Negli anni Sessanta, Massimo Scaligero aveva fatto dattiloscrivere alcuni suoi Appunti sulla Via dei Rosacroce, e ne donava delle copie. Non essendo in un numero sufficiente di pagine per farne un libretto, sono rimasti finora nella loro veste originale, con le correzioni a mano fatte da Massimo, il quale quindi ha riveduto lo scritto. Crediamo opportuno, a distanza di tanto tempo, far conoscere questo illuminante testo a chi non ha avuto finora occasione di leggerlo. Dopo i tre capitoli dei mesi scorsi, proseguiamo con il quarto, che conclude la serie.
IV
Occorre avere la coscienza del senso relativo dell’essere. Non è sufficiente sapere che è Maya: occorre giungere a percepire mediante quali forze il rapporto della vita con il Mondo, con il Cosmo, con lo Spirito, appare Maya. Tale percezione si presenta come un ricordare l’elemento originario della vita. Questo è già in noi, ma ora soltanto si rivela e porta a stati di serenità, di calma sanatrice: esiste una certezza superiore, esiste una libertà piú alta. Lo spirito non si nasconde dietro la vita, ma parla attraverso essa: il suo linguaggio, non compreso, è Maya, compreso, è conoscenza liberatrice.
Ogni vera conoscenza è nata dal dolore, dall’angoscia. E se con i mezzi della Scienza dello Spirito si tenta di percorrere la via verso i Mondi Superiori, si potrà giungere a una mèta soltanto se si è passati attraverso il dolore. Senza aver sofferto, senza aver molto sofferto, ed essersi cosí liberati dell’elemento egoistico insito nel dolore, non si può accedere al Mondo Spirituale.
Abbiamo troppo poco il senso della realtà del Mondo Spirituale e delle Gerarchie: sarebbe sufficiente coltivare con serietà questo senso della realtà degli Esseri Spirituali, che operano nel mondo e nell’uomo, per procedere lungo la via dell’Iniziazione. Non vi è serio lavoro interiore che non colleghi con un mondo di Realtà e di Forza, che potranno essere presenti nell’anima attraverso ogni prova.
Che cosa significa liberarsi di ciò che il dolore ha di depressivo? Non rifiutare il dolore, non opporsi al dolore, ma azione interiore nel mezzo di esso: significa volgersi con tutte le forze interiori al senso ultimo di esso, a ciò che esso vuole realmente significare. Occorre essere conoscenti di qua dal dolore, liberare il sentimento di dolore dall’attaccamento personale. Siamo noi che rendiamo depressivo il dolore: il nostro egoismo. Il dolore deve essere liberato dalla morsa dell’egoismo. La sofferenza diviene cosí veicolo interno di affinamento.
Noi opprimiamo il sentire con il peso del nostro ego: da questo peso nasce la deformazione dei sentimenti. Il dolore diviene oscura forza che logora l’anima e il corpo. Forze di conoscenza debbono sollevare l’Io al di sopra di questa oscura, luciferica inclinazione. Occorre trarsi al di qua del sentire, perché i sentimenti sorgano come forze, immagini, percezioni, contatti con il Mondo Spirituale.
Gli uomini, nei tempi che sempre piú annunciano l’avvento di una ‘sub-natura’, debbono operare con dedizione e purezza, con volontà e ardimento: debbono evitare che le Guide dell’umanità trovino difficile o impossibile il rapporto con loro. Il dolore non risolto secondo conoscenza esige nuovo sacrificio, esige martirio. Il dolore va affrontato con serenità, con certezza assoluta della realtà del Mondo Spirituale. Occorre liberarsi della paura di soffrire: il coraggio è la via diretta verso lo Spirito. La viltà esige ancora oscuro soffrire, ancora sacrificio, martirio. In questa vicenda viene coinvolta anche la personalità piú alta, ogni Iniziato che percorra la via del Cristo.
Alludiamo ora a Christiano Rosenkreutz. Coloro che sanno come realmente stiano le cose con questa individualità, sanno anche che Christiano Rosenkreutz sarà il piú grande martire fra gli uomini, a prescindere dal Cristo, il quale ha sofferto come un Dio. E i dolori che lo renderanno il grande martire, nasceranno dal fatto che gli uomini tanto poco prendono la decisione di guardare intimamente nella propria anima per cercare la sempre piú sviluppantesi individualità e sottoporsi alla incomodità (derivante dal fatto) che la verità non viene presentata loro come su un vassoio, pronta; bensí bisogna conquistarla in un rovente tendere (aspirare), lottare e cercare, e che non possono venir poste altre esigenze nel nome di Colui che si indica come Christiano Rosenkreutz.
