Lungo la via deserta, nel crepuscolo,
c’è sempre un uomo che ti viene accanto
e cammina con te. Sebbene muto
e sconosciuto, ha un modo di guardare
rivelandoti l’anima, evocando
il tempo arcano che passaste insieme
nella terra paziente degli ulivi.
Al suo silenzio opponi le parole,
la pena dei tuoi passi, la speranza
che l’umano tuo andare si conforti
di un riparo, di cibo, di riposo.
Sorride l’uomo, e tu ricordi il giorno
in cui la voce ti promise un regno,
come agli uccelli i chicchi delle reste
e al giglio la sua veste prodigiosa.
E adesso solo polvere ai calzari,
un povero mantello, anche la luce
che avevi dentro si corrompe in tenebra
e disperi dei giorni che ti attendono.
Altre, le beatitudini annunciate…
Si rinnova il dolore rimembrando,
e il fuoco e l’amarezza si contendono
lo spazio del tuo cuore. Poi la strada
ha un’offerta d’asilo, una locanda,
una tavola rude, una lucerna.
A quel bagliore incerto il tuo compagno
spezza l’umile pane, te ne porge
una parte. Nel gesto la sua mano
sfiora appena la tua, ed ecco appare
l’Uomo che camminava sulle acque,
risvegliava fanciulle dalla morte
e scontò col supplizio il male antico.
«Lunga è stata l’attesa – dici – resta
Signore, dona pace alla mia sera».
Soffia il vento notturno, scuote l’uscio,
s’insinua vorticando, ti sovrasta.
Ma nulla può: sei già nella sua calma.
Raggiunte dal fulgore dei suoi occhi
le ombre si disperdono, svaniscono.
Non trema piú la fiamma del tuo lume.