Precipitevolissimevolmente

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Precipitevolissimevolmente

Negozio di Fiuggi

 

Negli anni in cui avevamo, mio marito Fulvio Di Lieto ed io, un negozio di arte e artigianato indiano a Fiuggi, andavamo spesso in India, a Bombay, come si chiamava allora l’odierna Mumbai, lui per corsi di aggiornamento del suo lavoro presso l’Air India, e io per il rifornimento del negozio.

 

Processione dei Battenti

 

Quella volta il corso era stato organizzato ad aprile, nei giorni che precedevano la Pasqua, e avevamo dovuto rinunciare all’andata in Costiera amalfitana, dove ci recavamo ogni anno, durante la Settimana santa, per assistere alle celebrazioni che lí si svolgono, con la processione dei Battenti, che coinvolgeva l’intero paese di Minori, con antichi canti penitenziali ripetuti da secoli, per la preparazione all’evento pasquale.

 

Tempio a Ganesh

 

Stando in un luogo tanto lontano da quelle manifestazioni, visitavo i templi locali dedicati ognuno a una divinità induista, come Shiva, Krishna, Vishnu o Ganesh, offrendo collane di fiori profumati e meditando nel silenzio di quei luoghi, dove la sacralità era sentita in maniera pittoresca e coloratissima.

 

Per le ordinazioni del negozio dovevo visitare le “factories”, che erano piccole organizzazioni artigianali dove il personale operava con turni continui, per cui dietro le postazioni dell’attività giornaliera si intravedeva un giaciglio in cui il lavoratore poteva dormire, dopo aver ricevuto l’esiguo pasto della giornata. Naturalmente c’erano anche ditte piú grandi e moderne, come quelle per la tessitura dei preziosi sari di seta, che richiedevano grandi telai industriali e l’in­serto di metalli nobili come l’argento, l’argento dorato o l’oro.

 

Ma oltre alle visite dei luoghi religiosi e agli ordinativi per le merci che sarebbero state spedite in seguito, quando ero sola cercavo nei negozietti e nei bazar articoli originali che avrebbero incuriosito i clienti al mio ritorno.

 

Fiammiferi

 

Tra le cose che avevano colpito la mia fantasia, trovai un giorno dei fiammiferoni contenuti in originali grandi scatole con divinità indiane in paesaggi multicolori. Ne presi una ventina, tutte con soggetti diversi, non di piú perché dovevano essere portati in valigia. Quando però li mostrai a Fulvio, lo vidi preoccupato. Disse che poteva essere pericoloso trasportarli nella stiva dell’aereo, non pressurizzata, in quanto si sarebbero potuti accendere. Qualunque materiale infiammabile andava trasportato con le dovute precauzioni. Mi sembrò un’eccessiva apprensione, e poi quelle scatole erano veramente graziose e originali, quindi insistetti per portarle. Una volta messe in valigia non pensai piú alle eventuali conseguenze, che considerai esagerate.

 

Il soggiorno terminò e ci accingemmo a ripartire. Oltre al piccolo bagaglio a mano, avevamo due grandi valigie che contenevano ben poco dei nostri effetti personali, ridotti al minimo, e molte cose che avrebbero reso originale e unico il nostro negozio con articoli che non era facile procurarsi se non acquistandoli sul luogo. Al check-in le due valigie furono inviate nella stiva dell’aereo.

 

Il viaggio era notturno e a quel tempo la rotta prevedeva il sorvolo dell’Iran, del Libano, poi della Grecia e infine l’arrivo in Italia. Volare sull’Iran di notte era molto particolare, perché ovunque c’erano fuochi che interrompevano il buio del paesaggio. Erano i pozzi petroliferi sempre accesi con fiammate continue, che si riuscivano a vedere chiaramente nonostante la grandissima altezza alla quale si volava, di circa diecimila metri.

 

Sonno in aereo

 

Le luci dentro l’aereo erano spente per consentire il sonno ai passeggeri. All’improvviso la voce del comandante disse che stavamo attraversando una turbolenza e che dovevamo allacciare le cinture. C’erano scossoni continui, che in genere terminano poco dopo, quando l’aereo trova un nuovo assetto, magari cambiando la quota di volo. Ma quella turbolenza non smetteva, anzi peggiorava, finché l’aereo iniziò a scendere in picchiata, a una velocità che sembrava folle. Mi venne in mente quella parola che da bambina ripetevamo perché ci dicevano che era la piú lunga della lingua italiana: “precipitevolissimevolmente”. Ma ecco un pensiero terribile: i fiammiferoni. Che fossero quelli ad aver causato il disastro? S’erano accesi e avevano invaso di fuoco la stiva? Se ci stavamo schiantando era tutta colpa mia e della mia incoscienza! Pregai con tutte le mie forze, non per me ma per tutte quelle persone che non avevano colpa e sarebbero state vittime innocenti di una mia leggerezza inqualificabile.

 

Credo che anche tutti gli altri viaggiatori pregassero, ognuno la propria divinità protettrice. Come durante una tempesta in mare che scuote la nave con onde altissime i marinai si affidano al Divino per aver salva la vita, cosí in quel momento si percepiva in ognuno una muta ma intensa richiesta d’aiuto.

 

Vedevo i passeggeri della prima fila molto piú in basso del posto centrale in cui eravamo, segno che l’aereo era completamente con il muso abbassato. Non so quanto durò quella discesa precipitosa, ma sembrò un tempo infinito, finché l’aereo si raddrizzò e riprese un volo normale.

 

Valigie

 

Credetti in un miracolo e ringraziai il Mondo spirituale per la protezione accordata. Si udí di nuovo la voce del comandante, che con tono tranquillizzante disse che potevamo slacciare le cinture perché eravamo usciti dalla zona della turbolenza. La paura che aveva attanagliato tutti si sciolse in un applauso liberatorio, che venne spontaneo come ringraziamento per lo scampato pericolo.

 

All’arrivo riprendemmo dal nastro trasportatore le due grandi valigie. Erano intatte, nessun segno di bruciatura!

 

Quei fiammiferoni fecero la loro scena in vetrina, ma un impegno da parte mia era preso: mai piú imprudenze che potevano mettere a repentaglio la sicurezza nostra e di altri, evitando cosí anche il coinvolgimento del Cielo con la richiesta di miracoli!

 

 

Marina Sagramora