Psicologia teosofica V – La Teosofia è propaganda buddista?
La conferenza di oggi è destinata a trattare un diffusissimo pregiudizio riguardo al movimento teosofico: quello che la Teosofia non sarebbe altro che propaganda per il buddismo. Per questo movimento si è perfino creato il nome di “neo-buddismo”. Ora, senza dubbio, se quello che è espresso in questo pregiudizio fosse in qualunque maniera esatto, i nostri contemporanei dovrebbero avere molte obiezioni nei confronti del movimento teosofico. Per esempio, colui che si pone dal punto di vista cristiano, si domanderà giustamente a cosa possa servire una religione che è stata destinata a un tutt’altro popolo, in tutt’altro contesto e ad altre condizioni, rispetto a chi ha fatto del cristianesimo il proprio credo o che è stato allevato cristianamente. E chi si pone dal punto di vista della scienza moderna, è ugualmente libero di dirsi: cosa può apportare il buddismo, che sia in qualche modo importante, a noi che viviamo con i concetti scientifici acquisiti nel corso degli ultimi secoli, quando tutto quello che esso contiene fa parte di un mondo di pensieri che si sono formati molti secoli prima della nostra èra? Oggi, ci occuperemo di sapere come questo giudizio sia potuto nascere e quale valore abbia in realtà.
Sapete che, grazie a Helena Petrovna Blavatsky e al colonnello Olcott, il movimento teosofico è nato nel 1875, che da allora si è esteso in tutti i paesi colti della Terra, che migliaia e migliaia di persone che cercano di risolvere i problemi dell’esistenza vi hanno trovato appagamento nel senso piú profondo, e che ha provocato delle ricerche che parlano intimamente all’anima dell’uomo moderno. Tutto questo è indiscutibile e dobbiamo porci questa domanda: qual è la posizione di questo movimento, che ha una fornita letteratura, che ha dato numerose personalità capaci di parlare oggi in modo autonomo delle religioni d’Oriente, dell’induismo e, in particolare, del buddismo?
Il titolo di uno dei libri piú diffusi nel nostro ambiente ha una buona parte di colpevolezza per questo pregiudizio. Si tratta del libro grazie al quale moltissime persone hanno aderito al movimento: Il Buddismo esoterico di Sinnett. È stato un caso stranamente sfortunato che ci si sia potuti sbagliare completamente sul titolo di questo libro. Madame Blavatsky dice di questo libro che non si tratta né di buddismo, né di esoterismo, anche se è intitolato Il Buddismo esoterico. Questo giudizio è estremamente importante per poter apprezzare il movimento teosofico. Certo il termine di buddismo figura nel titolo del libro di Sinnett, ma non si sarebbe dovuto scriverlo con due “d” come se derivasse da Buddha, ma con una sola, perché viene da Budhi, il sesto principio umano, quello dell’Illuminazione, della conoscenza. La Budhi è la Gnosi dei primi secoli cristiani. La conoscenza grazie alla luce interiore dello Spirito, l’insegnamento della saggezza.
Se concepiamo il termine “budhismo” in questo modo, potremo rapidamente confessarci che l’insegnamento del Buddha non è altro che una delle varie forme nelle quali questo insegnamento della saggezza è diffuso nel mondo. Non solo il Buddha, ma tutti i grandi Maestri della saggezza hanno diffuso questo budhismo: l’egizio Ermete, gli antichi rishi indiani, Zaratustra, i Maestri cinesi Lao-Tse e Confucio, gli Iniziati degli antichi Ebrei, poi Pitagora e Platone, e infine gli insegnanti dello stesso cristianesimo. Hanno detto che il budhismo, e il budhismo esoterico, non significano altro che insegnamento interiore in opposizione a quello esteriore. Tutte le grandi confessioni religiose del mondo hanno fatto questa distinzione fra l’insegnamento esoterico ed exoterico. Anche il cristianesimo ha conosciuto, particolarmente nei primi secoli, questa distinzione fra tenore esoterico ed exoterico.
