Molti si sentono spinti a cercare un cammino esoterico perché si sentono chiamati come da una missione. Forse, chissà da quale precedente vita terrena, sentono il richiamo verso un destino grandioso. Molto spesso credono di essere spinti da una qualche entità spirituale a intraprendere esercizi occulti che possano illuminarli e in questo non sono molto lontani dalla verità. Però, l’impeto dell’esoterismo troppo spesso nasconde la piú banale voglia di trovare in esso una consolazione ai molti disagi dell’esistenza.
Soprattutto durante periodi di crisi gli esseri umani si sono sempre rivolti alla ricerca, nella speranza che una scoperta potesse consolarli. L’acme dei culti sincretici e delle proliferazioni simil-misteriche ad Alessandria avvenne proprio in quei momenti di sconvolgimento degli equilibri, come i tempi che seguirono il 333 a.C.; e a Costantinopoli, fiorirono credenze magiche e pratiche cerimoniali proprio dopo l’invasione musulmana dell’Egitto.
L’esoterismo fu, anche negli ultimi due secoli, un porto per tutti coloro che si sentivano sbandati e che avevano sete di risanamento. Paradossalmente, ciò che l’esoterismo di quei tempi poteva offrire non faceva che esacerbare la condizione di squilibrio, offrendo un mondo di fantasmi, di illusioni delicatissime, dallo spiritismo di Kardec alla medianità delle logge piú o meno ritualiste.
Esistevano tuttavia delle forme esoteriche che incarnavano una essenza metafisica elevata: queste correnti erano però una vena nascosta del Logos. Come spesso accade, vediamo solo l’apparenza, confondendo l’espressione storica con la realtà esistente nei mondi spirituali.
Quella che può oggi essere una conoscenza liberatrice, corre il grave rischio di diventare una forza dell’Ostacolo, se assunta con falsi presupposti. Ci si potrebbe spingere a dire che oggi l’uomo non dovrebbe cercare l’esoterismo e persino neppure l’antroposofia, ovvero non dovrebbe seguire l’antico impulso di bramare una via che possa fornirgli ciò che non ha, poiché in realtà lo ha, anche senza via, e in questo sta sia l’errore che la soluzione.
Come diceva Meister Eckhart: «Chi cerca Dio in un modo, trova il modo e perde Dio».
Ora l’umano è stato investito dalla Forza trasmutatrice: va incontrata quella Forza, quell’Essere Solare. Qui punta la via, senza rovesciamento di prospettiva. L’uomo ha da diventare libero.
È cosí breve il passo contrario: abdicare alla scoperta che quella Forza ci abita, che è umano-terrestre, che rivela che il Sole ha compenetrato la Terra. Allora ha senso un metodo, un ‘modo’ che non cerchiamo, che non vogliamo, che non ci interessa affatto.
A che giova sognare la successione di antichi universi che da saturnii stati pre-interiori si sono riversati dalla vita di Gerarchie cosmiche alla personalità dell’uomo? A che serve fuggire dalle sofferenze della propria vita perdendosi in un regno luciferico pieno di nozioni affascinanti? L’Iniziazione è la morte e l’Iniziato deve reggere la vista del Guardiano. Questa è la realtà.
Qualcuno potrebbe obiettare che il Dottore sempre suggerí di sviluppare sensi superiori per percepire i mondi spirituali. Sí, nessuno negherà che l’uomo odierno può tornare alla percezione diretta della spirituale e che suo compito è la riconnessione con quella realtà, ma l’elemento essenziale di questo processo è che la riconnessione venga attuata con quella parte del mondo spirituale che può aiutare il nostro karma. Se il ritorno allo Spirito non avviene tramite il Cristo non servirà a nulla. «Io sono la Via, la Verità, la Vita. Nessuno va al Padre se non per mezzo mio» (Gv 14,6).
Per accedere a questo Mistero sarà necessaria una integrale immersione nel terrestre, e l’uomo dovrà affrontare la mineralità col massimo della risolutezza. Il problema è che nel terrestre vi sono anche forze devianti molto potenti. Ahrimane afferra immediatamente chiunque tenta l’immersione nel terrestre e questo è inevitabile. I bisogni materiali, specialmente economici, ne sono una dimostrazione concreta. Chi però voglia assumere il cammino in modo da distaccarsi dal proprio compito terreno cadrebbe tra le braccia di Lucifero. Entrambi sono necessari all’evoluzione e l’Arte è equilibrarli l’uno con l’altro.
Per incontrare il Cristo è necessario mantenere intatto un elemento virginale dell’anima che permane come disposizione originale e che può andare corrompendosi proprio col continuo confronto col male. Questo elemento puro è ciò che di edenico è rimasto come ciò che di intatto e adamitico è stato perduto dalla seduzione luciferica e può essere ritrovato grazie all’azione del Cristo.
L’entità Solare dovette assumere una natura umana per unirsi alla Terra e questo Evento ci concede la possibilità di ritrovare quell’elemento puro, quell’Adamo in noi.
Il Natale dovrebbe ricordarci che nelle profondità della Terra è la massima spiritualità, e che possiamo aspirare ad essa solo tornando bambini come il puro fanciullo di Luca.
