L'attenzione sacralizzante

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L'attenzione sacralizzante

Muoversi velocemente

 

Le giornate scorrono fra impegni, necessità quotidiane, lavoro, spostamenti da un luogo all’altro – sempre piú difficoltosi a causa del traffico intricato – e poi acquisti, incontri. Questo per chi vive in città, soprattutto in grandi città, ma persino in luoghi piú ameni e a contatto con la natura, anche lí la routine afferra e detta le sue leggi.

 

Quante di queste attività possono essere “consacrate”? E cosa significa consacrarle?

 

Ogni nostro agire con il tempo dovrebbe essere dedicato al sacro. Non al sacro in senso devozionale o religioso, ma a ciò che rende consapevole ogni atto e degno di essere compiuto.

 

Molto di quello che facciamo è preda dell’automatismo. Se ci fermiamo ad osservarci, in molti casi non siamo noi a compiere quel gesto, ma siamo mossi dall’abitudine, dalla ripetitività che rende automatico il nostro muoverci. Come quando guidiamo: non pensiamo certo a quando cambiare la marcia, a quando frenare o premere la frizione: tutto accade automaticamente, il nostro corpo sa cosa è necessario in quel momento e lo compie, anche se noi stiamo pensando a tutt’altro.

 

Questo sembra piú che accettabile per la guida, nessuno crede che si debba pensare ad ogni movimento che si compie e come farlo, eppure, nel caso di un incidente, piccolo o grande, ripensando a quando è accaduto, potremo accorgerci che in quel momento eravamo immersi nel piú completo automatismo, distratti da pensieri che occupavano la nostra mente e che non ci rendevano completamente vigili.

 

Viviamo immersi in distrazioni, facciamo una cosa mentre ne pensiamo un’altra, sempre rincorrendo ciò che verrà dopo o ripensando a quello che ieri non abbiamo terminato.

 

Per il fatto che seguiamo una Via di perfezionamento interiore, compiamo degli esercizi che servono a destare la nostra attenzione, a sviluppare la volontà e ad aumentare la percezione vigile delle cose che ci circondano. Questo però non deve essere limitato al quarto d’ora dell’esercizio, ma deve divenire un modo di agire in ogni nostro atto compiuto nella quotidianità.

 

Amiche

 

Se decideremo di renderci percettivi nel compiere le azioni della nostra giornata, se con la volontà saremo presenti ai nostri gesti, ai nostri incontri, persino al nostro camminare sentendo il flusso che muove e dirige i nostri passi, sarà l’inizio di una consacrazione di cui ci renderemo sempre piú conto, e che ci renderà soggetti attivi del nostro vivere.

 

Viene a trovarmi un’amica che non vedevo da tempo. Mi racconta quanto le è accaduto nel periodo in cui non ci siamo sentite neppure telefonicamente, e noto un seguito di problemi nati tutti dal suo continuo essere pressata da attività eccessive, troppe per le ore di una giornata. Le chiedo come faccia a svolgerle tutte nel tempo limitato delle ore di veglia. Forse sottraendole al sonno? Non del tutto, mi risponde, ma ha imparato a muoversi con molta rapidità e a fare le cose sempre molto velocemente, al lavoro e anche in casa. Dice di riuscire a preparare un pranzo intero in un quarto d’ora, con l’aiuto di precotti e surgelati, limitando i tempi di ogni incombenza ancillare con l’aiuto di elettrodomestici di ultima generazione, come l’asciugatrice che permette di non dover stendere i panni lavati, il robot per pulire e lavare in terra ecc. Una grande consolazione, dice.

 

Sveglia alle due

 

Però soffre di ansia, e mi racconta di avere grande difficoltà a fermare il pensiero nel meditare. Inoltre, si sveglia ripetutamente di notte credendo che sia venuto il mattino, ma l’orologio sul comodino le mostra che è passata ogni volta un’ora o poco piú.

 

Mi chiede un consiglio per le sue notti “a singhiozzo”.

 

Cosa consigliare per ritrovare una notte calma se non calmare quella corsa frenetica del giorno?

 

Ma come fare, ribatte, se ogni cosa è necessaria, indispensabile?

 

Forse, dico, bisognerebbe ogni giorno iniziare ad esclu­dere uno degli impegni meno “indispensabile” rispetto agli altri. Rendere meno convulso il ritmo dell’agire, viverlo piú consapevolmente.

 

Massimo Scaligero diceva che dovremmo escludere dal nostro agire ciò che tende a legarci troppo al terrestre, alla maya. Guardarci vivere e dedicare quello che si compie al divino che è in noi.

 

Vedremmo allora che molto è superfluo, illusorio. E che cucinare amorevolmente un minestrone, tagliando a pezzetti le varie verdure fresche e facendo spandere nella casa quel profumo che ci ricorda la nostra infanzia, rende la casa piú confortevole per noi e per chi con noi la abita.

 

Un sistema, ad esempio, è ripetere un mantram di Rudolf Steiner mentre si compie un’azione, uno breve, facilmente ricordabile, come: «Nei puri raggi della luce / risplende la divinità del mondo. / Nel puro amore verso tutte le creature / risplende il divino della mia anima. / Io riposo nell’essenza divina del mondo; / e nell’essenza divina del mondo / io troverò me stesso». O quello ancora piú semplice da tenere a mente, tratto da Paolo, che Massimo Scaligero consigliava di utilizzare: «Non Io ma il Cristo in me».

 

cerchi nell'acqua

 

Anche la preghiera aiuta a consacrare i nostri gesti. Ognuno di noi ha la sua preghiera preferita, che recitava da bambino: l’Angelo di Dio, o l’Ave Maria, o il Padre nostro o il Gloria. Accingersi a un lavoro iniziandolo con un atto che lo consacra, non solo lo renderà piú agevole, ma ci impedirà di compierlo in maniera meccanica e affrettata.

 

Dobbiamo capire che siamo degli individui, ma non siamo isolati, bensí immersi nella società in cui viviamo, e ogni nostro atto porta conseguenze a chi sta vicino ma anche a chi è piú lontano: si sparge come un cerchio quando si lancia un sasso nell’acqua. Il cerchio si allarga sempre piú e va lontano da noi. Se il nostro agire è sano e giusto, spargiamo intorno a noi un cerchio di rettitudine, se non lo è, intorbidiamo quell’acqua.

 

La nostra attenzione nel compiere ogni gesto con consapevolezza, lo rende giusto, utile, sacro. E se il nostro agire è sacro, consacriamo anche l’ambiente intorno a noi: questo giova a chi ci è vicino e ad una cerchia sempre piú lontana, nel mondo.

 

 

Marina Sagramora