Un quesito che, dalla notte dei tempi, muove le menti di filosofi e pensatori riguarda il significato intrinseco della vita umana sul pianeta. Donde l’uomo fisico viene, dove va, qual è il significato della sua presenza sulla Terra e l’esistenza stessa della Terra, quale il significato del pensiero e delle relazioni?
Civiltà molto lontane da noi probabilmente non necessitavano di quesiti di un tale genere, perché in loro erano ancora sviluppati, anche se forse non in modo cosciente, organi di immediata conoscenza del retro-mondo, ed allora si aggiunge un quesito: perché l’uomo ha perso una simile facoltà di chiaroveggenza nell’evoluzione?
È bene chiarire un punto su una terminologia che abbiamo usato e potremmo ancora usare: scuola e pensiero esoterico.
Come già in precedenza sottolineato, a tutt’oggi è arduo parlare di “esoterismo” senza correre il rischio di essere tacciati di magia nera o stregoneria d’ogni genere, e tutto questo, con buona pace di coloro che operano con genuinità e lucidità, è purtroppo conseguenza di un sottile e lungo lavoro operato dalle massime istituzioni religiose, le quali, per rendere sempre maggiormente deboli e dipendenti i “fedeli”, hanno fatto in modo che qualsiasi forma di Iniziazione spirituale autonoma e facente leva su forme di conoscenza immediata dei mondi sovrasensibili, potesse essere marchiata come figlia di entità terrificanti e diaboliche. Nulla di piú facile per sopire definitivamente il barlume di Luce interiore che ancora risiede nell’uomo attuale e che porta in sé la Luce piú realmente visibile di entità cosmiche quali il Christo: principio, piú che di dipendenza da istituzioni religiose, di massima libertà interiore, principio liberatore e di conoscenza immediata e luminescente dell’Essenza umana.
Esoterikos, in greco, indica qualcosa che si rivolge all’interno, e rivolgendosi all’interno dà fondo a tutta l’interiorità umana al fine di poter risalire, da lí, ai princípi primi dell’esistenza; a differenza dunque di quanto si voglia far credere, grandi scuole esoteriche sono proprio le scuole della filosofia greca, Pitagora in prima linea, le quali aspirano alla lucidità del Pensiero e alla conoscenza diretta dei mondi spirituali.
Le scuole di filosofia dunque non differivano per nulla da un percorso realmente spirituale, e cosí è stato anche con l’avvento del Cristianesimo, ove la pratica delle origini, oggi ancora riscontrabile se pur solo in parte nell’ortodossia russa e nelle scuole di cristianesimo esoterico, non praticava alcuna differenza tra l’aspirazione della conoscenza diretta dei mondi spirituali e l’impulso cosmico del Christo, avvalendosi anche di veri e propri esercizi interiori e di meditazione, che oggi sarebbero tacciati di eresia senza un attimo di ripensamento. A tutto questo pensiero, sino alle porte del XX secolo, non era estranea l’alchimia, la tripartizione della corporeità umana e la coscienza dell’esistenza di una dimensione trascendente, ma non per questo irreale o immaginativa, donde traessero origine le manifestazioni sensibili.
A chiarire con grande fervore il concetto di esoterismo possono venire in aiuto le parole di Jean Marquès-Rivière. Esoterico significa dunque: «Aprire una porta, offrire agli uomini la possibilità di penetrare nell’interiore attraverso l’esteriore; simbolicamente, è rivelare una verità nascosta, un senso occulto». Inoltre: «L’esoterismo è basato sull’assioma che il mondo sensibile non costituisce che una piccola parte della realtà. Il compito delle dottrine esoteriche è sempre stato quello di ottenere la conoscenza del mondo sovrasensibile. Per raggiungere tale scopo non si avvalgono di uno strumento razionale ma dell’intuizione che Dante chiama “luce intellettual piena d’amore”. …Per compiere l’indagine esoterica è indispensabile conquistare la capacità di utilizzare la facoltà intuitiva, attraverso un lungo tirocinio ed affinamento delle capacità latenti nell’uomo …alla radice di tutte le cose esiste un’energia, ripartita in vari ordini e livelli, la cui natura e sostanza devono essere comprese dall’uomo, in modo che possa impiegarla». E ancora: «L’esoterismo nasce dall’assoluta conoscenza di chi ha osato per primo affrontare il peso della sapienza trafugandola agli antichi dei. All’alba della creazione l’uomo tradusse in conoscenze ciò che aveva captato dall’esterno. Durante la ricerca della ragione della propria vita il suo discernimento si svolse verso l’imponderabile, in quanto non poteva esistere soltanto il nulla. Tutto gli apparve improvvisamente, per trasmettersi dalla mente al cuore. Ogni percorso intrapreso portava l’uomo verso ricordi antecedenti, gli archetipi, solo apparentemente immobili, si manifestarono sotto forma di simboli tribali. Gli elementi avevano un’importanza fondamentale e la loro energia veniva impiegata quale legame con il tutto rappresentato dall’universo. L’essere umano, soggetto alla grande opera divina, fu testimone di una spiritualizzazione progressiva, non diffusa alle masse ma riservata ad una ristretta e prescelta casta iniziatica. Da ciò si deduce che l’esoterismo è scaturito dalla parte piú profonda dell’essere umano, restituendogli quel mondo che non poteva ricordare. Cosí, subito dopo le civilizzazioni preistoriche, si fece spazio alla luce dell’interiorità. Ogni interrogativo trovò un riscontro con l’inizio dei culti sacrali e delle varie manifestazioni misteriche». L’esoterismo è: «la rivelazione attraverso l’insegnamento, l’intuizione diretta o sopranormale, le gerarchie e le tecniche spirituali, che richiedevano una specifica condotta di vita. Le dottrine non venivano classificate, ma sperimentate. Tutto l’esoterismo era vivente, attivo, e partecipava al sacro, al magico».
