Franco De Pascale, il samurai dello Spirito

In memoria

Franco De Pascale, il samurai dello Spirito

Franco De Pascale

 

Rolando De Pascale: Il 10 aprile, alle ore 17.15 ha lasciato il piano fisico il mio doppio fratello (nell’umano e nello Spirito) Franco. Voglio lasciare un personale ricordo al quale, se qual­cuno vorrà, potrà aggiungerne di propri. Mio fratello era nato a Firenze il 21luglio 1950, era piú giovane di me di tre anni. La nostra vita insieme ha subíto un’interruzione dopo i miei 10 anni e si è protratta fino al mio diciassettesimo anno quando eravamo alle scuole superiori, fino al 1968. Questo periodo è stato caratterizzato da passioni comuni, ad esempio per le arti marziali, che praticavamo allenandoci nei posti piú improbabili tipo giardino di Boboli, il Forte Belvedere, boschi e naturalmente anche nel Dojo. Le nostre finanze miserrime ci consentivano un solo karategi (abito per la pratica del karate) che usavamo un giorno lui e un giorno io. In quel periodo la nostra ricerca spirituale ci portò al Buddhismo sia primitivo sia mahayanico dall’India al Tibet al Giappone. Ci agitò anche la politica… Franco nel 1969 si recò a Francoforte dove apprese molto bene il tedesco, aveva un’enorme facilità nell’ap­prendere le lingue e ne parlava un bel numero. È stato un lettore fuori dal comune e con una memoria prodigiosa, la sua casetta è strapiena di libri. Scherzosamente ho sempre detto che come divoratore di libri ce l’avevo io sulla coscienza, perché quando io avevo 8 anni e lui 5 gli ho insegnato a leggere… Al ritorno dalla Germania da spirito libero qual era visse un po’ bohémien a Roma dove ha avuto il suo incontro fatale con Leopoldo che gli parlò di Scienza dello Spirito, che nella sua evoluzione spirituale era sempre piú vicina. Leopoldo gli fece conoscere Massimo. Dopo questi fatti tornò a Firenze e mi donò due libri: La scienza occulta e La Logica contro l’uomo. Quest’ultimo libro tentai di leggerlo rapidamente spinto dalla brama giovanile, ma si rivelò profondamente duro, tanto che in un impeto di rabbia lo sbattei al muro! Lo ripresi subito dopo e ricominciai a leggerlo molto, ma molto piú lentamente, e non vedevo l’ora di conoscere Massimo. L’incontro avvenne in breve tempo e fu l’esperienza piú grande della mia vita. Iniziai la mia ascesi come meglio potevo. Franco è stato un orientatore fedele allo Spirito e alla Via del pensiero, evolvendo con gli anni, anche nelle avversità che sono sorte dopo il passaggio di Massimo nel Mondo Spirituale. Il suo comportamento è sempre stato giusto e coraggioso, anche quando tutto sembrava perduto. La disponibilità di Franco nei confronti di chi aveva bisogno di aiuto è stata sempre generosamente totale: a qualsiasi ora del giorni e della notte. Non ha mai ceduto a sofisticherie intellettuali, nonostante la sua vastissima cultura, né a cedimenti e rammollimenti bigotti. Ha dimostrato compassione per i sofferenti, senza chiedere in cambio alcunché. Per vivere ha fatto l’insegnante di ottica in varie scuole, formando almeno due generazioni di ottici che ancora gli vogliono bene, come testimonia il vero e proprio “oceano” di messaggi dopo aver comunicato il suo passaggio della Soglia verso il Mondo Spirituale. Posso affermare che nella vita ho un doppio fratello e spero che il Cielo ci aiuti sempre nel nostro cammino comune, sulla Via del Pensiero come indicata da Massimo Scaligero e Rudolf Steiner!

 

 

Simona Piccini: Ho conosciuto Franco il 15 aprile del 1986. Quel giorno ho fatto la mia prima concentrazione e non ho piú smesso di farla. Franco per me è stato sempre il Faro di sicurezza riguardo alla Scienza dello Spirito, perché i suoi consigli erano Forza e Verità. A lui va tutto il mio affetto fraterno e la mia imperitura gratitudine per avermi guidato ad essere forte, fedele e a non arrendermi mai. Il Mondo non sarà degli orchi!