Occorre di continuo sollevare la vita da quella condizione di sordità, per cui si passa innanzi al mondo, alla natura e agli esseri senza riconoscerli. È come se ciò che vi è di piú prezioso, ciò che vi è per noi di piú desiderabile, ciò che è il valore finale dell’essere nostro, ci passasse vicino, e noi non ce ne avvedessimo, anzi lo respingessimo, per volgerci a miti o a fantasmi. Occorre attingere a quella fonte sacra della realtà, che è la conoscenza di sé: lasciare che i moti dell’anima parlino il loro linguaggio, che parli la sofferenza, che parli l’angoscia, l’oscuro gelo dell’anima. Questo ascoltare è sollevarsi ad una luce rischiaratrice, che fa cogliere la realtà di se stessi. Parla allora anche il Mondo, la Natura, la Vita. E se possiamo con la stessa trasparente liberata chiarità guardare il Mondo, la Natura, la Vita, allora troviamo noi stessi. Nelle cose raggiungiamo una radice nella quale riconosciamo noi stessi. È un sollevarsi a quel clima, per il quale si vive in libertà di fronte alla sfera delle emozioni e degli istinti e si ha per ogni soffrire, il suo coronamento, il suo senso: tutto chiede all’uomo che egli ritrovi se stesso, tutto lo esorta e lo incalza perché egli conosca se stesso. L’uomo deve cessare di smarrirsi in una semi-cosciente adesione alla visione del mondo sensibile, dimentico delle forze che operano in lui, degli enti che tramano nel suo esistere: non può usare della vita rinunciando a conoscere le sue basi, non può muoversi nella vita dell’anima rinunciando a conoscere la fonte di essa.
Se egli dice Io di se stesso, non può rassegnarsi ad avere questo poco piú che come una parola: già sarebbe qualcosa se egli potesse averne l’immagine. Il compito dell’autoconoscenza deriva dalla necessità che l’uomo sia l’Io che dice di essere. L’uomo si comporta come il padrone di una bellissima casa e che viva fuori di essa, in un gradino fuori della porta, soffrendo gelo e caldo, pur affermando di essere il padrone di casa. Eppure tutto insiste, attraverso eventi di ogni giorno, attraverso angoscia, dolore e illuminazione, tutto insiste perché l’uomo si conosca come Io.
«…Se si potesse afferrare l’Io e porselo davanti come il mondo esteriore fisico o se si volesse parimenti ricercare quanto è attorno all’Io, questa Um-gebung, dalla quale l’Io altrettanto dipende quanto il corpo umano da tutto ciò che viene visto mediante gli occhi e percepito mediante i sensi, come si ha questa Um-gebung nel mondo fisico, nelle nuvole, negli alberi, nei monti ecc.; oppure come il corpo fisico dipende dai suoi mezzi di nutrizione, allora si giungerebbe ad una caratteristica cosmica, ad un quadro cosmico, ancora oggi, in cui parimenti impregnata e contenuta è la nostra antica Um-gebung (ambiente) invisibilmente cacciata dentro ; e ciò è parimenti collegato con il quadro cosmico dell’antico Saturno». Ciò significa: chi vuol conoscere l’Io nel suo mondo, costui deve potersi porre dinanzi agli occhi un mondo, quale era l’antico Saturno. Questo mondo è coperto, è un mondo supersensibile per l’uomo. Al grado attuale della sua evoluzione l’uomo non lo potrebbe sopportare. Gli è occultato grazie al Guardiano della Soglia. Si tratta di una visione a cui occorre prima abituarsi. È necessario giungere ad una rappresentazione, a tutta prima, che occorre per giungere a sperimentare un siffatto quadro cosmico, come qualcosa di reale (concreto, operante). «Quanto percepite con i sensi, dovete cacciarlo con il pensiero ed egualmente escludere con il pensiero il vostro mondo interiore, in quanto questo stesso consiste dei modi abituali di sentimento (stati d’animo). Ulteriormente l’uomo dovrebbe cancellare quanto possiede nel mondo in fatto di rappresentazioni. Quindi dal mondo esteriore dovreste togliere quanto i sensi possono percepire e, dall’interno, tutto quanto sia moto di sentimento, rappresentazione.