L’esoterico si distingue in modo del tutto essenziale dall’exoterico. L’exoterico è quello che un Maestro pronuncia davanti alla comunità, quello che è diffuso con la parola, con i libri. È quello che capisce ogni persona che si trova ad un certo livello di cultura. L’insegnamento esoterico non viene diffuso con dei libri; la parte esoterica di ogni religione di saggezza è diffusa solo oralmente, e anche in tutt’altra maniera. Per comunicare un contenuto esoterico a qualcuno, ci vuole anche una relazione intima fra il discepolo e il Maestro, che deve essere al tempo stesso una guida: occorre che esista un legame personale diretto fra il Maestro e il discepolo; occorre che in questa relazione fra Maestro e discepolo esprima quello che va al di là della semplice comunicazione, della semplice parola. Deve esserci qualcosa di spirituale in questa relazione fra Maestro e discepolo. È necessario che la forza spirituale del Maestro agisca sull’allievo. La volontà esercitata attraverso la saggezza deve far affluire qualcosa che passi direttamente nell’allievo, o nella piccola comunità che beneficia di un insegnamento esoterico in quanto tale. Ed inoltre, fa parte di un insegnamento esoterico il fatto che questa piccola comunità sia elevata gradualmente ai livelli superiori. Non si può conoscere il terzo grado, se non si sono fatti propri il primo e il secondo. Il terzo livello non comporta solo una formazione, ma una totale metamorfosi dell’uomo, una elevazione e una disciplina di tutte le forze della sua anima. L’uomo che è passato per una scuola esoterica, non ha soltanto imparato qualcosa, ma è diventato un altro uomo nel suo temperamento, il suo cuore e il suo carattere, non soltanto per la sua comprensione e il suo sapere.
Quello che è confidato al mondo esteriore o ad un libro è solo un pallido riflesso di un insegnamento esoterico propriamente detto. Per questa ragione Madame Blavatsky ha ragione nel dire che il libro di Sinnett non è un insegnamento esoterico, perché nel momento che un qualunque insegnamento è comunicato semplicemente attraverso un libro, o pubblicamente, non è piú esoterico; esso è diventato exoterico, perché il significato particolare dato dal cuore, dalle piú sottili forze dell’anima, tutto il soffio spirituale che deve attraversarlo con il suo flusso, il suo calore, quello che l’esoterismo contiene in sé, tutto questo deve essere eliminato da ciò che è comunicato soltanto con un libro.
A dire il vero, è possibile una cosa: colui che ha delle potenziali facoltà sopite, che possono essere facilmente risvegliate e che ha la volontà e l’inclinazione che gli permettono non soltanto di leggere fra le righe di un libro, ma anche, per cosí dire, di compenetrarsi delle parole, può anche trovare nel libro l’esoterismo inerente al libro exoterico. Si può eventualmente penetrare negli insegnamenti esoterici fino ad un elevato livello senza riceverne di personali e diretti. Ma questo non cambia il fatto che ci sia un’enorme differenza fra tutto quello che è esoterico e quello che è exoterico. Gli gnostici cristiani dei primi secoli riferiscono che quando parlavano ai loro personali allievi, nelle parole di Origene, o di Clemente d’Alessandria, agiva immediato il fuoco dell’anima. La forza spirituale aveva allora una tutt’altra vita di quando quelle parole erano espresse davanti a una grande folla. Coloro che hanno beneficiato dell’insegnamento privato di quei grandi Maestri cristiani, possono raccontare come tutta la loro anima ne sia stata metamorfosata e come sia diventata un’altra.
Nell’ultimo terzo del XIX secolo, era dunque diventata una necessità risvegliare la vita spirituale nell’umanità per controbilanciare la visione materialistica del mondo, che aveva preso possesso non soltanto delle cerchie scientifiche, ma anche di quelle religiose, che avevano assunto un carattere veramente materialistico. Era diventato necessario risvegliare nuovamente la vita spirituale interiore. Questa vita interiore può essere risvegliata solo da colui che nelle sue parole parte dalla forza creata nell’esoterismo. Era diventato necessario che parlassero nuovamente alcuni uomini che conoscevano i mondi situati al di sopra del piano fisico, non soltanto con dei libri e degli insegnamenti ma con una visione personale immediata. Esattamente come qualcuno può avere esperienza nel campo delle scienze naturali, cosí qualcuno può averne nel campo della vita dell’anima e dello Spirito. Si può avere una conoscenza diretta di quei mondi.
