Quattro luci convergenti

Scienza dello Spirito

 

Quattro luci convergenti

 

Nell’ultima conferenza de Il Vangelo di Matteo (Ed. Antroposofica, O.O. N° 123) Rudolf Steiner sottolinea come la narrazione relativa al massimo degli eventi di tutta l’evoluzione terrestre, l’incarnazione del Cristo in un essere umano, abbia richiesto un approccio composito: «Questi fatti sono stati ripartiti fra i quattro Vangeli, e l’entità complicata del Cristo Gesú ci è presentata sotto quattro aspetti diversi…». Quindi tutte le discordanze che studiosi di varia estrazione hanno ritenuto di sottolineare fra i quattro Vangeli, sono da ricondursi alla diversa formazione nonché ai rispettivi compiti dei singoli evangelisti.

 

Dalle parole del Dottore sappiamo che cosí hanno orientato la loro attenzione verso il Salvatore: Matteo si è sempre concentrato sull’involucro fisico di Gesú; Marco sul rapporto tra l’Aura Solare ed il corpo eterico; Luca ha rivolto la sua attenzione principalmente al corpo astrale ed al veicolo dell’Io; Giovanni sin dalla prima frase al Verbo, il Logos Solare.

 

«L’autore del Vangelo di Matteo, fin dal principio, ha rivolto la sua attenzione al corpo fisico di Gesú di Nazaret, e ha continuato ad osservare con cura speciale questo corpo fisico anche nel Cristo Gesú…». Rudolf Steiner ci ha disvelato come Matteo ci parli del bambino salomonico il cui corpo cessa di esistere dal dodicesimo anno: «Ma i suoi elementi divini, le forze divine erano passate nel­l’altro corpo fisico, nel corpo fisico del Gesú natanico …tanto perfetto, appunto perché lo pervadevano le forze ricevute dal corpo del Gesú salomonico». Forze che l’entità di Zaratustra incarnatasi nel bambino salomonico porta dunque con sé quando misteriosamente passa ad operare quale Io nel natanico.

 

Le menzionate differenze si conservano fino agli ultimi istanti di vita terrena del Cristo.

 

Cristo in croce Matteo

 

«Rappresentiamoci ora l’autore del Vangelo di Matteo che contempla Gesú morente sulla Croce. Lo sguardo di questo evangelista è stato sempre diretto soprattutto a quello che fin dal principio era stato sempre il suo punto di partenza». Siamo al cruciale momento in cui «Lo spirituale abbandona …il corpo fisico; e con questo anche gli elementi divini presenti in esso». Matteo si concentra su questa drammatica separazione e traduce in termini consoni a quanto osserva: «Le antiche parole che sempre venivano pronunziate nei Misteri dall’Iniziato, quando per poter contemplare il mondo spirituale, la sua natura superiore usciva dal corpo fisico: “Dio mio, Dio mio, come mi hai glorificato!”. «Cosí ispirate dalla situazione a Matteo: “Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato?”. In quel momento si attua infatti l’abbandono divino del corpo fisico». Il Padre separa il Figlio dal corpo fisico, atto indispensabile affinché – come l’Ini­ziato di cui sopra, ma a ben altri livelli – possa accedere al nuovo grado di gloria celeste, acquisito soprattutto in conseguenza dei tre anni di patimenti terreni, neppure concepibili da mente umana. Infatti, mentre Giovanni nelle prime parole del suo Vangelo dice che il Verbo era presso Dio, nel Credo cristiano si specifica che ora siede alla destra del Padre: evento grandioso, denso di mistero, inusitato: il Cristo medesimo ne interroga il Padre.

 

Cristo in croce Marco

 

Marco ha sempre rivolto la sua attenzione a «come l’aura solare, involucro dello Spirito solare, sia congiunta col corpo eterico di Gesú di Nazaret…». E anche il corpo eterico viene abbandonato come accade a noi nel sonno. Per cui giustificatamente il suo Vangelo usa le stesse parole di Matteo.

 

Cristo in croce Luca

 

 

Luca invece, come specificato all’inizio, ha sempre seguito l’evoluzione del corpo astrale e del veicolo dell’Io. «Egli perciò non potrà dirci le medesime parole. Luca mette in rilievo principalmente i fatti che si riferiscono al corpo astrale, il quale in quel momento sperimenta la massima esplicazione di pietà e di amore. Egli perciò registra le parole: “Padre perdona loro, perché non sanno quello che si fanno!”».

 

Cristo in croce Giovanni

 

Giovanni fin dalle prime parole del suo Vangelo dimostra il suo interesse esclusivo per il Logos solare: «Ci descrive ciò che ha origine dal Sole, ma che ha da essere attuato dagli uomini nell’ordinamento terrestre.  …Perciò egli volge la sua attenzione principalmente sull’influsso ordinatore che il Cristo esplicò dalla Croce sul Golgota».

 

Siamo qui di fronte alla solenne consacrazione cristica di quella che dovrà essere la futura convivenza umana non piú basata esclusivamente su legami di sangue: «Perciò al discepolo che Gesú amava (Giovanni, l’autore del Vangelo n.d.r.) non è data una madre secondo la carne, bensí è data una madre secondo lo Spirito, la madre stessa di Gesú». Cosí il Cristo suggella il nuovo legame sacrale: «Ecco il figlio tuo. Ecco la madre tua!». Del tutto conseguenti le parole evangeliche successive: «E da quel momento il discepolo la prese con sé» (Giovanni 19, 27).

 

Dunque l’evento centrale, irripetibile, di tutta l’evoluzione della Terra e dell’Umanità, viene narrato dai quattro evangelisti secondo i loro diversi gradi di percezione del Sovrasensibile con il sacro compito di trasmetterne al meglio la tragica grandiosità. «A base di tutte le descrizioni dei Vangeli sta l’evento del Cristo. Ma ogni Vangelo narra le cose da un suo punto di vista adottato fin dall’inizio; ognuno degli evangelisti dirigeva lo sguardo chiaroveggente verso ciò a cui era preparato».

 

Attenzione devota e accurata cui dobbiamo eterna riconoscenza perché, almeno in qualche misura, ci permette di presentire la cosmica solennità di quello che il Dottore definisce l’evento in assoluto piú occulto: il “Mistero del Golgota”.

 

 

Francesco Leonetti