
Mandragora maschio
Eccoci giunti a scrivere di una delle piante piú celebri e temute nell’antichità e nel Medioevo perché, oltre alle proprietà narcotiche, afrodisiache e medicinali, la Mandragora possiede una forte connotazione magica dovuta alla sua forma antropomorfa. In passato era sacra a Venere e datrice di abbondanza.
Per questa sua segnatura, è stata oggetto di culto, mentre, per procedere alla sua raccolta, occorreva prendere delle speciali precauzioni rituali. Si temeva, infatti, che l’entità che dimora nelle Mandragore si vendicasse uccidendo l’incauto che la raccogliesse senza le dovute precauzioni.
Trattare compiutamente della storia e del simbolismo di questa pianta richiederebbe pagine e pagine, ma si vedrà di coglierne l’essenza.
La Mandragora (Mandragora officinarum) è una solanacea.

Mandragora femmina
La sua radice vigorosa penetra verticalmente nel suolo fino a 60 cm e si divide poi in due o tre segmenti che ulteriormente scendono con forza nel suolo. Quando si estrae la radice, la forma dà l’idea di un essere umano dotato di testa, tronco e gambe.
In primavera germoglia con un ciuffo di foglie verdi che non crescono in altezza, tutte le sostanze formatrici sono al servizio della radice, poi appaiono numerosi fiori bianco verdastri a forma di campana, infine da ogni fiore nasce una bacca succosa, gialla, sferica, dall’odore particolare. Ve ne sono due specie, una piú bianca, che si crede sia maschio, mentre l’altra, piú scura, è ritenuta essere femmina.
Delle cinque specie conosciute quattro sono presenti nell’area mediterranea, a Creta, in Grecia, in Sicilia, nell’Africa Settentrionale, e una sull’Himalaya.
Già in antico era conosciuta per le sue doti terapeutiche, pur tenendo presente che è una pianta da manipolare con molta attenzione, poiché l’assunzione può rivelarsi anche letale, caratteristiche di altre solanacee come la belladonna e il giusquiamo.
Ippocrate riporta che in piccole dosi può guarire angoscia, depressione, l’insonnia, a dosi ancora maggiori provoca l’anestesia, ciò permise agli antichi di praticare interventi chirurgici, ma a dosi elevate diviene mortale.
La Mandragora è un antico afrodisiaco. Ad essa, ed in particolare alle sue bacche, viene anche attribuito il potere di favorire il concepimento: è una pianta che esplica il suo processo floreale nell’ambito delle forze elementari della primavera, che sono forze di proliferazione.
Nella letteratura antica si legge che le foglie di Mandragora sono un notevole vulnerario e antinfiammatorio. Le foglie non contengono gli alcaloidi che rendono tossica tutto il resto della pianta, esse calmano il dolore provocato da ferite e infiammazioni.
Nella farmacopea della medicina antroposofica la si usa come rimedio contro forme di reumatismo e contro la gotta.
Gli antichi, che vedevano uno Spirito in ogni albero, Esseri elementari in ogni pianta, demoni in ogni vegetale tossico, hanno circondato la Mandragora di riti misteriosi e pratiche magiche. La vedevano in tutt’altro contesto di come la vediamo noi oggi.
Molti gli autori classici che ne hanno trattato. Solo per citarne alcuni: Discoride, che fa menzione del vino di Mandragora; Plinio, che nella sua Naturalis Historia la descrive e ne dà ricette per la cura di molte patologie; Giuseppe Flavio, che ne scrive in un passo della Guerra Giudaica e si dettaglia sul come estrarre la radice della Mandragora con l’ausilio di un cane, poiché scrive che nel momento in cui la radice viene estratta dal terreno, la pianta lancia un urlo al quale nessun essere umano sopravvivrebbe!

Giovanna d’Arco
Altri poi i rituali e le cerimonie che nel tempo sono state usate per la raccolta e la conservazione, a volte curiosi a volte sconfinanti nel macabro.
Ebbe la triste fama di essere considerata un’erba delle streghe, e lo confermano molti processi, di cui il piú celebre è quello contro Giovanna d’Arco, nel quale le si imputava l’accusa «…di portare talvolta una Mandragora nel seno, sperando tramite questo mezzo di avere buona sorte e ricchezze e cose temporali».
Del resto anche in Germania fino all’Ottocento si credeva che tessendo fibre di questa pianta negli abiti si diventasse invulnerabili alle armi dei nemici.
Al pari del vischio farebbe scoprire tesori nascosti e aumentare le ricchezze. La credenza era cosí diffusa che nel XV secolo in Francia la Chiesa ordinò venissero bruciate le piante di Mandragora conservate nelle case, minacciando pene severe a chi ne facesse uso per procurarsi ricchezze.
Una pianta, in definitiva, che ha attraversato millenni di Storia e dove ogni cultura e religione ne ha esaltato aspetti ora nel bene o nel male: pianta dono degli Dei che allontanava gli Spiriti malvagi, ma se usata impropriamente attirava conseguenze funeste su chi la manipolava.
In Umbria, in tempi poi non molto lontani, a Castelluccio di Norcia e in altre parti della Valnerina vi era la tradizione di formare con radici di Mandragora la cosiddetta “bambolina”, si chiamava cosí perché si usava rivestire di panni la radice antropomorfa come fosse, appunto, una bambola.
La si insediava, cosí rivestita, in un posto d’onore della casa e le si offrivano latte, grano, monete e prodotti della terra nella convinzione che lo spirito della Mandragora li restituisse moltiplicati magicamente.
Dai Discorsi” di Pietro Andrea Mattioli: «Nascono le Mandragore per se stesse in piú luoghi per li monti in Italia, e massime in Puglia nel Monte Gargano, il quale chiamano di Santo Angelo, onde ci recano le cortecce delle radici e i pomi che ogni anno vengono a noi. Ne ho piú volte vedute nei giardini in Napoli, Roma e Venezia.
È veramente cosa favolosa il credere che abbiano le Mandragore le radici di forma umana, come si crede il volgo ignorante, e che non si possano cavar di terra, se non con pericolo, e impeciandosi l’orecchie per non udirne il gridare, per credersi questa gente sciocca, che le radici gridino, e ammazzino chi le cava sentendosene il grido.
…Allegano che Pitagora chiamò la Mandragora, Anthropomorphos, cioè a forma d’uomo …perciò si ritrova la Mandragora avere la radice biforcuta, simile alle gambe dell’uomo, e cavandosi quando ha il suo frutto, il quale è simile a un pomo attaccato per un breve picciolo tra le fronde in su la sommità della radice, si assembra veramente alla forma d’un uomo».
Davirita