 

 

Marina Sagramora: Appena è giunta la notizia, c’è stata in me una reazione, oltre che di grande dolore per l’affetto che mi legava a lui, anche di non accettazione. Non riuscivo a immaginare di non poter piú scrivere o telefonare a Franco per chiedere i giusti lumi a lui, che “possedeva” la Scienza dello Spirito in maniera totale. Subito dopo è subentrato un senso di profondissima gratitudine per tutto quello che ha rappresentato per me, cosí come per tantissimi altri, per l’aiuto prezioso che dava generosamente, senza risparmiarsi. Ogni volta che alla redazione dell’Archetipo arrivava qualche domanda complessa che richiedeva un riferimento preciso nella vastissima opera di Rudolf Steiner, cercavamo insieme la risposta chiarificatrice. Inutile dire che era sempre lui a trovarla. Il rapporto che ci univa derivava dalla strada percorsa insieme durante lunghi anni,oltre che dal vivido e imperituro ricordo del nostro Maestro, Massimo Scaligero. Entrambi consideravamo importante, anzi essenziale, ristabilire in ogni caso la verità quando qualche affermazione contraria la oscurava. Franco ne aveva fatto il motivo centrale del suo operare, e tentava in ogni modo di ripristinare il giusto e il vero quando vedeva deviare alcuni verso un terreno sbagliato. Le sue maniere erano a volte piuttosto veementi e certamente poco diplomatiche, e ben si attagliavano all’immagine che dava di sé, definendosi “un predone della steppa”. In realtà aveva un cuore tenerissimo, che cercava di nascondere sotto maniere rudi o frasi taglienti, ma chiunque facesse appello a lui trovava sempre la porta aperta e pronto l’aiuto per la ricerca insieme della soluzione sperata. Il suo ardore per la disciplina interiore era impareggiabile e altrettanto lo era la sua indefessa ricerca di documenti che attestavano quanto poi affermava nei suoi illuminanti scritti. La sua partecipazione all’Archetipo è stata preziosa ma limitata, perché ogni volta cercavo di arginare il profluvio delle sue parole, e questo lui non riusciva ad accettarlo: doveva esprimersi liberamente, e solo poteva nella sua amata “Ecoantroposofia”, in cui si firmava Hugo de’ Paganis. Una raccolta dei suoi scritti spero che in un prossimo futuro possa essere edita in cartaceo, da conservare gelosamente fra i libri piú cari e consultati. Tutti fra noi amici lo chiamavamo affettuosamente Francone, anche se a lui non piaceva l’appellativo, che era derivato sia per la sua mole, che solo in ultimo si era assottigliata fino quasi a svanire, sia per distinguerlo dagli altri con lo stesso nome, primo fra tutti l’amico carissimo Franco Giovi, sia infine per affermare con un accrescitivo, che ben lo definiva, l’importanza che aveva per noi. Lo scorso 19 marzo, sulla sua pagina Facebook ha riportato una frase di Teofrasto B. Paracelso: “Alterius non sit qui suus esse potest!” Non sia di altri chi può essere di se stesso! E Franco fu proprio di se stesso!

 

 

Hugo de' Pagani

 

Francesco Corona: Carissimo “Francone”, ti facevi chiamare con il nome del primo Gran Maestro templare, Ugo dei Pagani ed onoravi il 19 marzo di ogni anno l’ultimo Gran Maestro dell’Ordine, Jacques de Molay. Sei sempre stato un vero difensore dei valori templari ed antroposofici. Rudolf Steiner, il tuo Maestro Massimo Scaligero e il tuo caro amico Fulvio Di Lieto saranno con te ora che hai varcato la soglia dell’animico, ed io ti ricorderò sempre con stima ed affetto fraterno. «Non Nobis Domine, Non Nobis, Sed Nomini Tuo Da Gloriam».

 

 

Francesco De Paola: Ho conosciuto Franco a Firenze nel ’92 a casa sua. Mi colpí subito il suo sguardo volitivo, “di fuoco”. È stato un vero asceta, lo ricordo per i tanti incoraggiamenti che mi ha dato, anche con vigore, ma spesso è quello che occorre per andare avanti e progredire nella Via dello Spirito. Riposa in pace, caro Franco!

 

 

Anna Shabda: Quello con Franco è stato un incontro che resterà indelebile: la sua solidità, la sua forza, la sua morale e la sua umanità erano paragonabili solamente alla cristallina impersonalità delle sue indicazioni, che non hanno mai violato la libertà di nessuno.

 

 

Serenella Marega Righini: Ho conosciuto Franco assieme a suo fratello Rolando nell’estate del 1971 nella mia casa di Stignano nell’Appennino Tosco-Romagnolo in occasione dell’inizio di una lunga serie di incontri spirituali che un piccolo gruppo di amici, seguaci di Steiner e Scaligero, aveva deciso di affrontare con entusiasmo e anche un po’ di timore. Franco, accompagnato da Leopoldo, era poco piú di un ragazzo ma era già evidente in lui quello spirito guerriero col quale affrontava le situazioni della vita e anche il sentiero spirituale da poco iniziato. Lo chiamavamo “Il Samurai”. Franco non si concedeva sconti e non ne faceva ad alcuno. Egli fu nostro ospite per molti anni dividendo con noi e diversi amici fiorentini, imolesi, bolognesi, veneti e romani i nostri periodici incontri: talvolta… vivaci, talvolta intensi di profonda spiritualità. Il rigoroso spirito ascetico col quale Franco affrontava le riunioni di studio non gli impediva di essere anche un grande amicone, con quella punta di fanciullezza caparbia che è rimasta nei miei ricordi; a tavola, durante le lunghe chiacchierate sotto le stelle o nelle passeggiate nei boschi. Lo vidi crescere, affrontare la vita che non sempre fu generosa con lui, lottare per sostenere le sue certezze, ma la sua fedeltà alla “via” e ai Maestri che venerava fu incrollabile. Purtroppo, per diverse circostanze, da molto tempo avevo perso ogni contatto con lui. Il mio è forse un ricordo lontano, di un periodo felice, pieno di entusiasmi e speranze giovanili e lo voglio tenere cosí. Inizia per te, caro Franco, un nuovo viaggio e ti auguro vi sia sempre davanti a te una via luminosa che ti porti al Christo.

