Appunti e pensieri da Rudolf Steiner

Appunti e spunti

Appunti e pensieri da Rudolf Steiner

Negli anni Sessanta, Massimo Scaligero aveva fatto dattiloscrivere alcuni suoi Appunti sulla Via dei Rosacroce, e ne donava delle copie. Non essendo in un numero sufficiente di pagine per farne un libretto, sono rimasti finora nella loro veste originale, con le correzioni a mano fatte da Massimo, il quale quindi ha riveduto lo scritto. Crediamo opportuno, a distanza di tanto tempo, far conoscere questo illuminante testo a chi non ha avuto finora occasione di leggerlo. Riportiamo fedelmente l’ordine in cui nell’originale sono divisi i capitoli e i paragrafi.

 

 

I

 

Dionigi nell’Areopago di Atene

Dionigi nell’Areopago di Atene

 

L’azione dei R+C comincia per mezzo dell’Iniziato che seguendo la scuola esoterica di Paolo, in Atene, sotto il nome di Dionigi Areopagita, istituisce una dottrina introduttiva ai nuovi Misteri.

 

Nei tempi moderni la via dei R+C si differenzia da ogni altra perché può valere unicamente grazie all’atto del pensiero libero dell’individuo autocosciente. Essa può essere seguita da ognuno, quale che sia la sua fede, e la sua condizione di vita.

 

Tale via si differenzia sostanzialmente dalla Gnosi tradizionale, ma ne possiede il contenuto perenne, dandogli il senso a cui esso tende nei nuovi tempi, come al suo compimento. Nella “via cristiana” il discepolo deve avere la forza di far vivere nell’anima ogni giorno, per mesi, per anni, i primi 14 versetti del Vangelo di Giovanni. Qualunque evento avverso tenti annichilire la sua anima, egli non piega, grazie a forze che riesce ad accogliere mediante il sentimento. Per i R+C tali forze si esprimono mediante idee e imagini volitivamente destate. Ogni momento dell’ascesi cristiana può essere rivissuto dal R+C mediante attività ideale e contemplazione imaginativa.

 

Come è noto a chi medita secondo la Scienza dello Spirito, uno dei gradi della Via Cristiana è la Crocefissione. Il discepolo deve abituarsi a portare nel mondo il proprio corpo come si porterebbe un oggetto estraneo (es. una tavola). Il suo corpo deve divenirgli estraneo: egli deve portarlo fuori di casa e riportarlo, come un oggetto.

 

Nel grado ulteriore – della “morte mistica” – l’Iniziato dice: «Io appartengo al mondo intero»: egli realizza un rapporto con il mondo, analogo a quello del dito con la mano. Si sente inserito nel mondo che lo circonda, come se appartenesse ad esso. Tenebra e dolore, male e sciagure divengono ora l’esperienza che egli accetta, perché sa che lo Spirito soffre nella trama della Terra. È la discesa negli Inferi per ripercorrere il percorso dello Spirito nella Terra. Allora il velario si squarcia ed egli vede.

 

Il grado successivo è la Sepoltura e la Resurrezione. L’Iniziato è potuto giungere a tale maturità da dire: «Io mi sono già abituato a considerare estraneo a me il corpo, ma io considero ora tutte le forme e le cose del mondo a me cosí inerenti, come il proprio mio corpo, il quale pure è stato formato di questi stessi materiali. Ogni fiore, ogni sasso, ogni cosa è cosí inerente a me come il mio corpo». Allora l’uomo “viene sepolto” nel pianeta terrestre. Necessariamente questo VI grado viene congiunto ad una nuova vita, per il fatto che l’uomo viene a sentirsi uno con lo Spirito profondo del pianeta, con l’essere del Cristo: di Colui che già disse: «Chi mangia il mio pane mi calca coi piedi!».

