Metamorfosi

Poesia

Metamorfosi

Guerra e pace

Il lavoro da compiere era questo:

fare del Paradiso terra brulla,

deserto calcinato ingombro d’ossa

e scheletri di macchine da guerra,

vuote clessidre dentro cui la sabbia

precipita nel cavo dell’abisso

che ora è il tempo riservato all’uomo,

ierofante in un tempio dissacrato.

Il compito da svolgere è concluso:

aridità, le Piane di Gedrosia,

anabasi negata ad ogni mare,

armata in rotta della civiltà.

Questi i talenti spesi a procurare

veleni ed affidarli al primo soffio

di vento, perché tutto se ne imbeva,

i sensi, l’occhio, i tendini, la scorza,

e si frantumi il nucleo del cristallo

e ci lasci carbone tra le dita,

amaro prisma senza piú colori.

Il dovere assegnatoci ha trovato

il giusto campo, la misura esatta,

e il mondo paga un debito ad usura

sacrificando vittime innocenti

offese nella propria dignità,

private della piena libertà.

Non piú voli, non guizzi, piume inerti

che invischia e aggruma una spietata nèmesi,

apocalisse sincopata in spasimi.

L’olocausto ha un’offerta di silenzi

e spenti sguardi vitrei di pupille.

Il lavoro da compiere era questo:

togliere lume all’universo, scindere

la materia al suo nòcciolo, immolare

a oscure deità la meraviglia

dell’inatteso, del prodigio, cedere

un regno intero per un pugno d’oro.

Non vedremo piú donne alle fontane,

né a tessere, né a mietere o cantare.

Ora le donne imbracciano fucili,

marciano alla cadenza della morte,

esse, nate per schiudere alla vita

e al suo mistero gli ovuli impazienti.

Non piú le norie dell’Eufrate, i mitici

orti di Babilonia, nei torrenti

di Canaan non piú latte e miele, sangue

scorre nei solchi fulminati d’odio.

Ma il lavoro compiuto è forse l’ultimo

spasmo del bruco prima di sottrarsi

al bozzolo materico di cui

è stato prigioniero per millenni:

metamorfosi in luce è il suo destino.

Altra scelta non ha, non altro còmpito:

liberarsi dai lacci, demolire

muri, bastioni, orgogli, e infine splendere

vivo nel sole per il mondo nuovo.

E avrà la pace dell’arcobaleno.

 

 

Fulvio Di Lieto