La via noetica

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La via noetica

Come risalire alle sorgenti del Reale attraverso il Pensare

La via noeticaIn questo particolare momento storico di necessità di superamento di ogni autorità il problema della conoscenza è quanto mai attuale.

È possibile arrivare ad una conoscenza sicura e condivisibile, in quanto possa essere riconosciuta dagli altri?

È possibile superare i dubbi che inevitabilmente sono presenti in ogni conoscenza?

È possibile, ancor di piú, arrivare ad una conoscenza che corrisponda ad una realtà nel mondo?

Sarà l’Autore stesso ad approfondire questi concetti di realtà, mondo e conoscenza.

In questo scritto voglio far emergere che non stiamo discutendo di un problema meramente filosofico, ma del problema della vita.

L’etica e l’estetica dipendono dalla posizione che prendiamo in maniera cosciente o non cosciente nei confronti del problema della conoscenza. Il semplice lasciar fare a chi ne sa piú di noi nel campo della scienza, dell’economia o della medicina, implica una precisa posizione nell’ambito del conoscere.

Ancor di piú, naturalmente, il problema si pone per chi vuol fare delle precise scelte personali su tutti i problemi che ci pone l’odierna epoca: dalla medicina alla politica.

Anche per chi si sottopone ai propri immediati impulsi ed istinti in ambito etico, anche per l’uomo “di pancia” ci sarà nella vita un momento in cui si chiederà se le sue scelte siano state giuste.

Nel mondo occidentale il problema della conoscenza è tanto attuale proprio perché i riferimenti tradizionali come la religione, lo Stato ed anche la famiglia hanno perso gran parte del loro valore.

Inevitabilmente l’inizio del percorso offertoci dall’Autore sarà impegnativo.

Bisogna muovere da un pensare non sorretto da facili emozioni, bisogna rinunciare agli slogan.

Bisogna imparare e a pensare, che è molto diverso dall’accogliere pensieri.

La scuola è nata per insegnarci a pensare, insegnarci ad amare il conoscere, ovvero ad amare il pensare. Spesso offre soltanto dei pensieri già strutturati, per arrivare ad una visione del mondo priva della possibilità di esser ripercorsa da un pensiero attivo. Negli studi superiori post-universitari ci offre delle modalità operative da attuare nei diversi campi della vita e delle professioni. Difficilmente ci insegna ad attivare e riconoscere il momento intuitivo del pensare: il solo che ci permette di riconoscere quando le correlazioni fra pensieri dipendono da un’emozione o da un automatismo, che molte volte giacciono sotto la soglia della coscienza.

L’autore ci insegna a diffidare della logica, in quanto anche il pensiero strutturato in maniera logica può mancare della vita del momento intuitivo. La stessa struttura logica può rimandare ad automatismi privi di qualsiasi reale aspetto conoscitivo. La differenza fra computare e conoscere è infatti il tema presente in tutto questo lavoro.

Il conoscere implica il momento intuitivo del pensare, mentre il computare permette l’accostare i pensieri secondo regole esterne al pensare stesso in atto.

Il computare anche in maniera mirabile ci rende sempre piú schiavi, in quanto i pensieri sono sempre dominati da leggi non viste.

Solo un serio lavoro interiore ci può permettere di distinguere fra computare e conoscere, o fra intuire ed esprimere strutture logiche.

Questo tema, come ci illustra l’autore è sempre stato presente sia nel pensiero occidentale che orientale, ma è sempre stato il piú nascosto, il piú segreto.

Ogni reale progresso sia individuale che sociale ha avuto sempre come suo fondamento il momento intuitivo del pensare, ma pochi sono riusciti a coglierlo.

Strutture logiche

Strutture logiche

Il computare, d’altra parte, priva l’uomo di ogni reale progresso, legandolo al “già fatto”, al convenzionale, ai valori e alle conoscenze condivise in quanto imposte dall’esterno di se stesso.

La fiducia che un tempo era rivolta alla religione ora è rivolta alla scienza. La scienza, o meglio le verità accreditate dalla comunità scientifica, rappresentano le nuove verità di riferimento. Le recenti visioni “pseudoscientifiche” sono alla base del tanto temuto ritorno al medioevo.

L’uomo moderno, secondo la visione proposta dai media, dovrebbe accettare la visione del mondo che ci offre questa scienza, lasciando agli scienziati, i nuovi sacerdoti della verità, il compito di istruirci ed educarci, mantenendoci sempre bambini.

Il testo di Saggiomo, attraverso una breve storia della scienza, ci porta alle sue basi epistemologiche. Ci presenta le sue grandezze e i suoi inevitabili limiti. Dietro la visione del mondo fondata sul metodo scientifico non ci sono piú le rivelazioni imperscrutabili su cui si fondavano le religioni. Ci sono uomini che attivano le qualità presenti in ogni essere umano: il percepire e il pensare.

Quindi ogni scienza, a differenza delle verità rivelate, può esser ripercorsa da ogni essere umano proprio per poterne cogliere direttamente, in prima persona, il valore e i limiti.