 

 

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La via R+C si differenzia da quella iniziatica “cristiana” non per il contenuto, ma per il metodo. Questo si fonda sull’animazione del pensare puro. Nessuno può vedere un circolo perfetto nella realtà.

 

Come idea, invece, lo si può contemplare. In tal senso, il metodo R+C porta all’essenziale rapporto dell’Io con il Cristo. Nella disciplina R+C è eliminata la dipendenza del discepolo dal maestro. Questi non la esige, non ne ha bisogno. Mentre mediante libera intuizione il discepolo può riconoscere il maestro ed alimentare in sé la fiducia e la devozione come virtú di rapporto e di trasmutazione.

 

Il discepolo deve abituarsi a quella forza di pensare che fa derivare un pensiero dall’altro, secondo relazione pura. All’imaginare secondo contenuto sovrasensibile egli può giungere anche mediante determinate elevazioni dell’immaginazione.

 

Fiore e sole

 

Egli si educa a vedere dietro ogni forma lo Spirito della Terra. Il pensiero puro e la libera immaginazione sono per il discepolo del Graal l’identico movimento. Cosí a lui viene insegnato: «Guarda il calice del fiore, assorbente il raggio solare: questo ridesta le pure forze riproduttive, sopite nella pianta. Perciò il raggio solare viene chiamato “la sacra lancia d’amore”. Ora guarda l’uomo: egli è piú elevato della pianta, ha in sé gli stessi organi, però egli porta compenetrato da desideri e appetiti impuri ciò che la pianta ha in sé completamente puro e casto».

 

Lo sviluppo futuro dell’evoluzione consisterà in ciò: l’uomo, avendo penetrato la vita dei sensi, avendo ritrovato lo spirituale nel sensibile, restaura la castità: egli riprodurrà mediante un nuovo organo – che sarà il suo trasmutato organo di generazione – il suo proprio simile: egli genererà mediante la parola.

 

L’organo di riproduzione diverrà casto, libero di stimoli e appetiti, come il calice del fiore che si volge in purità alla “Santa lancia d’amore”. Cosí l’uomo si rivolgerà allo spirituale raggio della sapienza e questo lo renderà atto alla procreazione di una nuova generazione dello spirito. L’organo di riproduzione sarà un giorno la laringe trasformata.

 

Il discepolo R+C viene rivolto a considerare questo: «La pianta, nonostante la sua minore elevatezza evolutiva, ha questo casto calice. L’uomo l’ha perduto. Egli evolvendo si è degradato sino agli impuri appetiti». Dal raggio solare spiritualizzato egli dovrà farlo risorgere; deve sviluppare nella castità quanto, in tali condizioni, è opera del San Graal dell’avvenire. Da prima viene resa pura la funzione della natura: ciò prepara la sua trasmutazione avvenire.

 

Cosí facendo l’Iniziato mira in alto al Grande Ideale (Pietra filosofale). Quanto l’umanità intera raggiunge con lenta evoluzione, l’Iniziato deve vivere in sé molto prima, per aprire il varco.

 

Lapis philosophicus. Come la pianta si costruisca l’organismo con il carbonio, si osserva nel carbon fossile che è il cadavere della pianta. Il cadavere dell’uomo è calcare: infatti egli è con l’anima legato alla mineralità, onde la mineralità appare visibile. Grazie al ritmizzato e interiorizzato processo del respiro, l’uomo formerà in sé l’organo atto alla emanazione dell’ossigeno: egli diverrà in tutto il suo essere come la pianta (cfr. la meditazione della Rosacroce). Egli tratterrà in sé il carbonio, costruendosi con questo il proprio organismo, onde il corpo sarà sempre piú simile a quello della pianta: allora esso può incontrare il “Santo strale d’amore” (“Io sono” attuato).

