impulso essenziale al ritro­vamento delle realtà perdute: prima tra tutte quella edenica.

 

Il perduto stato edenico, come originario rapporto del maschile col femminile, può essere ritrovato solo se l’anima umana si àncora al Cristo e se ne lascia compenetrare.

 

L’uomo intoccato da Lucifero, precedente la caduta, era quello che il Battista cercava di far ricordare con il suo battesimo di conversione. Il termine “conversione”, in ebraico shuv significa letteralmente “tornare indietro”. Non è strano quindi che il greco evangelico utilizzi metanoia ovvero “mutamento del pensiero”. Il Battista, tramite una tecnica di separazione parziale dell’eterico, per­metteva ai battezzandi di sperimentare il quadro della propria vita come contaminato dall’elemento luciferico, e innestare una profonda nostalgia verso l’elemento virginale dell’anima, precedente all’in­gresso delle forze luciferiche nell’anima. Quando vide Gesú di Nazareth avvicinarsi, seppe riconoscere che doveva diventare il portatore di Colui che avrebbe attuato la restaurazione della verginità del­l’anima tramite lo sviluppo del nuovo archetipo dell’Io Sono.

 

Ogni parabola del Cristo racconta il ritrovamento di ciò che è stato perduto. Dalla dracma perduta (Lc 15, 8-10) alla serie di parabole di Marco, in cui si ripete con chiarezza la grande immaginazione del Cristo seminatore: «Il regno di Dio è come un uomo che getti il seme nel terreno, e dorma e si alzi, la notte e il giorno; il seme intanto germoglia e cresce senza che egli sappia come. La terra da se stessa porta frutto: prima l’erba, poi la spiga, poi nella spiga il grano ben formato. Quando il frutto è maturo, subito il mietitore vi mette la falce perché l’ora della mietitura è venuta». (Mc 4, 26-29).

 

La fine stessa del brano sul figlio prodigo: «Questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato» testimonia come il senso della discesa del Cristo sia quello di ripristinare lo stato precedente la Caduta, in cui la morte e la malattia non avevano potere sull’uomo.

 

L’azione pubblica del Cristo Gesù è stata perlopiú guarire i malati e resuscitare i morti, annun­ciando il Regno di Dio. Dunque l’avvento del Cristo guarisce la ferita luciferica, distrugge le opere di Ahrimane. Come dice la prima lettera di Giovanni: «Il Figlio di Dio è venuto per distruggere le opere del diavolo» (1Gv 3,8).

 

Perciò il Cristo Gesù dice: «Senza di me non potete fare nulla» (Gv 15,5). Dal momento che Egli compenetra la Terra non è possibile sopravvivenza dei frutti spirituali se questi non vengono custoditi e trasportati dal Cristo.

 

Una via fuori del Cristo non ha futuro.

 

È necessario dunque, per chi voglia perseguire seriamente la Scienza dello Spirito, aprirsi ad una dimensione sacrale della via ed essere pronti ad offrire la propria vita come un quotidiano sacrificio al Cristo.

 

Nell’ambito della relazione occorre sperimentare che si può incontrare tutto nell’essere amato, se riusciamo ad avvertire la sua figura di luce, come segno dell’archetipo.

 

L’amore non può allontanarsi, né ferire, né deludere, perché lo abbiamo trovato in una zona inaffer­rabile a questi moti, nel rito quotidiano. È questione di resistenza, non si vince nello scatto.

 

La trasmutazione alchemica dell’argento ad opera del mercurio, a cui si accennò nel precedente articolo, va operata ritualmente portando le forze equilibranti della croce nella zona malata. È una ritualità terapeutica raffaellita che opera dove vi è il guasto: nel cuore.

 

Il sentire non può aprirsi alla percezione della luce dell’altro, perché è estromesso dal circuito della forza, è ammalato della pesantezza tamasica. Si potrà approfondire come molte malattie derivino dal­l’intervento del Doppio, come già si disse tra le righe. Quando parliamo di agire ritualmente non si intende la mera esecuzione degli esercizi, invero inefficaci come tecnica in sé senza la profonda partecipazione cardiaca, o meglio sterili se eseguiti fuori della vera tecnica, che comprende l’azione del cuore.

 

Si può realizzare il massimo della dedizione verso un essere quando lo si elevi a simbolo concreto della volontà metafisica, incapace di noia, arresti o impedimenti, per donazione continua, per amore.

 

Dante e Beatrice

 

In questo senso la donna amata è il Cristo, ne ha l’impronta: in lei potremo vedere l’archetipo adamantino, oltre la figura di luce.

 

Perciò la Donna «par che sia una cosa venuta da Cielo in Terra a miracol mostrare», ma è proprio il Cristo ad essere disceso sulla Terra a mostrare il miracolo del suo operato.

 

Se avremo dedizione e devozione, e ci apriremo alle forze del cuore, l’amore allora, che oggi non viviamo, domani sarà il nostro amore.

 

L’amore che adesso possiamo solo imma­ginare, domani lo potremo stringere tra le braccia. Il Cristo porta i semi, guida la messe a nuova crescita. Se riposiamo nel Cristo non c’è promessa che non sarà mantenuta, non c’è Amore che non fiorirà nella nostra anima assieme ad ogni fiore della Terra.

 

 

Italo D’Anghiere