La Rocca di San Leo e il Conte di Cagliostro

Siti e miti

La Rocca di San Leo e il Conte di Cagliostro

San Leo

 

Nella media valle del Marecchia, al centro del Montefeltro, su un masso imponente di forma romboidale sorge San Leo.

 

La straordinaria conformazione naturale del luogo ne ha determinato, già fin nella preisto­ria, la doppia realtà di fortezza munita per natu­ra e di altura inaccessibile sacra alla divinità.

 

L’antico nome era Mons Feretrius ed è lega­to ad un importante insediamento romano, do­cumentato fin dal terzo secolo, sorto intorno ad un tempio consacrato a Giove Feretrio.

 

Sul finire del terzo secolo giunsero dalla Dalmazia San Leone e San Marino, che diffu­sero il cristianesimo nel Montefeltro e sembra che il nome del luogo, San Leo, abbia preso origine da questo Leone; San Marino darà il nome invece alla vicina Rocca del Titano, l’attuale San Marino.

 

Nel 538 Vitige, re dei Goti, vi collocò un presidio, e a distanza di pochi anni l’intera regione fu occupata dai  Longobardi a cui la sottrasse, nel 752, Pipino re dei Franchi, che la donò alla Chiesa.

 

Passano i secoli e tra alterne vicende si affaccia ai primi del mille la dinastia dei Montefeltro, discendenti dai conti di Carpegna.

 

L’8 maggio 1213, durante l’occasione di una investitura a cavaliere di un membro della casata, vi è ospite Francesco d’Assisi; il conte Orlando de Cattani, signore della Rocca di Chiusi nel Casen­tino, ospite dei Montefeltro, rimase talmente impressionato dalle parole del Santo che gli donò il Monte della Verna, luogo adatto alla riflessione e alla contemplazione, dove Francesco ricevette le Sacre Stimmate.

 

Nel 1226 i Montefeltro acquisiscono la signoria di Urbino col titolo di Duchi, e la tradizione vuole che anche Dante visitasse San Leo nei primi anni del trecento, mentre era ospite del condot­tiero Uguccione della Faggiola di Casteldelci.

 

Dante ricorda San Leo nella Divina Commedia, nel quarto canto del Purgatorio:

 

Vassi in Sanleo

e discendesi in Noli,

montasi su ’n Bismantova

in cacume

con esso i piè;  ma qui

convien ch’om voli.

 

San Leo, e tutto il Montefeltro fino ad Urbino, entrò nelle mire espansionistiche della Chiesa che con Cesare Borgia, il duca Valentino, sostenuto da papa Alessandro VI, costringe alla fuga Guidobaldo da Montefeltro e conquista la Rocca, grazie anche al tradimento dei luogotenenti del Duca di Urbino. Nell’ottobre dello stesso anno però i fedeli sudditi dei Montefeltro cacciano il Valentino e ripristinano una situazione di legittimità.

 

Alla morte di Guidobaldo, nel 1508, il casato si estinse e dopo una parentesi di governo di Francesco Maria I Della Rovere, nel 1516 Lorenzo de’ Medici di Firenze occupa San Leo dopo mesi di dure lotte.

 

Dopo un periodo di dominio dei fiorentini, vi è il ritorno dei Della Rovere, con Francesco Maria II, e alla sua morte nel 1631, in mancanza di discendenti maschi, il Ducato viene devoluto al dominio diretto della Chiesa, la quale lo tenne, con alterne vicende, fino al 1860, utilizzando San Leo come sede di una guarnigione e la Fortezza come prigione, nelle cui anguste celle furono imprigionati liberi pensatori come Cagliostro, e patrioti risorgimentali dei quali tra i piú celebri fu Felice Orsini.

 

Pochi personaggi ebbero la propria vita ammantata di mito e leggenda come Alessandro Conte di Cagliostro. Lasciò un gran numero di opere che andarono perdute o che sono conservate negli Archivi Vaticani, ma non sono disponibili per la consultazione.

 

Il conte di Cagliostro

Il conte di Cagliostro

 

Venne, e spesso viene tuttora, confuso ad arte con il lestofante siciliano, Giuseppe Balsamo, truffatore abile e ingegnoso, capace di vivere alla giornata grazie alle sue trovate, che del vero conte di Cagliostro aveva usurpato il nome. La sovrapposizione delle due personalità fu perpetrata dalla Curia vaticana ai danni dell’auten­tico Cagliostro, l’Iniziato da loro osteggiato per i suoi poteri tauma­turgici, il suo profondo sapere, le grandi conoscenze esoteriche, e divenuto famoso a tal punto da caratterizzare un’epoca.