 

 

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Un grado della via R+C è la visione della corrispondenza tra macrocosmo e microcosmo. Quanto oggi si trova nell’interno dell’organismo fisico dell’uomo, è andato gradatamente sorgendo in lui dal di fuori. Per es. le ghiandole, nella fase solare della Terra, crescevano fuori di lui, come oggi, ad esempio, i funghi. Quanto oggi è racchiuso entro la pelle, nel corpo umano, un tempo era fuori. Cosí ogni arto – fisico, eterico, astrale – si trovava fuori dell’Io, che perciò armonicamente li rapportava a sé e li permeava. Questo è il macrocosmo racchiuso nel microcosmo. L’anima, come “Io sono” era immersa in seno alla divinità. Tale era la divinità essenziale, o perfezione originaria dell’Io.

 

Per intendere come una parte del macrocosmo si andò densificando e restringendo sino a farsi struttura organica dell’essere dell’uomo, occorre meditare sul punto interiore-corporeo che nel tempo suggella tale processo come recludersi del Divino nell’umano. Occorre riferirsi alla parte anteriore della fronte, la radice del naso: questo punto dà a conoscere come un quid di preciso che era “fuori” dell’uomo, è ora “dentro” di lui. Se mediante la meditazione si penetra in quest’organo, internandovisi profondamente con la coscienza (ciò implica ben piú che un semplice concentrarsi in tale punto), allora si comincia a conoscere la parte dell’universo invisibile che gli corrisponde. Cosí è per la laringe, per il cuore ecc. Ciò non è un mero concentrarsi in se stessi: questo non approderà a nulla, anzi pregiudicherà l’esperienza.

 

Per la preparazione della Pietra Filosofale: il carbonio ne è il simbolo esteriore: solo allora esso diverrà P. Filos., quando l’uomo saprà produrlo da sé col suo acquietato processo di respirazione. L’istruzione a ciò è segreta. Se la si rendesse pubblica, gli uomini, nel loro egoismo, si servirebbero di questo altissimo mistero, per soddisfare le loro brame inferiori.

 

 

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Mentre l’uomo ha un Io individuale, nel corpo astrale vive ancora qualcosa di un Io collettivo. Questo “io animale” vive in ogni corpo astrale umano, e l’uomo se ne rende indipendente solo quando acquisisce la visione astrale. È la coscienza ispirativa: quindi parimenti l’atto del “pensiero puro”, che libera dall’animalità terrestre e porta l’anima a vivere secondo lo spirito.

 

“Tetramorfo” I 4 animali sacri

“Tetramorfo” I 4 animali sacri

 

Il discepolo diviene compagno degli esseri astrali; le anime collettive degli animali gli si fanno incontro come sul piano fisico i singoli uomini. Nel mondo astrale si muovono esseri che quaggiú non possono scendere se non a frammenti, nella forma dei molteplici animali del piano fisico. Alla fine della loro esistenza essi riacquistano la possibilità di ricongiungersi con il resto di questa entità che vive nel mondo astrale. Una specie zoologica terrena è nel mondo astrale un “individuo”. Tali individui sono stati caratterizzati nel secondo sigillo dell’Apocalisse, come aventi qualità che li fanno ripartire in quattro classi: Leone, Toro, Aquila, Uomo (l’Uomo che però non è ancora sceso nel piano fisico). Questi quattro animali dell’Apocalisse sono le quattro classi di anime collettive che nel mondo astrale hanno maggiore affinità con l’anima individuale umana.

 

 

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Nel R+C il sistema nervoso deve educarsi a non prendere parte al perturbamento per acclimatazione fisica: deve venir meno l’intimo collegamento fra il sistema nervoso e il sanguigno: quest’ultimo diviene piú autonomo e, in un certo modo, piú sensibile alle influenze del clima e del suolo, mentre il sistema nervoso si fa esso stesso piú indipendente. Le variazioni climatiche debbono influire sulla corporeità, salvo il sistema nervoso, la cui funzione è solo mediatrice.