 

 

Andrea di Furia: Amava prendersi in giro, ma non tollerava si prendesse in giro la Scienza dello Spirito: devoto alla Divina Sapienza, era spiritualmente autorizzato a difenderla. Il Guerriero fedele che Franco era, sarà ricordato da molti dei suoi conoscenti; a pochi risalterà il suo essere amico generoso anche nei fatti normali della vita com’è accaduto a me e mia figlia Michela. “Galeotti”, per cosí dire, furono Camillo e Serenella Righini che ci ospitarono per molti anni a Stignano, durante la settimana dell’Ascensione, assieme a lui e a tante altre persone. Lí prese poi vita una piccola iniziativa, che poi sarebbe stata la micro Casa Editrice CambiaMenti, che lo trovò partecipe e sollecito orientatore/collaboratore, oltre che ospite graditissimo mio e di mia moglie Daniela. Quando pubblicammo la favola del “Principe ranocchio” nei ritmi della Maestra Nina Badile, che dava inizio alla nostra seconda collana editoriale, un chiaro esempio della sua capacità di orientamento fu l’annuncio di cui riporto un piccolo estratto: «Anche l’uomo, come il ranocchio della fiaba, può trasformarsi radicalmente e, oltre l’usurante apparire sensibile, far emergere la sua segreta realtà spirituale. Come il ranocchio dello stagno egli può divenire anfibio, e perciò capace di una duplice vita: essere, come il drago ermetico, uomo che cammina poggiando sulla terra, e simultaneamente angelo che si libra aereo nell’etere celeste. E chissà che tali opere non aiutino tanti ‘ranocchietti’ in nostalgia di metamorfosi, ad incontrare un’angelica Principessa che, come raccontato in altre fiabe, con un bacio d’amore, restituisca a ciascuno la sua autentica realtà: quella di un eroico Principe, non piú immemore della sua celeste origine. Perché, credeteci, un vero ranocchio, come un vero uomo, è un essere davvero eccezionale!». Ci teneva uniti il suo esemplare Magistero rosicruciano sulla pagina web di Ecoantroposophia.it, sotto lo pseudonimo di Hugo de Paganis, che rimandava ad un suo retaggio templare. Negli ultimi anni di feroce malattia potevamo assistere al travaso della sua forza di vita fisica in forza di vita spirituale, e nel recente trapasso lo immaginiamo, luminoso e sereno, già impegnato ad aprirci il cammino per il prossimo “giro di giostra”. Due frasi ne tratteggiano sinteticamente l’operato: “lo Spirito ama chi si compromette” e chi – dice Manto nel Faust di Goethe – “anèla all’impossibile”.

 

 

Marco Ekagrata: In una vita di donazione e di fedeltà incorrotta alla Via, Franco ha amato la verità sopra ogni cosa, ponendosi al suo servizio con l’ardore di un Fedele d’Amore. E ha avuto un solo nemico: il morso seducente dell’ordinario, padre di tutte le menzogne e di ogni accomodamento meschino, contro il quale la sua presenza vivente continuerà a stagliarsi.

 

 