Da sempre ci sono stati uomini che hanno avuto esperienze spirituali; e coloro che avevano simili esperienze sono stati i conduttori e le guide dell’umanità. Quello che è fluito nell’umanità sotto forma di confessioni religiose deriva dall’esperienza spirituale e animica di quei fondatori delle religioni. Non erano altro che degli inviati delle grandi fraternità di saggi che avevano la guida dell’evoluzione dell’umanità. Essi di tanto in tanto inviano nel mondo la loro saggezza, il loro sapere spirituale, per dare un nuovo impulso, un nuovo slancio al progresso dell’umanità. L’origine di questo influsso nell’umanità non è visibile per la grande massa degli uomini. Ma coloro che possono fare delle esperienze personali, che hanno un legame con i fratelli evoluti dell’umanità, che hanno raggiunto un livello che l’umanità raggiungerà soltanto in tempi lontani, sanno da dove vengono questi impulsi. Un tale legame, grazie al quale la parola dello Spirito parla dall’interiorità ai fratelli, grazie ai fratelli evoluti dell’umanità, è esso stesso un legame esoterico che non può essere stabilito da una società esterna, ma è direttamente instaurato dalla forza spirituale.
Nell’ultimo terzo del XIX secolo, era necessario che nell’umanità affluisse di nuovo una corrente di saggezza, una nuova ondata di saggezza proveniente da una tale confraternita di individualità evolute. Madame Blavatsky era una messaggera di queste superiori individualità umane arrivate a un altissimo livello di saggezza e di volontà divine. Le comunicazioni che costituiscono la base del budhismo esoterico sono della stessa natura di quelle che provengono da tali individualità umane evolute.
Ora, per una necessaria concatenazione di fatti spirituali della storia universale, ma non ancora facile da vedere nel suo insieme, avvenne che le prime influenze del movimento teosofico venissero dall’Oriente, da Maestri orientali. Ma sin da quando Helena Petrovna Blavatsky scrisse la sua Dottrina Segreta, non erano già piú soltanto quei saggi orientali che, in quanto grandi Iniziati, comunicavano a Madama Blavatsky gli insegnamenti che potete trovare nella Dottrina Segreta. Un iniziato egiziano ed uno ungherese avevano già aggiunto il loro contributo a questo nuovo e grande slancio. Da allora, parecchie nuove correnti sono venute ad aggiungersi nel movimento teosofico, cosí che per colui che sa per sua propria conoscenza ciò che avviene dietro le quinte, che si verifica necessariamente dietro le quinte perché non può penetrare che lentamente nella corrente teosofica, non ha senso oggi dire che un neo-buddismo sarebbe il contenuto del movimento teosofico.
Non è soltanto l’uomo medio ad essere dipendente da quanto lo circonda, della sua epoca e della sua nazione, lo è anche l’uomo piú evoluto. In una certa maniera, anche colui che è arrivato ad un elevato grado di saggezza e di volontà divine è dipendente da quanto lo circonda. I grandi saggi hanno insistito su questo dall’inizio del movimento teosofico. I grandi saggi provenivano dal saggio mondo orientale. Facevano parte di una confraternita che aveva radici nel profondo buddismo dell’Oriente. Questa confraternita non ha le sue radici nel cosiddetto buddismo del Sud, che potete particolarmente trovare a Ceylon [oggi Sri Lanka], ma in quello del Nord, che contiene non soltanto il puro e nobile insegnamento di morale e di giustizia del buddismo del Sud, ma anche il sublime insegnamento di quanto è spirituale, della vita spirituale del mondo. In un certo senso, questo buddismo del Nord può essere considerato come una specie d’insegnamento esoterico, in contrapposizione a quello del Sud.
Ora, perché il rinnovamento della vita spirituale doveva essere suscitato a partire da lí? Era necessario? Non ci facciamo alcuna illusione su tutta la situazione esistente, ma descriviamola come si presenta a colui il cui sapere è privo di pregiudizi.