 

L’esoterista avverte una diversità interiore tra stagione e stagione, ma come differenziazione di un medesimo concerto di ritmi. Egli sente la differenza di temperatura come l’uomo ordinario, ma anche qualcosa di speciale che avverte mediante il sistema nervoso, in quanto non coinvolge tale organo, per cui, per esempio, gli riesce piú facile concepire in estate determinate idee collegate con il cervello fisico, che non in inverno. Ciò dipende dal fatto che lo strumento per il piano fisico, il sistema nervoso, registra le oscillazioni dei cambiamenti di stagione: interiormente piú indipendente dal complesso dell’organismo, tuttavia oscilla con esso piú di quello che di solito non faccia. È importante in tal caso rafforzare l’attività sovrasensibile del pensiero, cosí che le oscillazioni non afferrino l’anima, non suscitino stati d’animo.

 

Una trasformazione, però, del corpo fisico, che può assumere aspetti serii, è che generalmente si comincia a sentire il corpo fisico piú di prima: diventa piú sensibile, piú difficile a sopportare, per l’esistenza dell’anima.

 

Il midollo spinale ed il cervello divengono sempre piú indipendenti l’uno dall’altro. Le parti interne del cervello diventano piú indipendenti rispetto a quelle periferiche, mentre queste ultime, nella vita normale, collaborano con le parti interne. Tale dipendenza si manifesta nel fatto che per il discepolo il pensiero astratto diventa sempre meno possibile, sempre piú difficile, sino a incontrare nel cervello un’opposizione. Ma tale opposizione, che si esprime come una impossibilità all’astrattezza, è l’inizio di una presenza dello spirito. La logica del discorso non è che la chiarezza della limitazione dello spirito. Il regno dello spirito è oltre ogni discorso. Ma ciò che dello spirito può articolarsi nel discorso va riconosciuto come ciò che in primis va liberato dalla discorsività.

 

 

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Sole nel cuore

 

Il cervello dell’uomo, direttamente, ha pochissimo a che fare con ciò che è azione solare sulla Terra: indirettamente ha a che fare come organo di percezione, in quanto, per esempio, percepisce luce e colori, ma ciò appunto è mera percezione sensoria, ossia dato che, per valere, esige il fluire dell’immediata luce del pensiero. Il Sole in realtà vive nel cuore umano: ciò che è nel Cosmo, oltre il Sole, vive nella struttura fisica del cervello umano.

 

Occorre osservare che qui si parla di cervello, non di pensiero: di struttura interiore del cervello non del rappresentare che si svolge per mezzo di esso. In effetto, il cervello è in rapporto con ciò che il Sole opera sulla Terra, soltanto per mezzo della percezione sensibile.

 

Il cervello in realtà è immerso in una vita interiore cosmica cosí profonda che perfino il Sole è un ente troppo limitante, perché della sua azione qualcosa possa svolgersi nel cervello.

 

Quando l’uomo nella meditazione è dedito ad immaginazioni, si svolgono nel suo cervello processi che niente hanno a che fare con il sistema solare, ma corrispondono a processi al di fuori di tale sistema. È il remoto mondo dello Zodiaco.

 

 

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Nella meditazione profonda, peculiare è l’effetto della eliminazione dell’udito. Per questo occorre arrivare a tale astrazione che anche se vi è qualcosa di audibile nelle vicinanze non si oda.

 

Occorre imparare ad astrarsi volitivamente da quanto è udibile.

 

Il corpo fisico è il corpo dello spazio, il corpo eterico è il corpo del tempo.

