Chi percorre la via che da Roma porta verso Perugia, incontra sul suo percorso la cittadina di Todi, che senz’altro merita una visita accurata per la bellezza dei luoghi, dei monumenti e della Storia che la ammanta.
Di origini umbro-sabelliche, la sua posizione sul Tevere fu crocevia di correnti di sviluppo culturale e commerciale sia verso l’ Etruria che verso il mondo umbro-italico e il Piceno. Il nome etrusco stesso “Tular”, ossia “confine”, sottolinea la caratteristica della città.

Il centro storico di Todi
Dopo alterne vicende Todi entrò nell’orbita politica romana, ebbe monetazione autonoma e divenne in epoca augustea “Colonia Julia Fida Tuder”.
Quel che ancor oggi si può vedere del suo impianto urbano origina dalla sovrapposizione, sul precedente nucleo etrusco italico, delle modifiche apportate durante la dominazione romana, ad esempio i “Nicchioni”, opera di sostruzione del III secolo a.C. e i resti dell’anfiteatro.

San Fortunato
Sorsero poi i borghi medievali, tra il XII, il XIII e il XIV secolo: è l’aspetto medievale di cui Todi è totalmente pervasa, come la Piazza del Popolo, il Palazzo del Popolo e il Palazzo del Capitano, il Duomo, intitolato a Santa Maria Annunziata, iniziato nel XII secolo e completato nel XIV secolo, e San Fortunato, chiesa dei Francescani sorta nel 1292 su un preesistente edificio del 1192.

Santa Maria della Consolazione
Non va dimenticato infine di citare il complesso rinascimentale di Santa Maria della Consolazione, ubicato sul margine esterno sud occidentale delle mura duecentesche, chiesa a pianta centrale iniziata nel 1508 per celebrare il culto di un’immagine sacra della Maestà e terminata nel 1607. L’edificio è a croce greca e vi lavorarono architetti come il Bramante e il Vignola.
Ma non è solo di Todi che vogliamo scrivere. Questo luogo fece da sfondo alla storia di Matteuccia, che il 20 marzo 1428 fu arsa sul rogo nella pubblica piazza con l’accusa di stregoneria.
Questo Siti e Miti racconterà di un Sito, come è Todi, ma non di un Mito che sia un eroe, un personaggio storico famoso del luogo; eppure in quel tempo erano presenti a Todi Bernardino da Siena, intento con le sue prediche a riformare la vita spirituale e Braccio Fortebraccio da Montone, che dopo essersi impossessato di Todi ed averne fatto ricostruire la rocca, aveva riorganizzato la vita cittadina tenendola saldamente in pugno.

L’arresto di Matteuccia di Francesco
Racconteremo invece di Matteuccia, una povera donna vittima dell’ignoranza, della paura, della presunzione e dell’arroganza del Potere di quel tempo, sia temporale che religioso, a sua volta vittima di se stesso.
Si potrà dire: già, è una vecchia storia, a centinaia, a migliaia finirono al rogo, al patibolo, alla tortura, accusati di stregoneria o di eresia, magari solo perché dediti alla cura con le erbe, o perché piú vicini alla saggezza della Natura e pratici di un agire che veniva ritenuto magico, suggerito dal demonio; un po’ come il giudizio che anche oggi viene da una certa scienza, presuntuosa e dopotutto ignorante della vera origine delle cose, come ebbe piú volte ad affermare anche il Dottor Steiner. Una scienza materialistica alla Piero Angela, che nulla sa di Spirito, che ritiene dare risposte in ogni campo o curare ogni male con le sue medidicine e i suoi vaccini, sbandierando i benefíci che verranno da un elettromagnetismo pervasivo, un’alimentazione snaturata, e altro si potrebbe aggiungere, oltre al fatto che ormai nemmeno crede piú al demonio, tanto è solo superstizione.
Al potere si è poi sostituito, ai Capitani del Popolo di quei tempi, sicuramente a volte feroci e sanguinari, un potere in giacca e cravatta, piú raffinato, ma che spesso ha in sé la ferocia e la tracotanza dei secoli passati, dei periodi bui di un passato che a volte si ripete.
Dagli atti d’archivio quello di Matteuccia sembra essere uno dei pochi processi di stregoneria dove venne impartita una sentenza capitale, ma pure lí sicuramente molte furono le vittime non registrate negli atti del tempo.