 

Il Pentagramma

Il Pentagramma

 

Nel volume Natura e scopi della Massoneria (O.O. N° 93), nella conferenza tenuta a Berlino il 16 dicembre 1904, cosí si esprime Rudolf Steiner: «Occorre ora che illustri, seppur solo per accenni, le varie correnti della massoneria e le loro tendenze. In­nanzi tutto bisogna considerare come la massoneria degli alti gradi ci riconduca a una personalità molto nota ma anche molto fraintesa, soprattutto dagli storici del secolo diciannovesimo, che non avevano alcuna idea delle difficili situazioni in cui può trovarsi a vi­vere un occultista. Si tratta del misconosciuto Cagliostro, il cosiddetto conte di Cagliostro, sotto il cui nome si celava un’individualità nota nella sua vera essenza solo ai piú alti Iniziati. Egli tentò di portare innanzitutto la massoneria londinese a un nuovo livello, infatti nell’ultimo trentennio del diciottesimo secolo essa si trovava nella situazione che ho descritto in precedenza. A Londra però non vi riuscí. Riprovò in Russia e all’Aia. Ovunque fallí per cause ben precise. Infine a Lione, all’interno di un gruppo massonico del luogo, riuscí a fondare una loggia neoplatonica con un contenuto occulto, loggia che venne chiamata “della Saggezza Trion­fante”. Cagliostro indicò lo scopo di tale loggia, ma quel che ne pos­siamo leggere fu scritto da persone che non erano in grado di com­prenderlo; d’altra parte se ne può parlare solo per accenni. Cagliostro si proponeva un duplice scopo: il primo era di insegnare a fabbricare la cosiddetta Pietra Filosofale; il secondo era di aprire alla comprensione del Pentagramma Mistico. Ora posso solo accennare al significato di tali cose. Si può ironizzare su tutto ciò, eppure non vanno prese solo in senso simbolico, perché hanno fondamenti reali.

 

La Pietra Filosofale ha uno scopo preciso, indicato da Cagliostro: dovrebbe prolungare la vita umana a 5.527 anni, e questo ad un libero pensatore può apparire assurdo. Tuttavia è in realtà possibile, grazie ad una particolare disciplina, pro­lungare la vita all’infinito imparando a non vivere piú nel proprio corpo fisico. Sarebbe però un errore immaginare che gli adepti non vengano toccati dalla morte nel senso usuale della parola. Sbaglia anche chi crede che un adepto non possa venir colpito da un mattone e morire. Questo potrebbe accadere, però solo se l’adepto lo volesse. Non si tratta di una morte fisica ma di qualcos’altro che ora vedremo.

 

Per chi abbia raggiunto la conoscenza della Pietra Filosofale e sia capace di produrla, la morte rappresenta solo un evento apparente. Per tutti gli altri è invece un avvenimento reale che determina un capitolo importante nella loro vita. Per chi sia in grado di usare la Pietra Filosofale nel modo che Cagliostro cercava di insegnare ai suoi discepoli, la morte è un evento apparente che nella vita non ha neppure un significato molto profondo, qualcosa che esiste solo per gli altri, i quali, osservando l’adepto, affermano che è morto.

 

Egli in realtà non muore affatto, perché ha imparato soprattutto a non vivere nel proprio corpo fisico, a lasciare che avvenissero gradualmente durante la vita quei processi che nel momento della morte si presentano all’improvviso. Nel suo corpo è già avvenuto tutto quel che normalmente giunge a compimento nella morte. La morte non è allora piú possibile, perché egli ha imparato da lungo tempo a vivere senza il corpo fisico e lo depone come una sorta di mantello, indossando un nuovo corpo come si indossa un nuovo mantello. Di tutto ciò ci si può fare almeno un’idea. Questa era una delle cose che Cagliostro tramandò attraverso l’insegnamento della Pietra Filosofale: sminuire la morte fisica a evento insignificante.

 

Il secondo insegnamento era la conoscenza del Pentagramma, la facoltà cioè di distinguere uno dall’altro i cinque corpi dell’uomo. Quando si parla di corpo fisico, corpo eterico, corpo astrale, del kama-manas, o corpo spirituale e del corpo causale sono solo parole o al massimo concetti astratti con cui non si arriva a nulla. L’uomo attuale in genere conosce a malapena il corpo fisico; solo con la conoscenza del Pentagramma si ha quella dei cinque corpi. Non si conosce un corpo vivendoci dentro ma solo avendolo come oggetto. Chi è passato attraverso quella scuola si distingue dalle persone comuni perché per lui i cinque corpi sono diventati oggetto. Anche l’uomo comune vive in questi cinque corpi; egli però ci vive dentro e non può uscirne per osservarli, può al massimo osservare il proprio corpo fisico guardandosi o vedendolo allo specchio.

