Il francese René Huyghe (1906-1997), scrittore e curatore del dipartimento di pittura del Museo del Louvre, nel 1939 scrisse: «L’arte è per la storia della comunità umana ciò che il sogno di un uomo è per lo psichiatra». Il sogno che oggi abbiamo la possibilità di contemplare, osservando quella che da molti viene ritenuta arte ai nostri giorni, non può che condurci ad una precisa diagnosi: la comunità umana è seriamente ammalata.
Siamo sprofondati sempre piú nella materia e questo ci ha allontananti dalla comprensione delle vere opere d’arte, quelle in cui non dobbiamo solamente ammirare la valenza artigianale dell’esecutore, ma entrare in contatto con il contenuto spirituale dell’opera stessa.
So che non si dovrebbe criticare l’operato degli altri, ma credo che sia necessario evidenziare il fatto che l’umanità stia ormai da troppo tempo scivolando sempre piú in basso: non resta che sperare in un risveglio ed in un’inversione di rotta che ci riporti al giusto livello. Quindi ecco una sintetica panoramica del disastro, ben sapendo che sull’argomento si potrebbe scrivere un libro, come ha fatto l’accademico di Francia Jean Clair (Critica della modernità, ed. Allemandi, 1984).
Nel 1917, Marcel Duchamp prese un orinatoio, lo firmò “R. Mutt” e affermò che era un’opera d’arte intitolata “Fontana”.
Nel 2016, quasi cento anni dopo, l’italiano Maurizio Cattelan espose un wc d’oro chiamato “America” al Guggenheim Museum di New York. Il water, valutato 5,5 milioni di euro, era funzionante ed aveva sostituito una tazza in ceramica di uno dei bagni del museo, offrendo ai visitatori «l’opportunità unica e intima di ritrovarsi faccia a faccia con l’arte», come spiegarono i dotti curatori.
Ma già nel 1961, con altrettanta profonda sensibilità artistica, Piero Manzoni aveva realizzato i celebri barattoli di “Merda d’artista” (scusate) oggi ammirabili in numerosi musei del mondo e gelosamente custoditi in tante collezioni private. Chissà se, come mi diceva anni fa il noto storico dell’arte Mario De Micheli, è mai stata fatta una perizia sull’originalità del contenuto dei barattoli…
Eravamo tutti in trepidante attesa dell’asta di Sotheby’s New York poiché una delle tre edizioni di “Comedian”, sempre di Cattelan, veniva messa in vendita ad un prezzo base di 1-1,5 milioni di dollari: venduta a 6,2 milioni! Dimenticavo di dire che l’opera è costituita da una banana attaccata al muro con nastro adesivo. La casa d’aste ha dichiarato che sono inclusi nella vendita un singolo frutto ed un rotolo di nastro adesivo, mentre per l’esposizione la banana è stata acquistata nel banco del fruttivendolo fuori dalla sede di York Avenue. L’opera sarà esposta anche a Londra, Parigi, Milano, Hong Kong, Dubai, Taipei, Tokyo e Los Angeles. Quando nel 2019 venne presentata per la prima volta nello stand del gallerista francese Perrotin ad “Art Basel Miami Beach”, la folla si mise in coda per ammirarla. Pertanto se prendete il cestino della frutta, abbiate un po’ di rispetto per la banana: potrebbe valere dieci volte il valore del vostro appartamento!
Nel 2001 Martin Creed ha vinto il celebre “Turner Prize” a Londra accendendo e spegnendo ritmicamente la luce di una stanza poiché, per sua stessa ammissione, non sapeva cosa altro fare.
E Tracey Emin riuscí a vendere il suo letto disfatto per 3,8 milioni di dollari. Lo so che non è elegante parlare di soldi, ma serve a rendere l’idea. Lo specialista di Christie’s, Francesco Outred, ha affermato che questo “The Bed” è tra le piú importanti opere d’arte britanniche del nostro secolo, poiché «ha trasformato il modo in cui il pubblico guarda e si confronta con l’arte contemporanea».
Che dire poi della commovente rana verde crocifissa, con tanto di boccale di birra in mano, di Martin Kippenberger? E del Crocifisso immerso in un vaso trasparente pieno di orina e poi fotografato da Andrés Serrano ed intitolato “Piss Christ”?