L’immaginario sabba sotto il noce di Benevento
Ho avuto modo di consultare la sentenza contro di essa, nel testo originale latino, tradotto poi da uno studioso di storia locale. Questa donna, accusata con trenta capi d’imputazione, viene in pratica condannata per l’uso di erbe e comunque di rimedi naturali nella cura di persone, spesso in condizioni di miseria e che non potevano permettersi un medico, afflitte da mali e che a lei si rivolgevano, sembra pure con esiti spesso di guarigione, a volte gratuitamente, o in cambio di poco. Poi si passa alle accuse di cavalcare demoni e recarsi ai sabba al Noce di Benevento. Quante volte si è sentito ripetere ciò negli atti dei processi per stregoneria!
Viene accusata di praticare malefici e al tempo stesso di saperli togliere! Ritenuta donna di cattive abitudini di vita e di malaffare, pubblica incantatrice e fattucchiera, ma guarda caso in tutte le formule di “incantamenti”, riportate negli atti e che riguardano questa accusa, si leggono per lo piú soltanto invocazioni al Cristo, alla Vergine Maria, allo Spirito Santo, a San Pietro e San Benedetto, come in questa ad esempio, che riportiamo come appare in latino volgare nel testo originale:

Il rogo di Matteuccia
Nel nome sia del Padre,
del Figlio
et de lo Spiritu Sancto
et de Madonna
Sancta Maria
con omne sancto
et de sancto Pietro,
che omne male
torni adreto
et de sancto Benedecto
che fu medico de Christo
che medicò
et non rencapitò
non tolse medicatura
per la Sancta Scriptura,
per la luna et per lo sole,
per Dio nostro Signore.
Altre formule riportate facevano parte di un credo popolare che è sopravvissuto nell’ambito rurale fino a pochi decenni or sono, quando ancora le recitavano per liberare dal malocchio, o per curare malanni, insieme all’uso di erbe e unguenti non dissimili da quelli che Matteuccia usava, e quando, fortunatamente, i roghi e l’Inquisizione erano ormai aboliti!
Non si evince se Matteuccia fosse ancor giovane o in là con gli anni, era originaria di Ripabianca di Deruta, visse per lo piú a Todi dove operò, si sa invece che sapeva leggere, scrivere e aveva una certa cultura, cosa che a quei tempi per una donna non era ben visto dal potere, specialmente quello ecclesiastico.
Per finire, negli atti d’accusa vi sono accenni deliranti che descrivono il suo operato, potremmo definire questi atti la “fotocopia” di tanti, tanti altri che vennero stilati in quei secoli in simili processi. Vi è ad esempio un’affermazione che ricorre almeno una ventina di volte: “Sed mala malis addendo”, cioè “aggiungendo male a male”, di ogni capo che le viene imputato è un crescendo di delirio degli accusatori, fino alla condanna al rogo, in cui, secondo l’accusa, la sua anima sarebbe cosí stata liberata dal corpo, per il bene suo.
Non le fu concessa né difesa né attenuanti.
Era il 20 marzo 1428.
«In nome di Dio amen. Questa è la condanna corporale e la sentenza di condanna corporale data e ratificata, sentenziata e resa di pubblica ragione dal Magnifico e potente Signore Lorenzo de Surdis, romano, onorabile Capitano e Conservatore della pace della città di Todi e del suo distretto per la Santa Chiesa Romana e per il Santissimo padre in Cristo, e signor nostro signore Martino per divina provvidenza Papa V, con la consulenza dell’egregio dottore in legge signor Tommaso di Castiglione Retino, giudice dei malefíci del sunnominato signor Capitano e con l’approvazione, volontà e deliberazione di Generoso Dottore in legge, del signor Pietro de Riccardinis romano, consigliere del suddetto signor Capitano. È scritta, letta e resa di pubblica ragione da me Novello Scuderij da Vassano, pubblico notaro, ed ora notaro ed incaricato dei malefíci del suddetto signor Capitano, nell’anno del Signore 1428, indizione VI, al tempo del Santissimo padre in Cristo Signor nostro Signor Martino per divina provvidenza Papa V, nel giorno e mese infrascritti».
Davide Testa