 

Se il discepolo vuol condurre il corpo eterico ad animazione e liberazione, cosí come prima ha dovuto “sopprimere” la percezione dei sensi, deve gradualmente eliminare anche il pensiero ordinario, naturalmente in quanto lo possegga: egli deve eliminare il pensiero astratto e passare a poco a poco al pensiero concreto, essenziale, vivente. Egli deve passare dal “pensiero” al “pensare”, indi lasciar cadere anche questo. Egli tende a presentare al mondo spirituale la coscienza vuota: perciò lascia cadere i pensieri, sente come il pensare che vive in lui svanisca, e dilegui, per cosí dire, ciò che con i propri sforzi egli ha finora suscitato, come suo pensare: in compenso egli si sente meravigliosamente animato da pensieri che affluiscono in lui da mondi sconosciuti, che sono là per lui. È una fase di transizione della vita del­l’anima, che si può caratterizzare cosí:

 

L’uomo cessa di essere intelligente e comincia a diventare saggio. L’intelligenza che si elabora interiormente, per mezzo del giudizio, della sagacia, che è un bene terreno, svanisce. Si arriva soprattutto all’atteggiamento interiore di non tenerla in gran pregio: perché si sente gradatamente risplendere in noi una saggezza donataci dagli Dei. Di fronte a questa saggezza l’uomo diventa sempre piú modesto. Si può essere superbi soltanto della intelligenza umana o della sagacia egoicamente elaborata; ma dinanzi a questa saggezza donata dagli Dei, si sente gradualmente come affluisca nel corpo eterico, riempiendolo: tanto piú quanto piú si sia capaci di attuarne la possente impersonalità.

 

Si sente andar via la vita, ci si sente nuotar via con la corrente del tempo. La corrente della saggezza è tale che ci muove incontro: mentre noi in sostanza scorriamo, per cosí dire, con l’ordinario scorrere del tempo, essa si riversa in noi come una corrente opposta, e si sente tuttavia questo riversarsi in noi come una forza tessuta di tempo. Essa penetra nella testa e si riversa nel corpo, accolta in noi.

 

Saggezza

 

Allora non ci si sente piú nello spazio: si conosce l’ete­rico come un essere di tempo: si impara ad incontrare entità spirituali che ci muovono incontro come dall’altra parte del mondo, dall’avvenire, e ci donano saggezza. Ci si prepara ad accogliere tale saggezza, sviluppando il giusto atteggiamento riguardo all’avvenire: serenità di fronte a quel che esso ci reca e perciò dinanzi ad ogni nuova esperienza. Ciò non è possibile se si muove incontro alle esperienze con antipatia o simpatia, se non si ama il proprio Karma, o non si sia in accordo con esso.

 

 

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L’intelligenza umana ha un valore relativo, sebbene sul piano fisico la si debba portare con noi per quanto piú è possibile, quando si intenda percorrere la via ai mondi superiori. Se si vogliono acquisire sensi superiori sani, occorre prendere le mosse da una sana facoltà di giudizio; ma questa deve trasformarsi, per la contemplazione superiore, in facoltà di visione.

 

Ciò che è sorto prima dal nostro giudizio e dalla nostra conoscenza viene da noi stessi: ciò che viene dopo è come affluito in noi, ci è venuto incontro, ci è stato concesso. L’intelligenza deve cedere alla saggezza, che fluisce per virtú di dedizione alla corrente che ci muove incontro dall’avvenire. Si edifica la coscienza nel sentire sempre piú: «Non io suscito i pensieri, ma i pensieri pensano se stessi in me».

 

Dal pensiero piú semplice può fluire la piú alta forza d’impersonalità, se ci si apre alla forza mediante la quale viene formato.

 

Ma tale forza sarà sempre impedita dalla retorica spirituale, dal discorso spirituale in cui si immette la propria persona e la propria necessità di esprimersi per valere. Occorre aver cara la rettitudine nel sapere e nel conoscere, come nel parlare dello spirito: che non è il discorso forbito e logico, non è la dialettica, né la tensione oratoria, né lo sforzo egoico della espressione. Ogni volta che si tenda a persuadere altri, si fa violenza alla sua libertà; ogni volta che si creda di far passare lo spirito nel proprio discorso, per il discorso, si abbassa il livello dello spirito: vengono perdute le forze.

 

 

Massimo Scaligero (1. continua)