Ma l’apice forse venne raggiunto nel 1958 da Yves Klein alla Galleria “Iris Clert” di Parigi, con la mostra intitolata “Le vid” (il vuoto) esponendo assolutamente nulla, suscitando l’ammirazione del pubblico in adorazione.
Sono poi celebri i cumuli di caramelle del cubano Felix Gonzales-Torres, accatastati in un angolo o sparsi sul pavimento. Un curatore di Sotheby’s scrisse: «Come l’Eucarestia è una simbolica ingestione del corpo di Cristo, cosí mangiare una delle caramelle di Gonzalez-Torres equivale a un’esperienza religiosa, perfino estatica». Valore circa 7,7 milioni di dollari.
L’ultima conquista dell’arte è invece l’opera di un robot umanoide, il ritratto del matematico Alan Turing, che è stata venduta da Sotheby’s per 1,2 milioni di euro. L’“artista” si chiama Ai-Da ed è un robot mosso da algoritmi di intelligenza artificiale.
E potrei continuare per ore…
Il fatto per me sconcertante non è che esistano alcuni miliardari disposti a spendere cifre folli per opere del genere, ma che ormai moltissimi, troppi, si siano adeguati ammirando ciò che va di moda facendo finta di capire qualcosa laddove non c’è nulla da capire.
Ogni tanto però qualcuno si sveglia, imitando il bambino della fiaba di Hans Christian Andersen intitolata “I vestiti nuovi dell’imperatore”, meglio conosciuta come “Il Re nudo”: ad esempio il già citato Jean Clair. Molti anni fa un mio amico noto critico, Giorgio Mascherpa, recensendo un’edizione della Biennale di Venezia affermò che laddove non vi era la ricerca dello scandalo si trovava «stupidità, gratuità, demenzialità, banalità».
A proposito di Biennale veneziana un altro amico, Philippe Daverio, dopo trent’anni dal film di Alberto Sordi “Le vacanze intelligenti” (1978), visitò le stesse sale per la sua trasmissione Rai “Passepartout” del 2011 constatando che non era cambiato nulla: sperimentò infatti il medesimo stupore dell’attore romano di fronte ad opere incomprensibili.
Ma cosa dovrebbe essere quindi l’arte, quella vera?
Rudolf Steiner (in Vita da morte a nuova nascita, ed. Antroposofica, O.O. N° 141) racconta di quando andò a visitare la Cappella Medicea della Sagrestia nuova di San Lorenzo a Firenze, restando profondamente colpito dalle quattro sculture michelangiolesche del Giorno, la Notte, il Crepuscolo e l’Aurora, poste sui sarcofagi dei due condottieri Lorenzo e Giuliano de’ Medici. Il Maestro dei Nuovi Tempi affermò di essere rimasto sorpreso dal fatto che Michelangelo scolpí nel marmo esattamente le posizioni che assumerebbero il corpo eterico (la Notte), l’Io (il Giorno), il corpo fisico (il Crepuscolo) e l’astrale (l’Aurora), qualora si rendessero in un certo senso autonomi dagli altri tre “corpi”.
Molti studiosi criticarono Michelangelo per l’innaturale posizione che aveva scelto per il nudo femminile de la Notte, affermando che nessuno poteva dormire in quel modo. Steiner invece rilevò come quella posizione fosse esattamente quella che assume il corpo eterico in quella particolare condizione.
L’opera d’arte pertanto dovrebbe essere una sorta di “porta regale”, parafrasando il titolo di un celebre libro di Pavel Florenskij: cioè una porta spalancata sul mondo del sovrasensibile, sull’universo divino-spirituale percepibile solamente dai chiaroveggenti.
E ancora Rudolf Steiner scrisse (in La missione universale dell’arte, ed. Antroposofica, O.O. N° 276): «La vera arte deve da un lato portare la vita divino-spirituale sulla Terra e dall’altro strutturare la vita fisico-terrena in modo che nelle sue forme, nei suoi colori, nelle sue parole e nei suoi suoni appaia la sfera extraterrena in una manifestazione terrena».
Carmelo Nino Trovato