Alterare o modificare gli stimoli esterni, dal cibo alla luce, influenza il sistema nervoso e percettivo umano. Ogni modifica, anche minima, è percepita dalla totalità dell’organismo. Le tecniche che l’uomo ha sviluppato, al fine di rendere piú agevole il trasporto, la conservazione e la disponibilità degli alimenti, inevitabilmente portano ad una perdita di qualità dell’alimento stesso. Il surgelamento, la conservazione con additivi chimici, la raffinazione (soprattutto dei cerali), la “cosmetica” industriale del cibo realizzata con coloranti inutili, che bersagliano e confondono il nostro organismo, alterano il naturale equilibrio organico di una sostanza vivente, cioè del nostro cibo. La riproducibilità meccanicistica e la standardizzazione di un cibo sono un segno di decadimento del suo valore. In natura differiscono tra loro persino le mele di uno stesso albero. Il rispetto della diversità delle sostanze viventi è importante per la nostra salute, che è armonia attiva con ciò che è fuori di noi. Un frutto che non marcisce rappresenta un’aggressione alla funzione gustativa, che ha bisogno di distinguere, di manifestare le proprie capacità. Salute significa mettere in opera le proprie potenzialità. La stasi, l’assenza di movimento è già malattia. Nessun organo può accettare di essere messo a riposo. Il riposo, nel linguaggio dell’organismo, significa cambiare attività. Non è un caso che il termine “eterno riposo” identifichi la morte. Basti osservare che cosa accade a un braccio ingessato per pochi giorni: abbiamo una perdita di tono e del turgore dei tessuti rapidissima. Una volta tolto il gesso dobbiamo guarire, guarire dal riposo.
La nostra società del cibo precotto e sempre disponibile non sa riconoscere che un tale cibo è mummificato, sembra quasi che non voglia piú distinguere la differenza tra un essere vivente e una mummia. In questo senso possiamo concepire la manipolazione genetica come una potente accentuazione di questo allontanamento dalla natura verso l’artificiale, una forte spinta verso la creazione di alimenti che non provengono dalla natura e dal rispetto delle sue leggi. Il trasferimento di geni da microrganismi, da piante o animali ad altre piante e animali poi utilizzati per l’alimentazione umana, fa nascere rischi di conseguenze non desiderate. Larga parte della moderna immunologia è del parere che la crescita esponenziale delle intolleranze alimentari nei paesi ad alto sviluppo agricolo, industriale derivi dalla progressiva difficoltà dell’organismo a riconoscere come idonei cibi sempre piú lontani dal modello originale. Pensate alla crescente diffusione dell’intolleranza al glutine del frumento (detta morbo celiaco), che toglie valore a una delle massime invocazioni del cristianesimo: «Dacci oggi il nostro pane quotidiano».
Gli OGM, in quanto alimenti nuovi, possono suscitare intolleranze alimentari; del resto studi clinici hanno segnalato che le intolleranze aumentano ad ogni modificazione genetica.
I biotecnologi replicano che le intolleranze non sono state create dagli OGM, e ciò è vero, ma questi alimenti contribuiranno ad ampliare l’incapacità dell’uomo moderno a distinguere nella natura, nel mondo esterno, le sostanze “amiche” dalle “nemiche”.
Questo senso di inimicizia organica che l’uomo sta sviluppando verso tutto il cosmo (sono in aumento le allergie all’acqua, al pane, alla luce solare, all’aria ammalata delle nostre città e dei nostri uffici), questa aggressività si riversa anche contro noi stessi, non solo in senso psicologico ma anche fisico. Ci riferiamo alle malattie autoimmuni, in crescita vertiginosa, malattie in cui aggrediamo con anticorpi i nostri stessi tessuti, li attacchiamo perché non li riconosciamo piú come nostri.
…La moderna medicina ha sentito profondamente il bisogno di sviluppare una conoscenza unitaria dell’uomo, uno studio sistemico della sua complessità; ogni uomo appare sempre di piú come un ecosistema complesso. Infatti è nata da alcuni decenni una disciplina, la psiconeuroendocrinoimmunologia (Pnei), che studia in modo unitario le complesse relazioni fondamentali dei sistemi superiori dell’uomo. La medicina avverte la necessità di recuperare un’anima ad un uomo visto come un agglomerato di cellule. In realtà l’uomo sente il bisogno che la medicina recuperi anche uno spirito capace di dare valore a quella storia personale che ci rende unici ed irripetibili. Incontrare e conoscere la “leggenda personale” di un altro uomo è ciò che scandisce le tappe piú belle nella vita del medico. La medicina deve riuscire a dare valore a questo elemento spirituale senza delegarlo ad uno specifico specialista. In tedesco “Geisteskrankheit” (letteralmente: “malattia dello Spirito”) significa “malattia mentale” e se ne occupa lo psichiatra: occorre recuperare nella medicina uno spazio sano e non malato per lo Spirito.
In questo senso, introdurre degli alimenti che derivano da sostanze viventi prodotte attraverso un processo che scavalca le leggi della natura significa inserire nella nostra storia personale una “menzogna”, qualcosa che ci appare come naturale ma non lo è. In un certo senso andiamo incontro ad una sorta di “allergia morale”, perché noi apparteniamo alla grande vicenda del pianeta e il nostro elemento spirituale ne ha profondamente bisogno. Ogni uomo è portatore di una fisiologia piú elevata che si nutre di giusti riconoscimenti. Forse il danno maggiore dovuto agli additivi e ai conservanti negli alimenti è l’inganno che provocano ai nostri organi di senso; ad esempio, noi crediamo di assumere un cibo dolce ma in realtà il sapore dolce non proviene da una sana fotosintesi alla luce del sole, bensì da una sintesi chimica alla luce artificiale di un laboratorio. Ingannare le nostre percezioni significa ingannare noi stessi. Ciò non può essere salutare.
Sergio Maria Francardo
Selezione da: S.M. Francardo, I semi del futuro – Edilibri, Milano 2001.