Rivière cita un passo di Dante che in sé davvero racchiude la piú profonda essenza del miracolo a disposizione dell’uomo moderno, la possibilità di porsi nella Terra di Mezzo degli eventi, esattamente al centro tra la legiferazione meta-sensibile e la manifestazione sensibile: Luce intellettual, piena d’Amore.
Soffermiamoci in questa Terra di Mezzo; se l’uomo che osserva il fenomeno in un punto ove, per dirla con Rudolf Steiner: «L’osservazione del seme di una pianta trascende lo stato attuale del seme per schiudere chiaroveggentemente all’osservatore il germoglio e la pianta matura che in esso sono già potenzialmente vive…», allora in questo senso l’osservatore si pone in una zona dell’essere slegata dal campo ristretto della fenomenologia sensibile e penetra in una dimensione, quella dell’Io, dove risiede proprio l’essenza dell’impulso Christo, ovvero il principio dell’auto-liberazione, dell’auto-osservazione, della auto-Iniziazione al sé piú profondo ad opera proprio della liberazione del sè legato alle strutture intrinseche alla fenomenologia sensibile.
In questa dimensione, che peraltro è la dimensione ove tutti coloro che pensano e che creano, dai fisici ai matematici, dai filosofi agli artisti, regnano se pur incoscientemente, si è pervasi di una meta-sostanza eterica che in sé racchiude la memoria di tutte le leggi a capo del sensibile e dove risiede il Pensiero Vivente, entità precedente qualsiasi forma di pensiero riflesso e manifesto, “luce intellettual piena d’amore”.
In questa zona, potremmo dire ancora “segreta”, dell’interiorità umana vive ed opera il compositore, il quale, come ben detto da Steiner, non ha a disposizione del materiale da sintetizzare per coglierne l’essenza, ma si trova dinanzi ad un puro fenomeno spirituale che risuona di accenti non udibili nell’interiorità del compositore stesso. In realtà quegli accenti risuonanti non sono una mera immaginazione dell’uomo compositore, ma sono i risvolti lontanamente tangibili, in senso meta-sensibile, di eventi spirituali svolgentesi nel retroscena eterico della visibilità fisica. Eventi che coinvolgono spesso lo spirito del compositore in vicende spirituali non rappresentabili perché non visibili ma certamente “chiaroudibili”.
Per chiarire ancor piú il concetto ci viene in aiuto la definizione data da Steiner della musica come di una «forma geometrica, architettonica fluidificata»; in realtà la geometria è proprio il campo che piú si avvicina alla rappresentazione dello spirituale, d’altro canto tutto il simbolismo esoterico, religioso e misterico si avvale di forme geometriche, e in realtà una forma geometrica è davvero una «musica solidificata, incantata», che ritorna ad essere musica nel momento in cui alla forma geometrica viene aggiunta la sostanza eterica del Suono, non udibile ma chiaroudibile, ovvero udibile per mezzo di un senso che trascende l’orecchio fisico.
Non dimentichiamo che nel primo capitolo abbiamo parlato di un campo vibrazionale ancora non conosciuto che prevede un moto studiato proprio negli ultimi decenni, il moto spiraliforme, un campo definito dal Prof. Kozyrev “campo torsionale” in grado di superare l’assenza stessa dell’aria e dunque espandentesi in una dimensione che, allo stato attuale, si può supporre essere l’etere; in questa dimensione si espande il suono originario che, pari alla luce, è la somma di tutti i suoni udibili dall’orecchio umano.
