La grotta dei Cervi di Porto Badisco nel territorio di Otranto (LE) rappresentava per le genti paleolitiche e neolitiche salentine un luogo iniziatico di grande importanza rituale, il piú orientale della penisola italica. Tale luogo era gestito dalle stirpi sciamaniche responsabili della sopravvivenza tribale. Nelle complesse simbologie parietali astratte, si individua l’esistenza di un vero e proprio codice criptato ad uso esclusivo di queste stirpi alla costante ricerca di giovani futuri guerrieri e sciamani. Nello studio si determinano analogie simboliche di tipo tantrico posteriori di circa 4.000 anni, poste in relazione con l’energia creatrice femminea della Grande Madre, nota in sanscrito come Shakti, e il suo recondito potere, Kundalini, che assume segni parietali serpentiformi e spiraliformi. L’autore giunge a riprodurre scientificamente alcuni di questi cripto-simboli con tecniche digitali del suono e tecniche cimatiche (tecniche del suono reso visibile), confermando ulteriormente le sue ricerche e stabilendo un primato d’Occidente alle tecniche iniziatiche basate sull’utilizzo dell’energia Kundalini.
Sulla copertina del libro, lo Sciamano danzante sopra le due correnti serpentiformi Ida e Pingala e il capo triangolare illuminato dai sette chakra.
Si ringrazia l’Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria di Firenze per il materiale di ricerca fornito e per gli studi del Prof. Paolo Graziosi presenti nella sua monografia Le pitture preistoriche della Grotta dei Cervi di Porto Badisco.
Francesco Corona – Il culto del Serpente e i riti iniziatici nella Grotta dei Cervi di Porto Badisco
Edizioni Atanòr – http://www.atanoreditrice.it/ – Roma 2019 Pagine 108 € 14,00
Quando nel 1998 lessi per la prima volta la quarta di copertina del libro di Massimo Scaligero Kundalini d’Occidente, acquistato in una libreria romana in sostituzione del libro Dal Big Bang ai Buchi Neri di Stephen Hawking, non tutti i tasselli del mio percorso formativo erano ben delineati, ma di certo le forme-pensiero che iniziarono a farsi spazio nella mia mente necessitavano di ricerche e approfondimenti, nonché di ulteriori conferme oggettive. Affrontando tutta l’Opera Omnia di Massimo, poco per volta, la mia natura di ricercatore scientifico si plasmò su quella del Ricercatore dello Spirito, non tralasciando gli aspetti scientifici posti in essere come nucleo essenziale da risolvere, giungendo, di lí a poco, a sperimentare molto di quanto affermato da Massimo nei suoi scritti.
Ritrovai pertanto, come sintesi iniziatica, i prodromi della Via occidentale della Tradizione Solare, conosciuta come via del GRAAL, o via di Michele.
Ritrovai i simboli e i segni di questo percorso nelle figure del mosaico medievale della Cattedrale di Otranto (1166 d.C.), che comparavano l’Albero della Vita giudaico-cristiano con esplicite simbologie induiste afferenti al sistema tantrico dei chakra e all’energia serpentiforme nota come Kundalini (rif. F. Corona – La Triplice via del Fuoco nel Mosaico di Otranto – Misticismo ebraico, ascetismo cristiano e metafisica indú nel capolavoro di Pantaleone – Atanòr 2000). In buona sostanza giunsi a comprendere che in età medievale le due tradizioni iniziatiche, orientale e occidentale, venivano poste a confronto dagli studiosi dell’epoca come compendio didattico, pur mantenendo le loro distinte identità ed origini, separate per tipologia e schemi ascetico-operativi, dei quali l’Occidente custodiva quelli della tradizione ermetica rosicruciana impiantata nel piú recente templarismo.
Tali simbologie, sapientemente inserite nel contesto ontologico del mosaico, avevano lo scopo di instillare nel monaco-guerriero quel principio di Forza-Luce prima di affrontare il temuto nemico ismaelita in Terra Santa, del quale, attraverso il monachesimo basiliano, si conoscevano le piú antiche metodiche iniziatiche (cfr. articolo giugno 2018 “Riti templari nel mosaico della cattedrale di Otranto”: https://www.larchetipo.com/2018/06/sacralita/riti-templari-nel-mosaico-della-cattedrale-di-otranto/).
La “missione ritrovata” ha a che vedere con gli obiettivi del volume presentato, Il potere del Serpente e i riti iniziatici nella Grotta dei Cervi di Porto Badisco, ovvero quelli di fornire una prima interpretazione organica dei cripto-simboli presenti nella Grotta neolitica dei Cervi situata a sud di Otranto, in località Porto Badisco. In realtà la grotta risulta utilizzata come luogo di culto in un periodo compreso tra gli 8000 e i 4000 anni a.C., poi fu abbandonata, presumibilmente in seguito a spostamenti migratori dovuti a variazioni climatiche. Tale interpretazione fonda la sua essenza su studi comparati che afferiscono sorprendentemente alla medesima Tradizione Solare millenaria, recuperata nei 3.000 pittogrammi neolitici del sito rupestre, con i suoi riti, i suoi simboli iniziatici e le sue varianti meditative, di cui studiosi come Mircea Eliade, René Guénon, Julius Evola, Pio Filippani Ronconi e lo stesso Massimo Scaligero intuirono l’esistenza e discussero abbondantemente tracciando un percorso ben codificato nei tantra vedici, ma con pochissimi riscontri scientifici preesistenti a supporto. Una corretta interpretazione dei cripto-simboli di Porto Badisco ritengo possa costituire una vera e propria “stele di Rosetta” neolitica, quel tassello mancante per la ricostruzione di questo affascinante e misterioso percorso, confermando quanto sostenuto dai nominati illustri studiosi, con l’auspicio che possa suscitare nella comunità accademica internazionale un nuovo filone di studi comparati sull’argomento già avviati, negli anni ’70, dalla lungimiranza di Massimo sulla rivista «East & West» durante gli anni della sua direzione. Come potete osservare, il titolo del libro fa riferimento ad un concetto energetico vitale associato alle numerose figurazioni a spirale ed immagini serpentiformi cui l’uomo neolitico dedicava le proprie attenzioni, con rituali e simboli ben appropriati facenti capo ad un linguaggio sacro iniziatico, prerogativa esclusiva delle stirpi sciamaniche, da sempre conosciuto con il nome di “Culto, o Potere, del Serpente”.
Questo culto, di grandissimo interesse etno-antropologico si propagò quindi dalle nostre zone europee sino agli estremi territori della valle dell’Indo, con lo stesso ritmo diffusivo delle lingue indoeuropee. Lo ritroveremo infatti ben codificato nei Tantra tardo-vedici del primo millennio a.C. che fungeranno da ponte analitico-semantico per il recupero delle loro stesse origini di natura non piú autoctona.
Francesco Corona