Il simbolo della grotta evoca tutte le forze della mineralità e ci mostra come la limpidezza adamitica vi nasca all’interno, partorita dalla Iside Sophia.
Questo Natale contempliamo l’immagine della Vergine Sophia, come Anima produttrice dell’elemento edenico, seme che il Cristo seminatore è venuto a coltivare, dopo la Caduta.
Lucifero preparò l’azione di Ahrimane, dando all’uomo la libertà e immergendolo nella vita sensibile anzitempo. Adesso, alle soglie di una nuova èra, dobbiamo assumerci la responsabilità di accettare il compito sensibile terrestre e avere la forza di non fuggire dall’incontro con lo Spirito della Terra. È proprio questa l’entità che Faust evoca all’inizio dell’opera, nel suo studio. Senza saperlo questi era il Cristo, che appare con spoglie insopportabili alla vista, come un Grande Guardiano che non può esser visto nel suo vero volto luminoso se prima non si risolve la tenebra interiore: il Piccolo Guardiano.
Nessun esoterismo potrà risparmiare anche solo un’unghia del peso karmico che dobbiamo sopportare. Si può dare un nuovo corso agli eventi, con capacità magica, solo se come condizione si accetta il karma. Ecco perché il Cristo è detto Signore del Karma.
Allora è possibile anche il miracolo, a condizione che si assuma la croce della propria responsabilità terrena. Il compito è però silenzioso, senza sbandieramenti né pubblicità. La missione assume le vesti della non-missione e il linguaggio della rivelazione è il nascondimento.
Tutti iniziano per spinta luciferica: si deve avere il coraggio michaelita di abbandonare ogni velleità spiritualistica e abbracciare la propria tenebra. In questo gli esercizi donatici dai Maestri sono un grande aiuto, ma dovrebbero essere eseguiti con dedizione e spersonalizzazione.
Uno dei sensi di Filosofia della Libertà è proprio quello di indicare un metodo in cui i fini umani non sono predeterminati; l’immersione nel terrestre li rivelerà, non le visioni spirituali.
Per chi è pronto, la percezione spirituale si schiuderà, ma a patto che sia d’ausilio a ciò che conta, non che questo sia asservito ad una presunta capacità, invero inutile se non serve a spiritualizzare la Terra. Confrontarsi col male terrestre ed equilibrare le forze telluriche con quelle celesti è già il lavoro di una vita. La Concentrazione in questo senso è un atto cardiaco, profondo, che non ha niente a che fare con noi, con la nostra personalità, e andrebbe praticata oltre ciò che siamo, perché fecondi ciò che siamo.
Gli eventi che infatti viviamo quotidianamente sono già il frutto di un passato lavoro che abbiamo svolto in precedenti incarnazioni: frutto che va colto nella sua interezza, e qui non è capzioso ricordare la massima per cui l’Iniziato è colui che si prende la tegola in testa, non colui che ha letto tutti i cicli del Dottore.
Cerchiamo anche noi di lavorare per il Cristo, senza farci distrarre dalla mole di luccichii che ci distraggono dal compito terreno, quello vero, che è incontrare il Logos. La prima forma in cui lo si incontra però è la vita stessa nella sua sequela di eventi, come linguaggio karmico. Perciò il primo àmbito di attuazione pratica dello spirituale è il lavoro, e in questo senso è fondamentale il karma della professione, che deve essere svolta con donazione di sé. Anche il karma del popolo, che si esprime nella famiglia, nella lingua, nelle tradizioni. Il lavoro vero inizia quando portiamo i frutti del lavoro spirituale nella vita pratica, quando fecondiamo la terra col sole.
Sarebbe importante parlare meno di argomenti esoterici e dedicarsi maggiormente all’assunzione cosciente del proprio karma, considerando che un operatore spirituale si assume anche il karma altrui, nelle maniere piú silenziose.
Perciò questo è l’invito che il Natale ci rivolge: che applichiamo il nostro volere sulla Terra, per trasformarla con la nostra vita e le nostre azioni, fecondati dalle alte forze spirituali che risplendono nei Cieli. Cosí risuona il canto degli Angeli la notte di Natale.
Ci dobbiamo preparare per essere degni di ricevere silenziosamente la voce dei mondi superiori, non per goderne o insuperbirci, ma per andare incontro al Logos negli eventi terreni, consci del fatto che ci siamo incarnati per esperire il mondo, non per fuggirlo. Che coloro che si sono incarnati con alti ideali possano trovare la forza di adempiere alla loro missione secondo la virtù dell’Ase silenzioso, figlio di Odino, che dovrà trafiggere il Lupo nell’ultimo giorno. Rivolgiamo durante queste festività un pensiero a coloro che quotidianamente affrontano con coraggio il proprio karma e lavorano per risolverlo, lottando, soffrendo pene segrete, per aiutare anche il karma altrui: sia questo dolore pagato con martirio rosso o bianco, con la morte o con la vita, purché la vita diventi segno umano della presenza del Logos e ognuno di noi possa ricordare che siamo figli del Cosmo e figli della Terra.
Italo d’Anghiere