Una gratitudine erga omnes

Scienza dello Spirito

 

Una gratitudine erga omnes

Rudolf Steiner

Rudolf Steiner

 

Ricorrendo in questo mese il centenario della morte di Rudolf Steiner, il cuore esige che la grandiosità del Suo operato venga glorificata anche attraverso i piú universali profili di un’esistenza assolutamente unica. Appaiono ancora oggi particolarmente toccanti le parole che Marie Steiner von Sivers ebbe a pronunciare in merito all’in­terruzione dell’autobiografia del consorte (in “La mia vita”, ed. Antroposofica, O.O. N° 28): «Qui l’autobiografia s’interrompe, il 30 marzo 1925 Rudolf Steiner spirò. La Sua vita interamente votata al sacrificio per l’umanità è stata ricompensata con un’ostilità indicibile; il Suo sentiero di conoscenza è stato trasformato in un sentiero di spine. Egli però lo ha percorso e conquistato per tutta l’umanità. Ha abbattuto le barriere della conoscenza: esse non esistono piú. …Ha sollevato l’intelletto umano allo Spirito, lo ha compenetrato e congiunto con l’essenza spirituale del Cosmo. Con ciò Egli ha compiuto la piú grande azione umana. Ci ha insegnato a comprendere la piú grande azione divina».

 

Controllando a fatica l’emozione che sempre suscita un epitaffio cosí toccante, riemerge nell’anima la profonda commozione suscitata dalle tante pagine in cui il Dottore ricorda con sorprendente accuratezza personaggi che, a fronte della Sua immensa dimensione umano-cosmica, potrebbero apparire nel migliore dei casi ben ricordati attraverso un’educata citazione. Stupisce l’affettuosa intensità che il Dottore conserva verso le tante persone incontrate, ognuna delle quali ricordata con intatta gratitudine, nella sincera convinzione che il loro piccolo o grande contributo sia stato prezioso. E tutto ciò nonostante l’amara, sofferta confessione per una constatazione ricorrente: “Specialmente quando …parlavo con altri di questioni filosofiche …io dovevo penetrare nel modo di pensare e sentire degli altri, ma gli altri non penetravano affatto (c.d.r.) in ciò ch’io avevo sperimentato e continuavo a sperimentare nella mia interiorità». Quindi una dedizione all’altro mai ricambiata ma neppure condizionata dalla mancata accettazione del proprio punto di vista: «Il che non mi impediva di dedicarmi con la partecipazione piú viva all’ambiente che mi recavo a visitare».

 

E tutto emerge costantemente dal grato ricordo sempre accordato anche a coloro che oggi, con la nostra visione sostanzialmente classista, non esiteremmo a definire “minori”: «Il parroco di San Valentino …fre­quentava volentieri la nostra casa. …Era il tipo del prete cattolico liberale, di carattere tollerante e socievole; un uomo robusto dalle larghe spalle quadrate, allegro e spiritoso».

 

Non meno intense le parole dedicate al maestro “supplente” di Neudorfl: «Molto devo a questo supplente …ebbe modo di introdurre nella mia vita qualcosa che mi diede una direzione. Un giorno – frequentavo da poco la scuola – scoprii …un libro di geometria. …Egli me lo prestò per un certo tempo. …Poter afferrare una cosa puramente nello Spirito mi dava un senso di felicità interiore. So che al contatto con la geometria conobbi per la prima volta la gioia».

 

Persone dunque, che al momento giusto aprivano porte: «Compariva talvolta …un medico di Wiener-Neustadt, il quale veniva a curare i malati del nostro paese, sprovvisto a quel tempo di un medico locale. …Non amava parlare della sua professione …ma tanto piú volentieri parlava invece di letteratura. …E cosí avvenne che, grazie a questo medico, tutto un nuovo mondo si aprí ai miei occhi». O si presentavano come esempi da tempo attesi: «Nella terza classe ebbi un professore che impersonava veramente l’“ideale” che mi stava davanti all’anima: un uomo, finalmente, che sentivo di poter imitare». Non di rado incontrando didattiche altamente formative: «Solo nell’ultima classe della scuola tecnica ebbi finalmente un professore di cui anche le lezioni di storia avvinsero il mio interesse. L’aver potuto accogliere in tal modo proprio l’insegnamento della storia moderna è stato certo di grande importanza per la mia vita».

 

Narrato con disarmante semplicità un decisivo incontro di livello certamente iniziatico. «Un giorno feci la conoscenza d’un uomo, d’un semplice popolano che ogni settimana andava a Vienna con lo stesso mio treno. Raccoglieva per la campagna erbe medicinali e le vendeva a Vienna nelle farmacie. …Con lui mi era possibile parlare del mondo spirituale come con uno che aveva esperienza in proposito. …Divenne per me come il trovarmi insieme ad un’anima …non sfiorata dalla civiltà …che mi recasse il sapere istintivo di epoche preistoriche».

 

Intenso e affettuoso, anche dopo molti anni, il ricordo di non pochi compagni di studi: «Una profonda amicizia mi univa …ad un giovane, ardente e magnifico idealista …tutto preso dalla corrente wagneriana». «Un’altra amicizia giovanile, importante per me, cade in questo periodo. …Egli si sentiva poeta». E ancora: «In quel tempo strinsi un’amicizia anche con un altro giovane venuto dalla Transilvania tedesca. …Questa amicizia è rimasta sempre salda attraverso le tempeste della vita, fino alla morte di lui».