Alda Gallerano: Era il 1982 e ci eravamo da poco trasferiti a Milano per il lavoro di mio marito Gabriele presso la Rizzoli e io ancora viaggiavo per il mio presso l’Orientale di Napoli. Abitavamo in un monolocale affacciato su una grande piazza e un giorno, in compagnia di un amico comune, venne a trovarci Franco. Fu un riconoscimento immediato e ci abbracciammo, come se non ci vedessimo da molto tempo. Poi gli anni trascorsero, e dopo che Gabriele ebbe superato la Soglia gli  scrissi. Da allora siamo rimasti sempre in contatto via telefono, mail e chat. In una di queste mi scrisse: « L’alto prezzo che gli umani consacrati pagano nel lottare terrestre, gli esseri delle Gerarchie lo conoscono molto bene, e lo valutano pure molto bene, anche perché quaggiú a combattere, reclusi in corpi che gli Iniziati orfici chiamavano “tombe-prigioni”, spesso drammaticamente tagliati fuori da una esperienza spirituale diretta, della quale nelle nostre anime vi è struggente nostalgia, ci siamo noi e non loro: pochissimi tra gli Dèi hanno accettato di rinunciare a un rango divino che era il loro, per accompagnare – come uomini tra gli uomini – gli umani in questa impossibile avventura terrena: Ma è l’uomo la mèta delle Gerarchie, non viceversa. Sono gli uomini che conquistano e portano ad esistenza nel cosmo spirituale Autocoscienza, Libertà e Amore, di cui gli Dèi godono ma non conoscono». Arrivederci, fratello mio! So che continuerai a proteggermi come hai sempre fatto e se avrò bisogno di te, avvertirò la tua presenza intorno e accanto a me. E mi torna alla mente la stupenda definizione che desti di Michele: “Il Fiammeggiante Principe del Pensiero”.

 

 

Marco Pighin: Ho conosciuto Franco De Pascale dapprima leggendo assiduamente il sito Eco­antroposophia, dove egli scriveva con lo pseudonimo di Hugo de Paganis. Nei suoi scritti ritrovavo forza, autenticità, impersonalità, dedizione totale alla Via e alla difesa della Verità. Queste nobili virtú guerriere che affioravano da ogni suo articolo mi spinsero a volerlo conoscere di persona, perché cercavo un orientatore serio e capace. Franco nel corso degli anni è stato tutto questo e molto di piú. È veramente difficile spiegare chi era Franco de Pascale, forse è impossibile. In Franco ho conosciuto una persona di una generosità sconfinata, era capace di dare tutto se stesso a chi cercava con cuore puro e sincero. Franco non era un sentimentale ma un Uomo giusto e un orientatore severo: ti dava sempre quello di cui avevi bisogno per maturare sulla Via del Pensiero. Franco era anche un amico fedele, fedelissimo, e un fratello maggiore estremamente protettivo. Ma soprattutto era un asceta d’acciaio e un vero lottatore contro la menzogna dilagante in un ambiente, purtroppo malato di ipocrisia, falsità, codardia, protagonismo, vanità e di ogni sorta di vile personalismo. Franco non ha mai usato la Scienza Spirituale per innalzare se stesso, ha fatto esattamente il contrario: ha donato totalmente se stesso allo Spirito, sempre! Cosí deve vivere un vero asceta. Carissimo Lupaccio, ti sono stato accanto fino alla fine, e quello che ho visto è stato il compimento di un rito sacro: una vita intera, fino all’ultimo respiro, vissuta eroicamente e offerta nella sua totalità al Logos vittorioso. Grazie Franco, quello che ho imparato da te me lo hai insegnato con l’esempio.

 

 

Il guardiano del tempio

 

Raul Lovisoni: Molte furono le non verità riguardanti il Dottore, Marie Steiner, Massimo Scaligero e l’essenza stessa dell’Antropo­sofia. Puntualmente, con documentatissima precisione indicò la provenienza di quei menzogneri crimini perpetrati contro la Scienza dello Spirito. Svolse un lavoro di rettificazione immensa la cui portata sarà compresa, ancor piú, nei secoli a venire. Custode della Storia antroposofica, vivente archivio, avrebbe potuto inseguire la gloria sapienziale del conferenziere di professione. Invece no, in modo non casuale, insegnò a costruire lenti, ovvero strumenti che permettessero una chiara visione della realtà. Per una vita volle indossare il modestissimo grembiale del burbero sacrista e con la ramazza in mano tolse il fango, rimosse bassezze, bugie e imprecisioni. Lo ricordiamo per l’immenso e caldo amore con cui lucidò l’aureo tabernacolo d’ogni Graalica Verità. Grazie Francone!

 

 

Francesca Modolo: Gigante con la schiena ricoperta di frecce, è stato uno scudo a protezione della Verità. E di tutti coloro che lottano per Essa. Una vita di dedizione e sacrificio, con incrollabile fiducia nello Spirito. Anche tormentato dalle sofferenze del corpo, la sua voce riprendeva lucentezza e vigore quando ripercorreva, per chi lo ascoltava, i fondamenti dell’ascesi del Pensiero e la sua necessità. Oltre al contenuto e alla forza possente che scorreva attraverso le sue parole, ciò che rimane impresso nel mio cuore è il suo esempio. La forza con cui, fino all’ultimo momento, ha difeso e amato la Verità è stato un insegnamento pieno di Vita che ha posto radici in me. Non ha mai smesso di donarsi, di consigliare e sostenere, ponendo se stesso sempre a servizio della Via. Il messaggio di cui eri portatore, caro Franco, non andrà perduto. La luce passata attraverso le tue parole e le tue azioni è ora racchiusa nei nostri cuori e lí verrà protetta e alimentata perché possa essere riconosciuta e raccolta da coloro che arriveranno. La lotta non è finita, ma noi siamo pronti. Tu invece ora riposa e goditi il ritorno a casa. Saperti in un luogo di pace e armonia è una gioia per tutti noi. Anche se ho il sospetto che continuerai a lottare con noi anche da lí. Farti riposare è praticamente impossibile! Grazie Franco, grazie. Con infinito affetto.