«Se di fronte a tale disposizione d’animo ci si volesse fare un concetto, quando si afferri realmente il pensiero, “tutto ciò sia pur cancellato, ma l’Uomo resti ancora”, allora altrimenti non ci si può dire che “conviene che l’Uomo impari a poter provare Orrore, Paura di fronte al Vuoto infinito che ci si fa (su), attorno”. Bisogna che si possa parimenti provare il proprio “ambiente” completamente saturo e colorito di quanto intorno a noi da tutti i lati suscita Orrore, Spavento, e occorre contemporaneamente essere in condizione di superare questa paura mediante fermezza interiore e sicurezza del proprio essere (Wesen – ente realtà). Senza queste due condizioni di Spirito – Orrore e Spavento di fronte al Vuoto infinito dell’Essere (Dasein) – non si può sperimentare alcuna impressione di quanto sta alla base del nostro essere (Dasein) come Essere-Saturno.
«Per afferrare quanto sta alla base del mondo non basta parlarne in concetti e farsene idee; piú necessario è bensí poter evocare ‘ciò che si sente’ (Empfinden) di fronte all’Infinito Vuoto dell’antico Essere-Saturno: l’animo allora afferra, anche se solo ne possiede il sospetto, il sentimento del Raccapriccio (Schaudern). È qualcosa che può essere paragonato con l’orrore del vuoto che si prova su una parete a picco in alta montagna: si tratta di una condizione di vertigine che non può essere messa da parte e che ha una ragion d’essere: non può essere negata o ignorata.
«Ora, vi sono due possibilità per l’uomo attuale: una sicura è l’aver compreso gli evangeli ed essersi aperto alla forza che emana dal Mistero del Golgotha. Chi si regoli secondo questo impulso con profondità, si rende sicuro, consegue qualcosa in quel Vuoto, che gli si ingrandisce da un punto e riempie il vuoto con qualcosa simile a Coraggio, che è un sentimento di Coraggio, di essere-riparato, mediante l’essere-unito a quella Entità che sul Golgotha ha compiuto il Sacrificio. L’altra via è quella per cui si penetra nel mondo spirituale senza passare per i Vangeli, ma mediante autentica, pura, Theosofia. Occorre sempre porre mente, anzitutto, che non si parte dai Vangeli quando si considera il Mistero del Golgotha, ma vi si perverrebbe anche se non vi fosse alcun Vangelo. Ciò non sarebbe potuto verificarsi prima che avvenisse il Mistero del Golgotha. Oggi però è il caso, poiché è accaduto qualcosa nel mondo, grazie al Mistero del Golgotha, per cui l’Uomo può immediatamente afferrare da sé il Mondo Spirituale dalle impressioni sensibili, grazie alla forza del “pensiero puro”. Ciò è quanto denominiamo il valere (il vigere, il dominare) dello SPIRITO SANTO nel mondo, il dominare del Pensiero Cosmico nel Mondo. Se prendiamo l’una o l’altra via, non possiamo perderci e precipitare nell’abisso infinito, appena ci troviamo di fronte al Vuoto-pieno-di-raccapriccio.
«Si impara allora a conoscere la natura degli Spiriti della Volontà o Troni, proprio in modo che per noi diviene come una effettiva esperienza ciò che potremmo dire un “ondoso mare di coraggio”.
«Quanto al principio l’Uomo può soltanto rappresentarsi, diviene realtà chiaroveggente. Pensatevi immersi nel mare – ora immersi quale entità spirituale che si sente una con la Entità-Cristo, portati innanzi dalla Entità-Cristo, nuotanti – ma non in un mare di acqua, bensí in un mare riempiente lo spazio infinito di straripante, mareggiante (fluttuante) Coraggio, di straripante energia! E non si tratta puramente e semplicemente di un mare indifferenziato: ma tutte le possibilità e differenzialità vi sono comprese, di ciò che si può indicare con il sentimento del Coraggio, che ci viene incontro. Impariamo a conoscere allora Entità come esseri concreti, consistenti di Coraggio, sostanziati di Coraggio.