Tutte le grandi religioni e le grandi visioni del mondo emanano da inviati di quelle grandi confraternite di uomini evoluti. Ma mentre queste grandi confessioni proseguono la loro avanzata attraverso il mondo, esse devono adattarsi alle diverse concezioni dei popoli, all’intelligenza, alle epoche e alle nazioni. Particolarmente dopo il XV e il XVI secolo, la nostra epoca materialista ha reso tale non solo la scienza, ma anche le confessioni religiose dell’Occidente. Essa ha fatto regredire sempre di piú la comprensione dell’esoterismo, dello spirituale, della vita dello Spirito propriamente detta; è avvenuto cosí che non sia esistita piú che pochissima comprensione di una saggezza piú profonda. Per ciò che concerne quello da cui è nata la religione europea, dobbiamo tuttavia permetterci di dire che coloro che possedevano una coscienza morale cercavano lo spirituale, ma che non trovavano piú molto stimolo nelle confessioni religiose protestanti del XIX secolo, che non erano soddisfatti di quello che udivano da esse e dai teologi. Erano proprio coloro che avevano i piú profondi bisogni religiosi che trovavano la minima soddisfazione nelle confessioni religiose del XIX secolo. Queste ultime sono state vivificate nuovamente in profondità dal fulcro esoterico degli insegnamenti universali della saggezza. La Teosofia ha ricondotto al cristianesimo innumerevoli persone che ne erano state distolte da fatti di interesse scientifico. È dunque cosí che il movimento teosofico ha portato un nuovo approfondimento a questo cristianesimo, che ha mostrato di nuovo il cristianesimo sotto la sua vera forma, l’autentica, e ha ricondotto a sé molti di coloro le cui anime e cuori non erano stati soddisfatti. Ciò è dovuto al fatto che, riguardo al cristianesimo, la Teosofia non ha fatto altro che rinnovare il suo fulcro interiore e mostrarlo sotto la sua vera forma. Ma, per questo, era necessario che lo stimolo fosse emanato dal piccolo circolo d’Oriente, nel quale si era mantenuta ancora una persistente corrente sin dai tempi di una elevatissima vita spirituale, all’inizio della nostra razza radicale.
Dal Medio-Evo fino all’epoca moderna, ci furono dei grandi saggi anche in Europa, e ci furono anche delle confraternite di questo tipo. Devo qui menzionare i Rosacroce. Ma l’epoca materialista non poteva piú accettare granché di questa società. Fu cosí che, già all’inizio del XIX secolo, gli ultimi Rosacroce si unirono con i loro fratelli d’Oriente, dei quali hanno in seguito emanato gli impulsi. La cultura europea aveva perduto la forza spirituale e per questa ragione gli impulsi dovettero venire dapprima dall’Oriente. Da qui il detto : Ex Oriente lux. Ma in seguito, quando questa luce fu arrivata, la scintilla fu di nuovo trovata e cosí, anche in Europa, le confessioni religiose poterono ritrovare la luce.
Oggigiorno, non abbiamo piú assolutamente bisogno di propagare ancora l’eco del buddismo. Oggi siamo in grado di esporre interamente la cosa a partire dalla nostra cultura europea e anche da quella cristiana, senza alcun riferimento a fonti o origini buddiste o altre influenze orientali. È degno di nota quello che ha detto uno dei piú importanti teosofi indiani al Congresso sulla religione di Chicago, a proposito della missione mondiale del movimento teosofico. Chakravarti ha pronunciato un discorso e ha detto che anche nel popolo indiano si è persa l’antica vita spirituale. Il materialismo dell’Occidente è arrivato anche in India. Anche in India si è diventati sprezzanti e negativi riguardo agli insegnamenti degli antichi rishi, ed è merito del movimento teosofico di aver portato anche in India l’insegnamento spirituale. È poco esatto dire che siamo noi a diffondere la visione indiana del mondo, mentre è pertinente precisamente l’inverso: è piuttosto il movimento teosofico che ha riportato in India la visione che deve essere rappresentata.
Gli scienziati che nel corso del XIX secolo si sono occupati delle ricerche sul buddismo, hanno fatto una obiezione all’espressione “buddismo esoterico” dal loro punto di vista. Hanno affermato che il Buddha non ha mai insegnato niente che si possa qualificare come esoterismo. Ha dato un insegnamento per il popolo, aveva principalmente in vista la vita morale, e ha pronunciato delle parole che potevano essere comprese da chiunque; secondo loro, il Budda non ha trattato in alcun caso un insegnamento occulto. Per questo alcuni hanno detto che non può assolutamente esistere un buddismo occulto. Sono state scritte molte cose inesatte sul Budda e sul buddismo. Potete vederlo già in certi passaggi del libretto pubblicato dall’Editrice Reclam. Vi è detto: «Quello che conosco e che non riferisco è ben di piú di quello che vi ho riferito. E in verità, se non ve l’ho annunciato, non è perché ciò non vi porterebbe alcun beneficio, che non sarebbe benefico nella condotta della vita verso la santità, che non porterebbe a rinforzare, alla soppressione del piacere, alla pace, alla conoscenza, all’Illuminazione e al Nirvana. Non è per questa ragione che non l’ho riferito. Ma cosa vi ho riferito ? È la sofferenza, è la nascita della sofferenza, è la soppressione della sofferenza ed è il cammino che conduce alla soppressione della sofferenza. Ecco cosa vi ho riferito».
