Scrivere del Duomo di Monreale è innanzitutto scrivere di una terra, la Sicilia, carica di storia, arte, cultura e mito, una terra dove ogni angolo è da raccontare. Molto infatti è stato scritto e studiato delle civiltà che lí si sono susseguite nei millenni; terra di contraddizioni, di luci e ombre, terra di grandi personaggi, un’isola, e come tutte le isole con un suo vissuto a parte, non certo nell’isolamento, come poteva essere nelle isole del Nord dell’Europa, insomma crocevia di genti e culture dove ognuna ha lasciato un segno.
Uno di questi segni è il Duomo di Monreale, chiamato pure il “Tempio d’oro”, uno degli edifici sacri piú interessanti d’Italia. La sua costruzione ci porta al momento dell’apogeo della potenza del Regno normanno in Sicilia, al regno di Guglielmo II, e uno dei frutti piú significativi di questo momento è la fondazione del Duomo e il sorgere stesso della città di Monreale. Gli effetti della occupazione normanna sono immensi sotto tutti gli aspetti. La Sicilia viene recuperata all’area cristiano-occidentale, la riscossa dell’Occidente Cristiano ha inizio da qui.
Mentre prima il Mediterraneo era sotto il pieno controllo degli Arabi, adesso la Cristianità occidentale dispone di una testa di ponte sul Mediterraneo dove comincia a riaffermare il proprio influsso. Questa trasformazione cosí profonda della Sicilia non si opera con l’urto e la violenza, ma in modo equilibrato ed armonico per la mirabile capacità di assimilazione dimostrata dai Normanni.
Guglielmo II ricorre alla forza unificante della cultura nell’avviare il progetto della fondazione di un’Abbazia ricca e potente, costituita da un monastero con un meraviglioso chiostro, con annessa una chiesa di eccezionale valore e ricchezza che superi ogni precedente costruzione, e tale da lasciare attoniti i contemporanei e i posteri; cinge infine l’insieme di mura e torri sí da costituire una fortezza inespugnabile in una posizione di importanza strategica alle spalle della capitale. La creazione di Guglielmo II rappresenta il momento culminante e l’ultimo splendido atto di quella felice sintesi, attuata dai normanni in Sicilia, tra le componenti latino-occidentale, bizantino-orientale e arabo islamica.
Il Duomo e gli annessi sorgono accanto al Palazzo reale normanno, al centro di un parco di caccia creato da Ruggero II, in un contesto naturale che ne esaltava la maestosa imponenza, l’esecuzione dell’opera ebbe tempi assai rapidi che vanno, almeno per la parte strutturale, dal 1172 al 1176, con l’impiego di manodopera specializzata e di diversa estrazione, come può rilevarsi dalle molteplici componenti stilistiche che caratterizzano l’insieme. È da rilevare che maestranze arabe realizzarono le absidi a Oriente, verso cui è orientato il tempio, e proseguirono verso occidente con gli archi del presbiterio e poi con le murature sovrastanti gli archi della navata centrale, mentre maestranze latine realizzarono le torri e le murature esterne delle navate laterali e del presbiterio. Una fusione quindi armonica di stili e un lavoro comune improntato ad una reciproca stima e rispetto delle varie culture.
Sorge per prima l’Abbazia benedettina, dotata del magnifico chiostro, poi il Duomo, grandiosi simboli del potere e della magnificenza della monarchia normanna.
Secondo una leggenda, la Vergine avrebbe rivelato in sogno al giovane Sovrano, assopitosi ai piedi di un maestoso carrubo, l’esistenza in quel sito di un ricco tesoro, con l’impiego del quale, proprio in quel punto, egli avrebbe dovuto innalzare un tempio da dedicare a Lei.
Oggi solo il Duomo e il Chiostro si sono conservati quasi integralmente, e insieme alla coeva Cattedrale di Palermo sono le ultime creazioni del ciclo delle grandi costruzioni religiose del sec. XII in Sicilia.
Pur ispirandosi a modelli diversi, nordico-cluniacense quella di Palermo, latino-cassinese quella di Monreale, ambedue le costruzioni sono considerate il prodotto piú maturo di quel sincretismo stilistico che si manifestò in architettura come effetto di quell’armonia politica che governava le diverse culture etniche della società del Regno normanno di Sicilia.
Questa nuova architettura, che poi sarà detta arabo-normanna, o siculo-normanna, ha la sua piú profonda ispirazione nella volontà politica dei conquistatori normanni di far rientrare la Sicilia nell’area culturale latino-occidentale, sottraendola non solo all’Islam, ma anche all’influenza greco-bizantina, ancora notevole pur dopo tre secoli di dominazione araba.
Sono queste le premesse storico-politiche e culturali sulle quali si innesta il progetto assai ambizioso ed articolato del giovane re Guglielmo II: egli vuole superare, per splendore artistico, ogni altra opera della Sicilia normanna, come la Cappella Palatina di Palermo o il Duomo di Cefalú.
La morte prematura del Sovrano, avvenuta quando egli aveva appena trentasei anni, lascia incompleta la torre nord, la decorazione esterna della navata centrale ed il pavimento, la tentazione del completamento affiora di tanto in tanto lungo il corso dei secoli, ma quasi mai con esiti rilevanti.
Dare alcune indicazioni di quello che oggi il Duomo offre al visitatore sarà la conclusione di questo nostro viaggio.
La facciata, serrata da due torri, è preceduta da un portico sotto il quale si apre un magnifico portale in bronzo di Bonanno Pisano del 1186, detta “Porta del Paradiso”, con riquadri che illustrano scene del Vecchio e del Nuovo Testamento. Lungo il fianco sinistro si trova un altro portale in bronzo di Barisano da Trani del 1179.
L’interno, maestoso e fulgente, è di tipo basilicale a tre navate su colonne, in gran parte antiche e reggenti archi acuti con profondo presbiterio e tre absidi. Ma ciò che colpisce chi vi entra sono i mosaici sfolgoranti sulle pareti, eseguiti tra la fine del sec. XII e la metà del XIII, raffigurano il ciclo del Vecchio e del Nuovo Testamento e convergono nell’abside centrale con la grande figura del Cristo Pantocratore con sotto la Madonna in trono, Angeli, Apostoli e Santi.
Sopra il trono reale, un riquadro rappresenta Guglielmo I che offre il Duomo alla Vergine.
Nel lato destro del santuario trovano posto i sarcofagi in porfido di Guglielmo I e di Guglielmo II.
Sic transit gloria mundi…
Davide Testa