«Queste Entità compiono un sacrificio verso i Cherubini, nella intemporeità: d’onde nasce il tempo. Sperimentando questo sacrificio, qualcosa si distacca dal nostro essere – sono gli Archai (Nascita del tempo = Archai Spiriti del TEMPO). È importante intuire e sentire questo sacrificio offerto dagli Spiriti della Volontà ai Cherubini, e alla nascita del Tempo… Similmente il Fumo del Sacrificio dei Troni, che partorisce il Tempo, è ciò che denominiamo il Calore di Saturno. Ma questo calore scaturisce come calore di sacrificio che gli Spiriti del Volere presentano ai Cherubini. Ovunque è calore, abbiamo in verità Sacrificio, Sacrificio dei. Troni di fronte ai Cherubini».
Non è tanto importante ciò che noi percepiamo negli altri uomini e negli animali superiori, quanto il fatto che per tal mezzo ci educhiamo e percepiamo, dietro agli uomini e agli animali, gli Spiriti che appartengono ad una delle categorie della prima Gerarchia, gli Spiriti della Volontà, o, come li chiama l’esoterismo occidentale i Troni. Percepiamo allora Entità che possiamo descrivere soltanto dicendo: «Non sono costituite di carne, né di sangue, né di aria, né di luce, ma soltanto di ciò che possiamo percepire in noi stessi quando siamo consapevoli di avere una volontà». Sono costituite nella loro sostanza inferiore soltanto di volontà.
La forza che conduce il pianeta attraverso lo Spazio, che regola il suo movimento nello Spazio, emana dagli Spiriti della Volontà: essi dànno al pianeta l’impulso di volare attraverso lo Spazio. Il movimento del pianeta nello Spazio corrisponde dunque agli Spiriti della Volontà, o Troni.
Come possiamo avere comunione con tali Spiriti della Volontà? Dobbiamo perdere completamente il senso di esistere in un punto qualsiasi del mondo come esseri separati: dobbiamo giungere non soltanto a ritrovarci nelle altre entità – pietra animale albero uomo – restando simultaneamente accanto ad esse con la nostra capacità di esperienza, ma dobbiamo realmente sentire le altre entità come nostro Sé: dobbiamo uscire completamente da noi stessi e sapere di essere tutt’uno con una determinata entità e da questa guardare indietro a noi stessi. Questo ci educa a percepire gli Spiriti della Volontà.
La correlazione profonda con questi Esseri è il coraggio: l’uomo infatti è riportato a se stesso, ossia ad una relazione con l’Io autentico, e scopre la sua possibilità di contemplazione profonda. È come se fosse lo specchio dell’Universo: tutto accoglie, rimanendo se stesso; con tutto si identifica; tutto infine può riflettersi in Esso. Il tessuto del coraggio è perciò la dedizione, quella dedizione di cui non si può essere capaci se non dietro la conoscenza di Sé e della propria missione nel mondo: da ciò può nascere l’autentica Volontà, e nella Volontà è il Coraggio. L’uomo è ancora un essere soltanto intelligente, ma ben poco di ciò che egli vive nella sua intelligenza riesce a vivere come volontà; la forza del suo volere è appena in embrione. Il discepolo sa che deve fin d’ora preparare la base di quella potente Volontà che è nell’essenza, capacità di dedizione assoluta. Non vi può essere dedizione senza la base di una adamantina volontà. Una grandiosa mèta attende l’uomo e ad essa la Scienza Spirituale dà il nome di Grande Sacrificio. Esso è l’atto splendente di amore e di coraggio; reca con sé una potenza di volontà che pone l’uomo volente in condizione di donarsi radicalmente, senza residui. Ed è chiaro che non si può donare se non ciò che realmente si possiede. Questo è l’inizio delle esperienze della volontà creatrice: nell’esaurimento dell’ego nasce l’Io. Ciò che per ora è base della individualità è portato ad estinzione e nella capacità di tale estinzione nasce la volontà creatrice.