 

Pentagramma umano

 

I discepoli di Cagliostro, seguendo in modo corretto il suo me­todo, avrebbero raggiunto quel che veniva conseguito da alcuni Rosacroce, la cui scuola in fondo aveva la medesima tendenza. La scuola di grandi adepti europei conduceva a un punto in cui i cinque corpi divenivano realtà, non semplici concetti: si tratta di quel che viene definito “Conoscenza del Penta­gramma” e “Nuova Nascita Morale”. Non voglio dire che i discepoli di Cagliostro non riuscissero in nulla: in generale riuscivano a cogliere il corpo astrale. Cagliostro aveva il dono straordinario di suscitare in loro la visione del corpo astrale. Molto prima che la catastrofe si abbattesse su di lui egli riuscí a fondare, oltre che a Lione, anche a Parigi, in Belgio, a Pietroburgo e in alcune altre località europee, scuole dalle quali piú tardi uscirono almeno alcune persone che avevano le basi per arrivare fino al 18°, 19°, 20° grado della massoneria. Prima di finire i suoi giorni in un carcere romano, Cagliostro esercitò dunque un significativo influsso sulla massoneria occulta europea. Il mondo non poteva in fondo giudicare Cagliostro. Ho già detto che di solito quando la gente parla di Cagliostro è come quando un ottentotto africano parla di una ferrovia sopraelevata, perché non ci si rende conto di quale sia il nesso fra fatti esteriori, apparentemente immorali, ed eventi cosmici. Abbiamo già preso in considerazione come la rivoluzione francese fosse nata dalle riunioni segrete degli occultisti e come ripercorrendo quelle correnti si potrebbe arrivare alle scuole degli adepti».

 

La cella di Cagliostro nella prigione di San Leo

La cella di Cagliostro nella prigione di San Leo

 

Qui termina lo Steiner, per completezza riporto integralmente anche il passo di Massimo Scaligero che si riferisce a Cagliostro, è tratto dal suo libro Kundalini d’Occidente, al capitolo “Luce-Folgore del Logos”: «Il massimo potere interiore dell’uomo si realizza nella sua capacità di redimere l’imagina­zione legata all’eros. Egli può aver raggiunto individualmente tale possibilità, ma di continuo, proprio per questo, gli viene incontro la brama di crea­ture attirate irresistibilmente dalla sua vuota po­tenza, o assetate psichicamente della purità re­dentrice, di cui sentono l’angelicità, che però sono portate a corrompere. Nell’uno o nell’altro caso, si verifica un attacco delle profonde forze lunari dell’eros contro il nascente ricamo delle forze solari che si svolge nella testa. Questo at­tacco è continuo. Quando Cagliostro ne venne inaspettatamente sopraffatto, fallí di colpo il potere della sua missione spirituale, e la Rivoluzione francese, che doveva porre le basi della Tripartizione del­l’organismo sociale, secondo i princípi di Libertà (sfera spirituale), Uguaglianza (sfera giuridica), Fraternità (sfera economica), di cui sono portatori i Rosacroce, degenerò in una demoniaca orgia di sangue. I Rosacroce si allontanarono allora, temporaneamente, dalla scena: la loro azione ricomincia con la nascita di Rudolf Steiner».

 

Ho voluto riportare su Cagliostro ciò che Maestri come Rudolf Steiner e Massimo Scaligero hanno detto di lui, ritenendoli i piú autorevoli come Iniziati e ben oltre, rispetto alla gran quantità di scritti e biografie circolanti su di lui. Un valido contributo a comprendere la figura del Conte di Caglio­stro è il volume Il Maestro sconosciuto, Cagliostro,  di Marc Haven (Emmanuel Lalande), dell’Editrice Cambiamenti (link: www.cambiamenti.com/cagliostro.htm). Resta il fascino e il mistero di questo personaggio che attraversò come meteora splen­dente il Settecento.

 

 

Sigillo di Cagliostro

Il sigillo di Cagliostro

 

La verità su di me

non verrà mai scritta,

perché nessuno

la conosce.

Io non sono

di nessuna epoca

e di nessun luogo,

al di fuori del tempo

e dello spazio,

il mio essere  spirituale

vive la sua

eterna esistenza

e se mi immergo

nel mio pensiero,

rifacendo

il corso degli anni,

se proietto  il mio Spirito

verso un modo  di vivere

lontano da colui

che voi percepite,

io divento colui

che desidero.

Io sono colui

che è. 

Tutti gli uomini

mi sono fratelli,

tutti i paesi

mi sono cari,

io li percorro  ovunque,

affinché lo Spirito

possa discendere

e venire verso noi…

Io sono Cagliostro.

 

 

Davide Testa