Se abbiamo compreso quanto sia decisivo, per alcuni esseri e nella sua complementarità con altre operazioni essenziali, il lavoro spirituale sulla coppia, non stupirà che tutto il percorso ascetico sia orientato e connesso agli stessi fini e temi che l’amore umano sintetizza.
L’amore della coppia è cioè una sintesi della via di reintegrazione dell’uomo.
Si consideri come il rapporto con l’altro sia determinato dal pensiero e come questo rapporto non si riduca al pensiero, ma ne sia informato radicalmente, soprattutto attraverso l’immagine interiore che abbiamo dell’altro. L’immagine che può beatificare od opprimere, secondo la fisionomia, non che l’altro assume, ma che il pensiero assume riguardo all’altro.
La vera natura del pensare è l’estinzione del pensiero; è l’attuazione del vuoto che è la realizzazione della sua pienezza. Non il vuoto per il vuoto, ma il vuoto per il pieno: che è l’Io. L’Io che dimentica se stesso nell’oggetto per potenziamento volitivo, non per smarrimento di sé e che trova la sua estinzione come morte cosciente.
La peculiarità dello Spirito è la sua attività volta all’annientamento del centro, per essere centro. Smettere di pensare il centro, o di percepirlo, o di volerlo, per esserlo.
Per quanto vi siano differenze di attualizzazione dello Spirito nella Natura e nell’Uomo, tuttavia si può osservare un identico operare. È il segreto della farfalla che coagula i poteri del Cosmo nelle sue screziature, nella bellezza della sua forma, ed è pure irresistibilmente attratta dalla fiamma, verso cui si getta come verso una meta: corre tra le lingue del fuoco come tra le braccia del martirio. Tratta la morte come un’amata. Morte di cui non ha coscienza, essendo il suo uno slancio per la vita, non per la morte, ma che di fatto è il bacio della morte, che è morte solo per l’uomo, perché per la farfalla è il compimento di una brama di vita ad un livello piú elevato, superamento di una prigionia della maya.
Il pensiero è connesso al mondo delle farfalle, e perciò agli elementari del fuoco, ed invera la sua natura ignea nel suo impulso di morte.
Nella Concentrazione si realizza tipicamente questo allenamento alla morte, nell’essere tutto per l’oggetto, nel fuggire il centro per farlo irradiare dall’oggetto, dal quale emana il nostro Io superiore, inizialmente in veste di immagine-sintesi, come potere silenzioso; come tessuto di calma.
Il Cristo è il portatore di questa calma e perciò di questa morte, avendo la Sua morte fatto germogliare la Vita che possiamo avvivare in noi come Resurrezione, a partire dal pensiero.
Quando infatti la prima cristianità conobbe il martirio e sperimentò la morte per la Vita, traghettò questo contenuto karmico in Giappone, uno dei paesi che ha proseguito l’impulso del Cristo, ad esempio nella corrente che si espresse nel Bushido, nella via dei Samurai.
Quei cavalieri che un tempo furono cristiani devoti al loro re e alla sua reliquia, divennero guerrieri della via nipponica del sacrificio.
Ancora Yamamoto, in un periodo di decadenza e di crisi morale, metteva per scritto i grandi ideali samurai nello Hagakure, che tratta coraggiosamente la tematica dell’amore come intrinsecamente connessa alla morte: se il samurai non vive per la morte, non può amare, e se non ama non è in grado di morire. Un esempio di superamento della visione romanticistica e sentimentalista dell’amore che l’Occidente ha fin troppo fatto sua, dimenticando il carattere puro, sacrificale, devozionale, tremendamente serio, dell’Amore.
Un Occidente che piegò il Giappone non solo militarmente, ma anche psicologicamente, come ebbe a notare Yukio Mishima, dando vita al tentativo di risollevare le sorti della Nazione riportando ai valori dei samurai, fallendo sul piano esteriore, ma in realtà attuando quei valori in quell’amore-per-la-morte che si concretizzò nel suo ‘atto finale’.
Non fa meraviglia allora che eminenti personalità dell’Occidente, anche recente, che hanno conosciuto la morte nei modi piú atroci, si siano reincarnate in Giappone e che sentano poi l’impulso, per karma e predisposizione, a tornare in Occidente, là dove deve sorgere l’Io nel mentale e dove sono le piú potenti forze della disanimazione e della dialettica: il sacrificio dei quali immette nel flusso dell’immanenza il compimento della morte come punto zero della riascesa. Impulso di Vita, offerta sacrificale che rinnova le istanze del Logos. Le forze cosí offerte dal martirio poterono essere assunte dal Christo per fecondare il mondo animico-spirituale, fino alla trasformazione delle essenze zodiacali, che possono ora riverberare sulla Terra ciò che la Terra espirò con la loro morte. Respirazione di Vita cosmica che deve avere il suo momento negativo nella espirazione mortifera.