 

 

Franco Giovi: Difficile per me parlare di Franco (mi chiamava l’omonimo). Quello che so di lui come biografia è solo un sentito dire. Poi, tutte le volte che si conveniva di incontrarci di persona qualche motivo ce lo impediva. Ma allora non lo conosci? Invece sí, ma su ciò che per lui e me era piú importante. Con me Franco è stato piú che generoso: mi stimava. E io stimavo lui. Diceva a tutti di essere cattivissimo ma che io ero tremendissimo! Ecco la dimostrazione palese che anche i migliori (parlo di lui e non di me) prendono qualche abbaglio. Ci uní per molti anni la stravagante convinzione che la disciplina interiore (concentrazione, meditazione ecc.) sia la cosa piú importante da svolgere in questa vita. Unita alla fedeltà incrollabile verso Massimo Scaligero e verso il Dottore. Franco è stato sempre il “pachiderma” evocato dalle parole del Sutta Nipata: «Con la mente pura, senza pigrizia, saldo nello sforzo, costante e vigoroso, sii solitario, come un rinoceronte”. Solitario? Ma aggiungiamoci un legame profondo con gli amici e un lungo, intenso sforzo di ricostruzione di un Gruppo di meditazione rituale: ricostruzione che Franco considerò necessaria dopo la sciagurata disgregazione di tanti anni fa. Franco non è mai stato solo un rinoceronte, piuttosto un bulldozer al servizio della dottrina e della verità fin troppo spesso violate in traduzioni personali. Attingeva alle fonti, e se queste erano dubbie o mal tradotte imparava la lingua in cui queste si trovavano ancora integre. Volgeva sempre alle fonti. In tal senso la sua amicizia con Ella Weisberger, adamantina figura di Curatrice degli scritti del Dottore riguardanti le Indicazioni per la Scuola esoterica. Abbiamo collaborato insieme per molto tempo sul Sito di Ecoantroposophia, lui con lo pseudonimo di Hugo de Paganis. I suoi non erano semplici articoli ma cattedrali della conoscenza per contenuto, ampiezza ed altezza. Pure da lí ha combattuto, senza mezze misure, contro manipolatori e imbroglioni, incurante dei commenti poco lusinghieri che gli venivano poi incontro da destra e sinistra. Parlo al passato poiché pure la grammatica riflette il sensibile. Eppure sono certo, anzi certissimo, che Franco, come prima di lui Renzo Arcon, Fulvio Andriassevich e altri ancora, siano vivissimi, presenti e attivi. E, nel silenzio, avverto una gratitudine intima ma vasta come il cielo. Dire che ringrazio Francone e gli altri amici è poca cosa.

 

 

Sofia: Si recavano da Franco De Pascale, alias Hugo de Paganis, da ogni dove, anche da diversi Stati europei. Regolarmente. Selezionava, si accertava del reale anelito del cercatore, poi si offriva: avrebbe potuto senza dubbio chiamarsi anche Donato. Come molti aveva una missione, la sua l’ha compiuta con tutto se stesso, e cioè con energia, entusiasmo, impeto, grande gioia. Franco è stato esempio altissimo dell’Opera Solare. Semplice uomo, fattosi da solo, di umiltà, bontà e dedizione radicali, nulla ha risparmiato di sé per la Via del Pensiero. Lo cercavano in molti, soprattutto giovani, quei giovani che qualcuno crede grandi assenti nella Scienza dello Spirito; esiste infatti il luogo comune che gli antroposofi siano tutti dei parrucconi polverosi, ma quelli che andavano da Scaligero erano giovani un tempo! I veri discepoli di Scaligero hanno un sigillo che si è originato dal loro interiore ed emerge invisibile come un richiamo. Li riconosci perché, se veramente cercatore del vero, sai distinguere dalla loro umanità contingente ciò che in se stessi di sacro hanno risvegliato e modellato con volontà fedele quotidiana. Ognuno di loro, secondo i propri particolari talenti ha trasmesso, e trasmette, l’insegnamento: perché prima ne ha esperito i fondamenti. Franco De Pascale aveva una cultura vastissima, conoscitore di diverse lingue, tanto da poter tradurre testi importanti, essenziali e da lui molto amati. Usava anche pseudonimi per i suoi scritti (ma pure per i suoi libri), alcuni di essi – si usano qui dei termini di paragone espressi da altro discepolo di Massimo Scaligero per lodare questi lavori di Franco – dei monumenti, delle vere cattedrali per bellezza, forma, costruzione e contenuto. Anche per questi suoi scritti, fedeli nel tempo, esiste il blog Ecoantroposophia, dove alcuni giovani si stanziarono perché scacciati da sedi, quelle sí, realmente polverose. Tra Francone e il gruppo di Ecoantroposophia si è protratta senza interruzione una collaborazione per oltre un decennio, si è condiviso fatica, attenzione, passione, soddisfazione, e il gruppo ha imparato molto e ricevuto molto affetto, molta amicizia e aiuto. Franco: l’Amante del vero, nemico della menzogna, dolcissimo coi buoni, colui che ha mantenuto le promesse fatte al Maestro: se le ripeteva ad alta voce quasi quotidianamente. Ancora lo si può cercare Francone, bisogna essere tenaci e desti: non si pose mai in vetrina con grancasse per autocertificazioni e artificiali sigilli. Per fortuna si invecchia, ma la verità è che chi opera rimane giovane per sempre, per questo altri giovani di oggi hanno sentito il richiamo. Ha attraversato la soglia donato dai Suoi a Chi da tempo lo attendeva, è transitato come fiamma ardente, nessun fiato o alito di vento ha osato spegnerla, interromperne la “continuità”: con il Rito, nel Rito, egli stesso Rito.

