S’inventano di tutto per sloggiare
il Cristo dalla sfera del Divino:
ne fanno un gay al cinema e in Tv,
un irsuto brigante, ricavandone
i tratti dalla Sindone, costringono
a dimettersi un papa, e lo rimpiazzano
con uno piú gradito ai dominanti.
Sono secoli ormai che il Cristo tiene
testa alle trame dei denigratori,
miranti a declassare il suo carisma
a livello di guru che promette
vincenti, portentose beatitudini,
magari tramutando pietre in pane
acquisendo il dominio della Terra.
Insomma, un discutibile tycoon
sarebbe il Cristo, assimilato a un uomo
interessato ai beni materiali,
con smanie di potere. Un controsenso.
Dopo secoli, ancora non è intesa
nel modo giusto e nella sua valenza
la natura dell’Uomo che morí
per riscattare un gregge alla mercé
dei mercanti del tempio, il portatore
dell’alta essenza delle Gerarchie.
Cristo non è una fede, una congrega,
non appartiene a un luogo, a una nazione,
non ha stilato un credo, un vademecum
morale, se non quello che obbedisce
alla voce infallibile del cuore.
È Spirito che soffia dove vuole.
Potremo vilipenderlo, tradirlo,
equivocarne il ruolo, ma alla fine
dovremo al suo riscatto dalla morte
la vita eterna che ci fu promessa.
Il clan dei detrattori si rassegni,
se un Dio si è fatto essere carnale
per amore dell’uomo, non può il Male
sabotare gli angelici disegni:
la sua congiura non sortisce danno,
molti i seguaci, ma non prevarranno.
Il cronista