Nascendo in Giappone e tornando in Occidente, nella loro anima si intessono le attività dei rispettivi Spiriti di Popolo, cosí che Michele possa collaborare occultamente con gli altri Arcangeli. Sappiamo che il mondo spirituale è spesso opposto alle leggi del mondo fisico: paesi come il Giappone, la Germania e l’Italia, che hanno perso sulla scena esteriore il secondo conflitto mondiale, sono quei paesi che si sono assunti il compito karmico di una occulta collaborazione che nella sfera solare, oltre le determinazioni di popolo, reca il medesimo impulso. In questo senso il 1945, che vede lo scempio di Piazzale Loreto e la catastrofe asurica di Hiroshima e Nagasaki, ma anche i bombardamenti di Tokyo, segna l’attuazione di questo sacrificio occulto, che sta fecondando l’Occidente spiritualmente e i cui frutti possono elaborare i reincarnati oggi. L’asse Roma-Berlino-Tokyo ha dunque una valenza spirituale per comprendere l’operare dello Spirito del Tempo e di Michele.
Questo perché l’impulso del Logos deve seguire le dinamiche del karma, che è espressione di Lui e di cui Egli è Signore.
Solo per chiarimento, basti considerare come la filosofia giapponese della scuola di Kyoto, in particolare nella personalità di Nishida, ha colto meglio la natura del pensiero di molti hegeliani che, mancando di pratica interiore, non hanno animato il pensiero di Hegel, vivo in Hegel, ma fuori di lui divenuto astratto schematismo. Forse Nishida superando Hegel, soffrendo il suo pensiero di una certa soggezione alla forma e alla compiutezza, alla velleità di far assurgere tutto a sistema, e quindi mobilitando la paralisi di cui soffriva l’hegelismo. Il pensiero di Nishida esprime il concetto di vuoto come attuazione della natura del pensare nella morte della sua forma provvisoria, che è la dialettica, per la pienezza della sua vita pre-dialettica.
Tornando alla coppia umana il discepolo deve comprendere come il percorso dell’amore sia sostanziato delle forze occulte della morte come necessaria condizione di accensione vitale delle forze della luce del pensare. È il passaggio dalla luce del pensiero alla vita della luce e da questa al fuoco di kundalini del cuore.
Ma è tutto un fatto di pensiero, nella relazione: motivo per cui non si può amare realmente senza questa volontà di vuoto: perché è nei vuoti dei processi encefalici che si genera il pensare, cosí nel vuoto del pensiero si genera il pensiero vivente.
Si deve allora sperimentare la Morte, per pensare davvero, per amare davvero.
È come un deserto arido, in cui si è infinitamente soli, alla ricerca dell’amore come di un’oasi. Uno spazio interiore da attraversare in cui la brama non soddisfa piú, non disseta.
È il Campo della Morte, come anticamera della Sacra Coppa.
A questo grado dell’esperienza il discepolo non riceve piú come prima appagamento dagli istinti e deve ricevere calore da un fuoco piú puro. Ciò che costituisce motivo di vita per altri, su di lui non esercita piú la necessaria leva. Vede che l’amore che viene vissuto, gioito, che unisce e che abbatte nel continuo succedersi degli entusiasmi e delle tragedie, non è che un gioco luciferico, che nasconde però una gemma, perduta, da ritrovare.
Gli uomini si perdono nei riflessi di questo smeraldo senza mai averlo tra le mani. Nel Campo della Morte si sa che il fuoco dell’amore è luciferico, che va trasmutato, per uscire dalla solitudine, dal continuo soffrire. Non si può superare il Campo della Morte se non si accetta la Morte come condizione di un nuovo Amore, che possa rinunciare al fuoco impuro, non per castrazione interiore, che è la via nera, ma per trascendimento ottenuto grazie ad un potenziamento della dedizione ad un Amore piú grande.
Tutto questo però si deve iniziare ad immaginarlo. Con slancio di immaginazione possiamo afferrare il senso della tragedia umana, fino ad accettarla.
Chi accetta il proprio karma può iniziare ad amare: allora, per attimi, la personalità inferiore muore, e trasmuta in quiete profonda che sale dal cuore e irradia dal centro: risponde al suo irradiare dal mondo, dal cuore segreto degli enti.
Nell’atto cosciente che afferra la vita della percezione, risorge il sentire, come un sentire il mondo, non piú se stessi. Il cuore del mondo che palpita con battito inascoltato: la resurrezione costante, l’armonia delle cose.
Il percorso spirituale è un’arte: di accogliere il futuro come una potenza vivente donata da entità spirituali; accoglierlo come forma di se stessi, il cui sentire è l’espressione soggettiva, ma che è incontrabile anche fuori di sé nel karma. La lingua parlata dal Logos, per svegliarci, per coinvolgerci, è il fluire del tempo che ha una sua sostanza metafisica continuamente tendente a incarnarsi nell’immanenza. Perciò possiamo in ogni momento percepire il potere magico trasmutatore degli eventi: è nelle cose, è in noi.
Sono i preparatori della Sacra Coppa, che insegnano il sacrificio perché l’hanno imparato da Colui che si è sacrificato per l’umanità. Coppa del sangue fisico, coppa del sangue spirituale.
Qui risulta una esperienza quella corrispondenza tra verità spirituale e karma, tra idea e realtà.
Questa magia è la potenza di mutare la forma del proprio destino che si adempie per noi secondo libertà. È propedeutica del karma, preparazione dell’incontro, prova di degnità.
Se questa magia sarà tanto potente, potrà allora irrompere nella vita fisica, arriverà allora innanzi a noi nella forma di una creatura: la sapremo incarnata e avremo la certezza di vedere quell’agognato Amore camminare sulla Terra.
Italo D’Anghiere