Certi giorni di nebbia puoi vederlo
tra il lusco e il brusco fendere le onde,
le vele tese, i canapi vibranti,
il veliero dal funebre vessillo
equipaggiato d’anime costrette
da un maleficio ad obbedire a lui,
il capitano, l’uomo senza fede,
condannato a percorrere gli oceani
e mai toccare approdo, mai riparo,
finché amore lo chiami dalla riva
e sciolga la condanna col perdono.
Ma lui sa che pietà non è da Dio
concessa, e la preghiera poco vale,
se dal suo Io profondo non provenga
l’empito che redime, il pentimento
d’aver offeso la bellezza e il dono
di un cuore pronto a darsi in sacrificio.
E cosí, navigando, l’uomo va,
e non chiede, non prega, non implora.
Sa che il nodo da sciogliere è profondo,
radicato nell’intimo segreto
del suo essere, e attende la parola,
il lampo di pietà che da se stesso
erompa e gli confermi: «Sei redento!».
Quando questo avverrà, da terra un segno,
il gesto di una mano avvertirà
che la pena è scontata. Allora un pianto
dissolverà lo strazio, e il bastimento,
approdando, riporterà l’antica
vita interrotta al giusto compimento.
Certi giorni di sole puoi vederlo,
tra raggio e raggio, conformarsi il sogno
di una nave che va portando anime
nel flusso dell’eterno divenire.
Fulvio Di Lieto