All’ombra del ciclope addormentato,
di stame in stame, per dispersi pollini
l’estate si feconda, metamorfosi
da larve inerti in variegate ali
accendono vibranti iridescenze.
Cosí perpetua il mondo la sua storia,
dal nulla plasma forme, dalla stasi
un palpitante divenire infiamma.
Emersi dalla pietra folgorata
steli di fuoco e zolfo danno forza
a petali trionfanti sopra l’arido
universo che il magma irrigidí
in viluppi, tentacoli, barriere.
Vi distendono trame le campanule
fresche, tenaci, candide: pietà
capace di lenire tanta febbre.
Il vulcano ripaga con le rose
e i papaveri ardenti quella vita
che un tempo fulminò. Tacendo adesso
nutre di linfe tralci e foglie, spinge
dalla terra all’incontro con le nuvole
semi, radici, umori, le sofferte
anime di silice, ferro e creta,
perché sia tutto incanto nell’azzurro,
luminoso riscatto sulla morte.
E i corpi si consumano, la scorza
grida la sua fatica a disgregarsi
per aprire crisalidi nel volo.
Fulvio Di Lieto