 

 

Alessandro Garcea: Conobbi Franco poco piú di dieci anni fa, in margine alle mie ricerche cagliostriane: ben presto, il margine divenne il centro. Quando per la prima volta dalla Città di Iside andai a trovarlo nella Città del Fiore passammo tre giorni indimenticabili, che ebbero la potenza dirompente della folgore. Lo lasciai parlare per quasi tutto il tempo: era un fiume impetuoso di dati, notizie inedite, scoperte e rivelazioni, che andavano dalla piú antica sapienza egizia alle scuole esoteriche contemporanee. Nel suo lungo cammino, Franco aveva incontrato le personalità piú rilevanti di molte di esse, incluse quelle perfettamente ignote ai piú, in Italia e all’estero, ricevendone conferma delle acquisizioni conquistate grazie alla Scienza dello Spirito (“veniamo da una buona scuola!”). Chi ha vissuto simili esperienze sa che in questi incontri del destino si avverte la sensazione di essere tornati a casa, e cosí fu per me. Ottenuta la sua spontanea e immediata disponibilità a condividere sul piano interiore tale percorso (“non c’è problema!”), iniziai una frequentazione il piú possibile regolare nonostante la lontananza geografica. Chi lo ha letto ha potuto constatare a che punto dominasse ogni ambito della Tradizione, e col tempo io stesso mi sono reso conto di come fosse in grado di fornire orientamenti preziosi a chiunque lo avvicinasse, in modo corrispondente alla natura e alle predisposizioni individuali, che si trattasse di persone provenienti dalle vie occidentali o dallo zen, dal buddhismo, dallo yoga, financo dalle arti marziali. In ciò Franco riusciva sempre a compiere un’opera straordinaria, come non ho mai visto fare ad alcuno: lungi dal rimanere semplici “pensati”, tutti i riferimenti che forniva nei suoi discorsi si animavano del contenuto spirituale di cui erano la forma, permettendo cosí all’interlocutore ammirato di sperimentarne l’essenza vivente, la “forza perennemente diveniente eppur eternamente uguale a se stessa”. Nell’atto del pensiero folgorante, la sapienza celeste ritrovava il suo carattere di philosophia subtilissima, di occulta philosophia che deve permanere nel suo intuitivo momento sorgente. A fronte della mia tentazione di trasgredire all’imperativo di non prendere appunti scritti, Franco mi rassicurò: ogni volta avrebbe rievocato con me questo momento genetico e niente sarebbe andato perduto. Cosí avvenne: a ogni incontro, per dieci anni, riprese sempre il filo dal punto di partenza che aveva chiaramente stabilito nel nostro primo incontro, aggiungendo man mano un altro po’ di trama al tessuto d’insieme. I suoi consigli di lettura erano inesauribili, come i rari e preziosi volumi della sua biblioteca, di cui è sempre stato generosissimo donatore, ma sul modo di procedere lungo la Via non tradí mai il metodo del Pensiero Vivente, che non può passare per i “pensati”: occorreva sempre conquistarsi tutto mediante il lavoro interiore e non per comunicazione dialettica di qualche “segretuccio”. Quante volte a fronte delle mie domande mi disse: «Appunto. Meditaci. Ci arriverai»! In tal modo diventava chiaro come proporre simboli preinterpretati potesse condurre a una paralisi completa del vivente intuire: un dono solo apparente, in realtà avvelenato. Aggiungo che le difficoltà del­l’ascesi erano mitigate in ogni modo da mille incoraggiamenti, comprensione per i nostri limiti e tantissima ironia. Qualche perla, trascelta a caso, merita di essere ricordata. In estate: «Dubito che nel toro di Falaride facesse piú caldo che nella Città del Fiore. Io sono – come dicono quelli che parlan fiorito – letteralmente liqueso!». Prima di un trasloco: «Come direbbe il mio amato Dante, da me indegnissimamente parafrasato, “transumar per verba non si porria”, e infatti ci son volute le mani e le macchine degli amici volenterosi». Durante un’influenza invernale: «Sono allettato in una condizione poco allettante!». Ciò l’ha reso amato e benvoluto da tantissime persone, a partire da quelle del suo quartiere, fino ai molti sparsi per l’Europa, come il sottoscritto. Tutti ne riconoscevano la levatura interiore, per tutti ebbe sempre la parola giusta, spesso risolutiva. Quando lo vidi l’ultima volta, a poca distanza dalla sua scomparsa terrena, mi consegnò, scritto di suo pugno, questo mantram del Maestro dei Nuovi Tempi, che si è rivelato essere il sigillo supremo della sua stessa vita: «Deve dare in sacrificio / l’essere suo e la vita / particolari, / chi vuol guardare / fini dello Spirito / per entro manifestazioni / del mondo dei sensi, / chi vuole osare ardito / d’infonder nel volere suo proprio / il voler dello Spirito».