 

Tutto ciò nonostante il permanere delle menzionate difficoltà: «Nell’esperienza interiore …rimanevo piuttosto solo. Dal canto mio, partecipavo pienamente a tutto quanto riguardava i miei amici. Vennero cosí a formarsi nella mia vita due correnti parallele: l’una che percorrevo come un viandante solitario; l’altra nella quale vivacemente mi accompagnavo con le persone che mi erano divenute care. E anche le esperienze di questa seconda corrente furono in molti casi di profonda e durevole importanza per il mio sviluppo».

 

Maria Eugenia delle Grazie

Maria Eugenia delle Grazie

 

Non meno incisivi i rapporti con numerosi rappresentanti della vita culturale, menzionati per nome e ruoli sociali : “…In casa di Maria Eugenia delle Grazie ho trascorso ore veramente belle. Riceveva ogni sabato sera; personalità delle piú svariate correnti spirituali si riunivano da lei. …Laurentz Mullner …maestro della poetessa. …Non solo il suo volto ma tutta la sua figura portavano l’impronta di uno sviluppo spirituale compiuto nell’ascesi. …Wilhelm Neumann, sacerdote e monaco cistercense la cui conversazione era sempre di altissimo interesse. …Fercher von Steinwand, una forte tempra di poeta idealista, ricco di idee». Artista verso il quale il Dottore mostra una particolare riconoscenza: «L’aver potuto conoscere Fercher von Steinwand fu per me uno degli avvenimenti piú importanti della mia gioventú.

 

Fercher von Steinwand

Fercher von Steinwand

 

Sia Weimar che la capitale austriaca, allora al culmine della sua parabola, si presentano ricche di intense frequentazioni nelle quali i valori umani appaiono associati a rilevanti profili culturali: «Tornato a Vienna entrai in una nuova cerchia di persone. Ne era centro una donna, la cui anima mistico-teosofica suscitava un’eco profonda negli amici che la frequentavano. Le ore che trascorsi nella casa di questa signora – Marie Lang – furono per me di sommo valore.

 

Nelle sue concezioni e nei suoi sentimenti viveva, in una forma nobilmente bella, la coscienza della serietà della vita. …Per mezzo di Marie Lang conobbi anche la sua amica, la signora Rosa Mayreder, una delle persone che ho maggiormente venerate nella mia vita».

 

Quanta umiltà in queste parole, da parte di qualcuno in grado di mutare il destino del Mondo! Merita sottolineare ancora la singolare ricchezza dell’interscambio umano/culturale nella società di lingua tedesca dell’epoca; come non soffermarci a considerare se media, telefonini, social et similia consentano oggi la sopravvivenza di occasioni culturali tanto schiette quanto elevate. Cosí, per esempio, il Dottore descrive il “salotto” dei coniugi Olden: «Ciò che …offrivano ai loro amici, viveva nell’atmosfera d’una tendenza estetizzante sul modo di sentire il mondo, capace della massima serietà, ma capace anche di passare sopra a molte cose serie, con un umorismo alquanto leggero».

 

Gabriella Reuter

Gabriella Reuter

 

E proprio in casa Olden si verifica un incontro particolarmente significativo: «Tra le ore piú belle della mia vita devo annoverare quelle passate con Gabriella Reuter. …Ella portava in sé i piú profondi problemi umani e li affrontava con un certo radicalismo del cuore e del sentimento».

 

Bernhard Suphan

Bernhard Suphan

 

Davvero toccante si presenta il ricordo del Titolare della cattedra di Filosofia presso l’Università di Rostock in cui il Dottore ebbe a laurearsi, Heinrich von Stein: «Una persona …dal contegno calmo, dall’occhio mite quasi fatto apposta per contemplare con dolcezza ma con molta penetrazione lo sviluppo dei discepoli. Tale mi si presentò Stein quando andai a trovarlo prima dell’esame. …Da allora ho sempre portato l’immagine di H.v.Stein profondamente impressa nel cuore». Una frase possibile solo in chi considera ogni incontro come un dono; atteggiamento riscontrabile anche verso i colleghi presso l’Archivio di Goethe e Schiller a Weimar, destinatari di fraterno cameratismo, già raro forse allora, certamente oggi: «Ero dunque entrato quale collaboratore, nell’Archivio …di cui era direttore capo Bernhard Suphan. Tra lui e me si stabilí fin dal primo giorno …un simpatico rapporto personale». E ancora: «Personalità singolare, il signor von Loeper: una simpaticissima mescolanza di uomo di mondo e di originale».

 

Ludwig Laistner

Ludwig Laistner

 

Non manca ovviamente qualche insuccesso, ma non per questo da dimenticare: è il caso di Erich Schmidt: «Non ho mai potuto stringere con lui un rapporto umano». Fecondo invece quello con importanti visitatori regolari dell’Archivio, come Ludwig Laistner: «Personalità fine ed armonica che viveva nello Spirito in modo veramente bello».

 

Numerosi gli incontri di Rudolf Steiner con eminenti protagonisti dell’epoca: Brentano, Grimm, Haeckel, Harnack, Hart­leben, von Hartmann, Helmoltz, Nietz­sche, Schroer, von Treitschke, Zimmer­mann ed altri ancora.

 

Ma forse è proprio dal ricordo dei numerosi incontri, sia quelli con anime semplici, sia i tanti altri con personalità di notevole spessore culturale, che emerge una natura socievole di sconfinata umanità; un’anima che senza mai minimamente imporre la propria sublime dimensione, conserva intatta negli anni la profonda riconoscenza verso tutti i compagni di viaggio: una continua, silente “Lavanda dei piedi”.

 

 

Francesco Leonetti