L’oscurità del soffrire umano può essere sfittita dalla chiara luce, se l’uomo sa ricreare se stesso con il dono degli Spiriti della Volontà, se egli sa trarsi dalla ottusa adesione al mondo delle sensazioni e al consueto mondo mentale, se egli sa vivere nella essenziale luce del pensare voluto di qua dalla sfera cerebrale, indipendentemente dal respiro. Egli può contemplare. Ma è inevitabile che egli giunga a ciò attraverso un costante operare, un fervido aspirare: lo sforzo, la fatica, il coraggio, il sacrificio, la dedizione, la resistenza, la fiducia attraverso la lotta, sono un’unica opera di formazione della Volontà magica. Accogliere cosmici pensieri, vivere in cosmici pensieri, lasciarsi tessere dalla vita del sentire cosmico, crearsi della sostanza degli Esseri della Volontà. Il dolore e l’angoscia, l’oscura depressione dell’anima sono qualcosa, hanno valore, in quanto l’ego necessita di essi e li accoglie facendosi togliere vita: l’Io dimentico della sua vera natura li fa suoi, e li crede suoi, si identifica con essi. Ma l’Io deve acquisire coscienza di essere quello che è al centro della meditazione, di potersi appoggiare a ciò che è indipendente come pura vita del pensare e opera nell’anima, creando. A questo occorre giungere, affinché le sensazioni e i sentimenti divengano mezzi di conoscenza.
E ancora piú veracemente dietro una simile educazione del conoscere, la vita del cosmo diviene liberatrice, quando si giunge a leggere nell’anima, nella struttura del proprio essere, nelle forze degli organi, il linguaggio creativo delle Stelle: nella visione delle forze che sorreggono la Natura e i mondi, si ritrova il fondamento della nostra vita animica e corporea, mentre lo Spirito è vivente nella relazione che appunto in ciò diviene conoscenza. Sollevarsi dalla visione limitata delle cose, è liberarsi dal pensare legato al mondo sensibile, ma simultaneamente portarsi sopra la sfera della oscura angoscia, dell’oscuro soffrire, là dove l’angoscia ed il soffrire rivelano il vero senso, dove essi divengono forza per una aspirazione piú decisa all’esperienza dello Spirito. Questo è penetrare nel mondo di Lucifero, per instaurarvi l’essenza del Cristo.
Ora la conoscenza del regno di Lucifero è la chiave della Iniziazione. La verità finale è che gli adepti che si sono rivolti al Cristo, vedono per prima cosa riapparire il mondo luciferico. Quando l’influenza del Cristo ha agito per qualche tempo nell’anima, questa rimane imbevuta della sostanza di Lui, e cosí cristificata diventa matura, atta a penetrare nuovamente nel regno delle entità luciferine. Punto di partenza è una conoscenza del Cristo, di natura “paracletica”, che va oltre ciò che può essere donato dalla comunione con i Vangeli.
Questa è la via dei R+C. La conoscenza del Cristo vivente, nella sua attiva realtà, può illuminare l’anima al punto che essa riacquista la facoltà di penetrare nel regno di Lucifero. Vi penetreranno primi gli Iniziati R+C, i quali poi daranno al mondo ciò che essi avranno conosciuto del Principio Luciferico: il mondo arriverà cosí alla grande Unione Spirituale. La sostanza del Cristo che è penetrata nell’anima umana, verrà compresa dagli uomini per mezzo delle facoltà spirituali che essi avranno maturato con l’aiuto del principio di Lucifero, che è affluito nell’anima di ogni singolo come sotto nuova forma. (Via della Filosofia della Libertà).
Lucifero = = Chr (sic).
Gli Iniziati R+C saranno i primi, perché essi si sono dedicati ad approfondire la figura di Cristo, a far penetrare nelle anime loro il Cristo Cosmico, a farlo vivere in loro. Essi hanno trovato, per cosí dire, in quella sostanza del Cristo la forza che li guida e li difende in ogni avvenimento. Questa sostanza del Cristo diviene nella loro anima Luce Nuova che li illumina interiormente; una luce astrale interiore: il Graal.
La risonanza del Graal nell’anima rende attuale la guarigione di essa dal male luciferico e perciò ahrimanico. Soccombendo alla tentazione di Lucifero, l’uomo nella sua caduta ha trascinato tutta la Natura: cosí l’ordine morale è stato escluso dalla Natura. Il fenomeno di fecondazione è in realtà in contraddizione con la natura originaria del mondo vegetale. A causa del male luciferico, mondo minerale, vegetale e animali a sangue freddo sono entrati nella sfera della sessualità. Questi non hanno piú forza interiore: occorre loro un’azione nuova dal di fuori. Questa dipende dalla scelta dell’uomo, dal suo riconoscere il Cristo.
Massimo Scaligero