 

 

Massimo Danza: È sempre stato “Francone” di Firenze. Il fiore all’occhiello di Massimo Scaligero. Era stato un eversivo di sinistra, poi, conosciuto Massimo e la Scienza dello Spirito, aveva abbandonato tutto per dedicarsi totalmente alla Via Spirituale. Cosí, quelle forze rivoluzionarie le aveva rivolte totalmente all’ascesi personale, e quell’atteggiamento da “rivoluzione continua” non lo abbandonò mai. Rivoluzione in se stesso, “guerra civile” contro le proprie debolezze, contro gli Ostacolatori interiori, abiurando nella totalità ad ogni forma di violenza, anzi dedicandosi anima e corpo agli altri. Aveva un entusiasmo ed una forza travolgente, totalmente fondate sulla propria volontà interiore, che chiamava la “Spada d’acciaio forgiata nella profondità dell’anima, pronta a colpire gli ostacolatori in ogni dove”. Aveva avuto un vicino particolarmente rumoroso, che lo infastidiva sempre proprio mentre si accingeva agli esercizi. «Allora – mi disse – l’ho assediato e l’ho preso per la fame, senza tregua!». «Cioè?». «Ho cominciato ad alzarmi alle cinque per fare gli esercizi! E ho raddoppiato il tempo della concentrazione! E se non basta, mi alzerò anche alle quattro e mezza!». Credo che questo raffiguri molto bene il modo di come ha affrontato le difficoltà, enormi, della sua vita. Una volta vidi una sua fotografia da giovanissimo, era minuto. «Francone, eri magrissimo!». «All’epoca, avevo veramente fame, e dormivo sui divani a casa degli amici!». Quindi tutta la sua vita è stata una continua lotta per la sopravvivenza. Lotta che aveva trasformato veramente in una spada adamantina e d’acciaio al servizio dello Spirito. E ad ogni incontro mi trasmetteva questo amore profondo e travolgente verso la Scienza dello Spirito. Un entusiasmo senza limiti, oltre ogni ostacolo. Mi ricordo che, ospite a casa nostra, lo andai a prendere alla stazione con una moto già assolutamente inadeguata alla mia stazza, figuriamoci a quella di entrambi. La guardò e poi disse: «Tranquillo, il mondo spirituale ci vuole ancora per un bel pezzetto! Andiamo!». Ad ogni incontro uscivo galvanizzato dalle sue parole, sapeva trasmettere volontà ed entusiasmo. Quando mia sorella stette molto male, Mimma gli chiese la cortesia di andare in Svizzera per procurarsi l’Iscador, perché a quel tempo solo lí si trovava. «Il tempo di finire di farmi la barba!». Prese il treno, immediatamente. Venne a Roma, prese la ricetta, la portò in Svizzera, e tornò a Roma per portare la medicina. Per poi fare ritorno Firenze. Senza riposarsi un attimo, senza soluzione di continuità! Rivide il letto quarantotto ore dopo! È un episodio eccezionale che ricordo della sua vita. E ricordo la sua Fedeltà assoluta, anche fanatica, se vogliamo, verso la Via, il Maestro, l’Amore che aveva intuito. Fedele alla sua compagna anche quando gli eventi lo avversarono pure su questo piano. E quando gli si faceva notare l’enorme peso delle prove sul piano pratico che viveva, rispondeva sempre: «Ma sai, noi “lupacci” siamo abituati a ben altro!».