Ecco quindi l’importanza di rivedere il metodo scientifico che si trova alla base della scienza. Rivedendo il metodo, si possono cogliere gli elementi necessari per migliorarlo, portando consapevolezza al percepire e al pensare i presupposti. Cogliendo la natura dell’esperimento e del misurare, l’autore ci offre la possibilità di ritrovare una scienza in cui ci sia ancora posto per l’uomo adulto. Posto che l’uomo ha completamente perso nel computare pensieri secondo i dettami della scienza accreditata, che rappresentano il prodotto privo di vita delle grandi intuizioni a base della vita della scienza.

Nel primo capitolo si può cogliere, con un atto cosciente, la natura dell’intuire. Nel secondo capitolo si può cogliere come questo momento sia alla base della scienza, di qualsiasi scienza.

Il momento noetico si trova anche alla base di una visione del mondo basata sulla misura, e quindi inevitabilmente materialistica. Questa capacità di osservare i fenomeni naturali liberi da strutture di pensiero non ripercorse, liberi da schemi mentali, che non sono altro che il precipitato formale di altre intuizioni, offre alla scienza nuove opportunità, come già evidenziato da Goethe.

Di fatto, come ben espresso da Saggiomo, tutta la Scienza del ‘900, purtroppo in maniera particolare solo la fisica, ha dovuto liberarsi dagli schemi di pensiero dei secoli precedenti. La teoria della relatività di Einstein e tutta la nuova fisica (meccanica quantistica e teoria quantistica dei campi) rappresentano il tentativo di liberarsi dall’immagine del mondo fondata sulla meccanica newtoniana.

Ancora una volta però non viene colto l’atto intuitivo alla base anche di questa visione innovativa, lo stesso limite presente nella meccanica newtoniana si ripresenta in una nuova forma. Il non accorgersi del pensare in attività non può piú essere corretto dal percepire, in quanto gran parte del mondo di cui si occupa la nuova fisica non è percepibile con i sensi. Oramai si opera con modelli concettuali che vengono trattati come fossero “cose”. Questo fa sí che la nuova fisica diventi incomprensibile ai fisici stessi: applicabile, riducibile a formule ma non comprensibile.

Ritroviamo la dicotomia fra computare e comprendere in una nuova prospettiva: ridurre in formule e trovare le possibilità tecnologiche non vuol dire comprendere.

Ma questo comprendere è poi cosí importante?

La Via indicata da Saggiomo è “semplice”, in quanto si fonda proprio sul portare consapevolezza a questo momento del “comprendere” che tutti gli esseri umani, almeno una volta nella vita, hanno sperimentato. Non si tratta quindi di una nuova filosofia, ma di portare consapevolezza all’elemento che sta alla base di ogni filosofia: l’atto del pensare. Atto del pensare che deve esser visto e su cui non bisogna speculare ulteriormente.

Il pensiero che abbiamo appena pensato può essere riconosciuto in quanto tale, e a questo punto può esser attivato ripensandolo volutamente. In questo atto di volontà senza sforzo alcuno, rianimo il pensiero pensato fino a riconquistare coscientemente il momento intuitivo di comprensione. La luce del lampo di comprensione data dal momento intuitivo del pensare deve esser mantenuta nel tempo, ma questo non è piú lavoro di filosofi, bensí lavoro di evoluzione dell’umano: inizia una profonda trasformazione interiore, il problema della conoscenza comincia ad avere una risposta non piú speculativa ma operativa.

La volontà, a questo punto, può esser spostata dal “significato”, che permea tutta la coscienza, all’attività stessa. Piú semplice sarà il pensato che si identifica, meno rischi si correranno di imbattersi in elementi della coscienza che nulla hanno a che fare con il pensiero, come ad esempio emozioni, sentimenti, ricordi, che vengono immediatamente ed automaticamente attivati dal pensiero pensato, distraendo la volontà dell’operatore Ecco aperta la strada verso la Maha Shakti.

Strada tracciata in maniera chiarissima nel nostro mondo interiore, ma sempre piú difficile da identificare a causa delle potenze dell’illusione, della maya, quanto mai attive nei nostri giorni.

Occorre innanzitutto identificare la “semplice” volontà che rianima un pensato, distinguendola dagli automatismi. In seguito ci si accorgerà che l’attivazione di questa volontà va a discapito del sentimento di se stessi, della forza egoica che ci impedisce di essere oltre noi stessi. Per questo motivo la “semplice” via indicata dall’Autore è la via eroica per eccellenza.

È la via che richiede il superamento delle forze egoiche quindi una via di morte e resurrezione.

Ecco la via noetica presente nella tradizione orientale, rimanere come possibilità nascosta nelle filosofie occidentali e nella scienza, ed eccola riemergere in piena chiarezza nell’opera dei due grandi pensatori che hanno permesso all’uomo moderno di risalire alle fondamenta della realtà: in Rudolf Steiner, nella sua Filosofia della Libertà, rimanendo molte volte implicita nella Scienza dello Spirito, ed esplicitata in tutti i suoi aspetti operativi in Massimo Scaligero.

 

Fabio Burigana


F. Saggiomo – LA VIA NOETICA: Come risalire alle sorgenti del Reale attraverso il Pensare

Edizione a cura dell’Autore.

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