In questa dimensione al pari regna ciò che possiamo definire il Pensiero Vivente le cui forme scaturenti dalla assunzione di coscienza o rappresentazione da parte di un soggetto percipiente, abbiamo definito Forme Pensiero eteriche, ovvero vere e proprie entità eteriche le quali investono altri soggetti percipienti.
In questa dimensione, il compositore che davvero voti se stesso alla mirabile missione della donazione di sé al piú alto compito di mediazione tra il mondo sensibile e il mondo sovrasensibile, vive vere e proprie vicende spirituali di luce e suono; ecco che l’atto della composizione si profila essere l’organizzazione di altezze e timbri musicali atti a ricostruire, nel momento dell’esecuzione, l’evento spirituale donde la composizione medesima ha tratto vita, evento rinnovantesi ad ogni esecuzione della composizione e capace di investire l’ascoltatore del medesimo processo creativo vissuto dal compositore.
L’arte dei suoni è in realtà, come abbiamo già detto, una sostanza del tutto impalpabile, incredibilmente capace di impatti interiori, e questo è spiegato proprio dalla natura del suono stesso e dalla sua profonda affinità con la luce; il suono udito dall’orecchio umano è solo parte del suono che si propaga in senso eterico, suono che, al pari della luce, investe la nostra piú sottile e trascendente struttura di meta-percezione, coinvolgendoci in moti non visibili ma manifestantisi in vividi moti d’animo.
Il compositore dunque, proprio perché maneggia il suono, ha a sua disposizione la sostanza miracolosa ed alchemica dell’uomo moderno: la coscienza di essere composti di sostanza eterica, la quale, ponendosi a capo della formazione d’ogni sostanza fisica, ne regola le leggi di formazione e decostituzione.
Dunque a capo d’ogni “condensazione” di pensiero o atto creativo vi è una sostanza-pensiero: il Pensiero Vivente.
Massimo Scaligero, prezioso pensatore romano, nel suo testo Trattato del Pensiero Vivente, cosí si esprime al fine di introdurre questa sostanza-Pensiero: «L’Io che l’uomo dice di essere non può essere l’Io, se non nel pensiero vivente, ancora da lui non conosciuto. Egli conosce solo il pensato, o pensiero riflesso, ma non sa come lo conosce. Deve prima pensare per conoscere il proprio pensiero: non conosce il pensare. L’uomo conosce ed opera secondo il pensato, che, esaurito nella sua determinazione, non ha vita. Non avviene mai che in lui il pensiero operi direttamente come vita, essendo ogni moto vitale un processo a sé, traentesi dalla inconosciuta vita dell’organismo corporeo, processo che attinge direttamente al pensiero soltanto nei movimenti volontari, ad un pensiero comunque riflesso. …V’è un pensare che non è stato ancora pensato, un pensare che non può darsi come pensiero finché è pensante nel processo della riflessità e limita la sua attualità al momento dialettico, che è già determinazione. È il pensare che può sorgere nella contemplazione dell’atto pensante: il pensiero pensante se stesso, reale perciò in quanto esprimente il suo essere. Pensiero che non ha bisogno del momento riflesso per manifestare la propria vita, sperimentabile perciò senza la mediazione corporea».
Scaligero ci porta dunque all’essenza, al centro di tutta la presente dissertazione, al nocciolo della realtà eterica. Se, come nel precedente capitolo si diceva, si riflettesse maggiormente sul fatto che l’individuo nel percepire un oggetto è contemporaneamente in grado di percepire se stesso nell’atto della percezione, allora le parole sopra citate non troverebbero tanto sgomento quanto, di certo, ne suscitano al pensiero corrente, per lo piú invischiato in se stesso e spesso incapace di rendersi conto della sua trascendente natura.
In realtà il concetto che grandi pensatori dell’epoca moderna intendono imporre all’attenzione è il processo della contemplazione, processo naturale proprio nell’opera del compositore e mancante ancora nella maggior parte delle attività odierne di pensiero. È proprio il processo della contemplazione a svelare la realtà globale della conoscenza umana, ove la percezione si dia solo come processo attivante e risoluzione ultima del processo intero della conoscenza.