 

 

Umbra Perchiazzi: Liberato dall’amore, penetrato di luce, sali verso le altezze…

 

 

Valentina: Un vivo impulso scorre attraverso l’umanità per la creazione di valori eterni. Vi sono rari uomini che vengono a portare nel mondo una parola nuova. Con loro, quei fedelissimi cooperatori che si adoperano alla costruzione di un nuovo indirizzo. Praticante interiore rigoroso e austero, Franco De Pascale non è stato quello che si dice un tiepido, un morigerato; e riposa operoso tra i ‘Figli del Fuoco’. Asceta tagliato a diamante, egli è stato un indicatore radicale e instancabile della Via del Pensiero Vivente e del Rito della Concentrazione, una colonna di volontà adamantina, un saldo e intrepido miles dello Spirito, che aveva fatta propria la massima “vita est militia sacra super terram”. E, nondimeno, un semplice, un fedelissimo, un autentico discepolo di Massimo Scaligero, per il quale portava una venerazione sconfinata, un amore ardente e sempre capace di rinnovato slancio. Tale si considerava e si voleva: un discepolo sulla Via, sempre richiamandosi alle parole del Maestro: «Raro il discepolo vero. Tutti vogliono fare i maestri, mentre non occorrono maestri, bensí discepoli: fedeli» (da una lettera del Gennaio 1980 a un discepolo). La sua biografia è ai miei occhi una ricapitolazione della sua vasta tradizione interiore, fino al riuscito approdo alla Scienza dello Spirito di Rudolf Steiner ed all’approfondito studio delle scienze naturali nel senso rosicruciano. Pur assumendosi compiti e servizi da miles, Franco De Pascale ha potuto maturare, in pienissima coscienza e accettazione, importanti forze di donazione e sacrificio, attraverso prove durissime e felicemente previste per i veri discepoli della Rosacroce. Franco è stato un uomo di una dignità e nobiltà d’animo inarrivabili, un amico di generosità rara e capace di accogliere e donarsi senza riserve, di amare impersonalmente in perfetta vicinanza e identità, un suscitatore di nudo coraggio, un interlocutore insostituibile. La sua sapienza e le sue forze morali, ne hanno fatto un orientatore autorevolissimo, preparatissimo e affidabilissimo, un esempio di coerenza, fedeltà e veracità granitiche. Franco è stato un uomo libero e, come tale, voleva fortemente la libertà nell’altro. Eppure non ho mai conosciuto uomo piú semplice e modesto, in ogni sua manifestazione. Franco ha travolto la mia vita, e la vita di molti altri. È stato l’incontro autentico, l’incontro decisivo, l’incontro benedetto. Il distacco da questo mondo è stata la manifestazione di un compimento, pieno e colmo di pace profonda. Caro Franco, Idem velle, idem nolle, eadem amicitia est, volere e non volere le stesse cose, questa è amicizia. Amatissimo amico, cuore integro, hai guarito altri cuori con la tua sola presenza. Il nostro ora è un rapporto rinnovato, piú vivo che mai.

 

 

Piero Cammerinesi: Un pensiero di Luce per Franco, che possa proseguire il suo percorso evolutivo.

 

 

Marco Mazzeo: Conobbi Franco De Pascale, noto per gli amici come Francone, nella primavera del 1977 quando avevo circa 17 anni. Venne ad un appuntamento al Pincio assieme a Leopoldo Ceracchini, suo grande amico e mio insegnante di Liceo, che mi parlò di antroposofia. Siccome ai tempi io ero un estremista politico, con una formazione marxista, Leopoldo ritenne di farmi conoscere Franco, il quale proveniva da un’analoga formazione, se pur “sessantottina”. Franco era proprio un Lupo maremmano, come amava definirsi. Aveva un aspetto da eterno studente dei fine anni ’60, come se ne vedono nelle foto d’epoca; con gli occhialoni spessi (era assai miope), aspetto che mantenne sempre. Grosso di stazza, la sua provenienza da militante extraparlamentare sfociò prima verso lo Zen e il buddismo, e infine nella Scienza dello Spirito di Steiner e nel suo smisurato amore verso il suo diretto maestro Massimo Scaligero, pur mantenendo sempre quella modalità da guerriero orientale. Era goffo nei modi, ma con una capacità pensante fuori della norma; e difatti il linguaggio che usò nei miei riguardi fece maggior breccia, percependo la mia origine formativa ma altresí la mia spinta propulsiva che mi mosse verso lo spirituale. Un gesto che ricordo era sovente fare, era un rapido pugno verso il cuore, mentre suggeriva a me e poi anche ad altri, con il suo spiccato accento fiorentino: «Afferra te stesso!».

 

 

Shanti Di Lieto Uchiyama: Un vero Discepolo della Via Solare, un Apostolo fedelissimo del Logos, lascia un vuoto incolmabile! Il suo Lavoro per il Mondo Spirituale prosegue immutato se non rafforzato, dal Mondo Sovrasensibile…