Il percepire presuppone la presa d’atto dell’esistenza di forme materiali e sensibili, ma questo processo urge essere arricchito del processo inverso cui si faceva riferimento in precedenza: il processo di effetto-causa, fondamentale per risalire all’origine di ogni fenomeno. Il processo inverso presuppone la percezione medesima della percezione, e in questo senso la percezione diviene contemplazione, perché ad operarla non è piú un intelletto analitico, che sia in grado di sintetizzare una serie di dati percepiti e ricostruire nella coscienza l’immagine dell’oggetto percepito, ma un intelletto slegato dalla forma sensibile, il quale conosce perché è immerso nella sostanza-pensiero a capo d’ogni forma, e quindi può porsi a capo della percezione medesima completando l’anello mancate del processo, anello rappresentante la sostanza, già contenuta dalla coscienza, messa in moto dall’atto della percezione.
Dunque la contemplazione, in questa visione a dir poco rivoluzionaria, non avrebbe nulla da invidiare alla conoscenza scientifica ordinaria, la quale presuppone d’essere esatta per il semplice motivo di riprodurre il fenomeno in qualsiasi momento con gli stessi mezzi con i quali è stato conosciuto in senso mediato.
Ma il processo è incredibilmente reversibile, cosí da presupporre in ogni attimo che la veridicità della sperimentazione sia solo relativa al mezzo sperimentale e per nulla conforme all’origine medesima del fenomeno.
E possiamo ancora citare le parole di Stephen Hawking: «Qualsiasi teoria fisica è sempre provvisoria, nel senso che è solo una ipotesi; una teoria fisica, cioè, non può venire mai dimostrata».
Bene avevano compreso dunque alcuni fisici di inizio secolo XX, i quali operavano una coraggiosa ed acuta ricerca scientifica con il senso perenne del metafisico, del trascendente. Diceva Einstein: «Il sentimento piú bello che possiamo provare è il senso del mistero. È la fonte di ogni arte autentica, di ogni vera scienza. Colui che non abbia mai conosciuto un tale sentimento, che non possieda il dono di meravigliarsi, tanto varrebbe che fosse morto, giacché i suoi occhi sono chiusi».
Dunque il senso del mistero è contemporaneamente il fondamento di ogni arte autentica e di ogni vera scienza; in questo senso allora l’Arte e la Scienza sono quindi complemento l’una dell’altra.
Eccoci arrivati al reale miracolo dell’uomo moderno, ovvero la ferma volontà di superamento delle barriere, probabilmente necessarie all’evoluzione, tra le varie forme di espressione di una identità umana di certo piú legata alle molteplici espressioni dell’ego che alla luce contemplativa del principio dell’Io.
Nell’attività della contemplazione, risolta nella sua piú alta forma nell’attività del compositore, tutto si trasforma e tutto acquisisce il processo mancante alla realizzazione di una conoscenza immediata, veritiera. Il senso piú profondo dunque degli impulsi cosmici dell’entità Buddha e, a completamento di un processo spirituale liberatorio, del Christo, è ben lontano dall’essere l’adorazione cristallizzata di dogmi e concetti; piuttosto diviene, nella visione del Pensiero Vivente, un processo che dalla sua entità macrocosmica viene accolto da ogni individuo e opera miracolosamente nello spazio eterico del soggetto portandolo alla conoscenza piú profonda della realtà di sé.
La liberazione del soggetto conoscente dalla indiscussa sovranità dell’Ego, ad opera della realtà dell’Io conoscente e cosciente, è la reale essenza del percorso derivante dalla cosmica donazione dell’impulso Christo; l’IoSono diventa per l’uomo attuale fonte di urgenza e aspirazione alla realizzazione del piú alto senso di una umanità capace dell’atto dell’autoconoscenza.
Dunque la contemplazione, la chiave trasformativa di tutte le forme di conoscenza racchiuse nell’ancora indiscussa autonomia di arte, religione e scienza, illumina l’oggetto percepito nella globalità della sua formazione, dalla evocazione eterica della sua forma alla condensazione materica. Questa Terra di Mezzo è il punto esatto ove il compositore devoto accoglie, nel significato piú reale dell’Estasi, ovvero fuori dalle strette strutture dell’ego, la sostanza-pensiero nella sua immediatezza, e la traduce con magica scientificità in complessi di suoni fisici, i quali, per loro natura, sono al contempo fisici ed eterici, al pari della luce.
Questo punto al centro esatto dei processi di ideazione e condensazione, il punto dove l’Io regna, sarà l’argomento della prossima trattazione, ove si intraveda una sua realizzazione in un intervallo che , occultato per secoli dalla volontà dormiente delle istituzioni religiose, ha accompagnato al fine millennio il sorgere dell’urgente percezione dell’Io nella coscienza umana in relazione anche al tema, caro allo spirito dell’uomo moderno, della Coppia Iniziatica: il tritono, la divisione esatta dell’ottava.
Andrea Tarantino (5. continua)