Un tale passaggio mostra immediatamente che nel buddismo abbiamo a che fare con un insegnamento che non è tutto riferito pubblicamente. E per quale ragione non è reso pubblico? Semplicemente perché un insegnamento esoterico non può esserlo! Non voleva altro il Buddha che annunciare al suo popolo un insegnamento etico e morale, grazie al quale ognuno può diventare abbastanza maturo per essere poi ammesso ad una scuola di Scienza dello Spirito, dopo aver creato in sé la virtú, il temperamento, le disposizioni del carattere che sono necessari per essere ammessi all’esoterismo. Il Buddha ha riferito ai suoi piú intimi discepoli quello che andava oltre l’exoterico. Il buddismo del Nord ha conservato, in una corrente spirituale vivente, questa segreta dottrina sia buddista che di tutte le grandi religioni dello Spirito, ed è da lí che per questa ragione poté emanare quell’influenza che ha portato alla fondazione della Società Teosofica.
Ora, i nostri contemporanei rifiutano in particolare che una qualsiasi influenza favorevole sia potuta venirci dal buddismo, dall’induismo o da altra confessione religiosa orientale qualsiasi. E allo stesso modo in cui incontriamo un incredibile pregiudizio, si potrebbe anche provare, in merito ad altri innumerevoli punti, quanto in Europa le confessioni orientali siano state poco comprese, per come ne parlano coloro che non si sono mai dati la pena di entrarvi, e si comportano come se un elemento del tutto estraneo alla saggezza occidentale venisse a spandersi in Occidente. Si dice cosí che il buddismo conduce a fuggire la vita, all’ascetismo, a stimare di piú il non-essere della vita. E si dice inoltre che una tale fuga davanti alla vita, una tale ostilità riguardo alla vita, sarebbe qualcosa che non converrebbe all’uomo moderno attivo. A cosa serve una tale fuga di fronte alla vita? dicono. Basta comunicare un solo passaggio degli scritti buddisti per dimostrare quanto poco fondato sia il rimprovero di ostilità nei confronti della vita rivolto al buddismo. L’espressione “bhikshu” significa allievo del buddismo. Quando un bhikshu priva della vita un essere umano, o fa l’elogio della morte, o incita altri esseri al suicidio, dicendo: «A cosa ti serve questa vita? Morire sarebbe meglio che vivere!», e dopo aver considerato la morte in questa maniera, torna alla vita, allora è rinnegato e non fa piú parte della comunità. Questo è il tenore di una severa legge del buddismo, ed è proibito dire a qualcuno che la morte sarebbe piú preziosa della vita: è uno dei piú grandi peccati nel vero buddismo. Se considerate questo, potrete misurare da qui come siano poco pertinenti le rappresentazioni che sono costantemente fatte da coloro che non si sono sufficientemente occupati personalmente della cosa.
È difficile eliminare dal mondo dei pregiudizi che si sono cosí formati. Una volta dopo l’altra, si può soltanto indicare la vera forma di queste cose. Si pronunciano certo delle parole, ma ben presto le stesse obiezioni ritornano ancora e ancora. Si può dire cento volte che il nirvana non è il non-essere, ma la pienezza e la ricchezza dell’essere, che è il piú elevato vertice della coscienza e dell’essere, che non esiste alcun passaggio, pure negli scritti exoterici, da cui emerga che un vero conoscitore si rappresenta con il nirvana il non-essere. Si può ripeterlo cento volte, ma ogni volta è recepito come una fuga davanti alla vita. Il nirvana è esattamente la stessa cosa di cui parla il cristianesimo. Ma solo coloro che furono iniziati ai piú profondi segreti del cristianesimo possono dirlo.
È innegabile che i veri cristiani, gli scolastici ed i mistici furono profondamente influenzati da Dionigi l’Areopagita. In lui, quando tratta dell’esistenza divina con la quale l’umano deve riunirsi alla fine dell’evoluzione, trovate che non si deve conferire a quest’esistenza superiore un attributo che sia derivato dalle nostre rappresentazioni terrestri. In effetti, tutto quello che possiamo enunciare in quanto qualità, l’abbiamo acquisito in questo mondo. Se attribuiamo all’esistenza divina una tale qualità – dice questo esoterista cristiano – diciamo del divino che sarebbe simile al finito, a quello che è di questo mondo. Dionigi l’Areopagita dice per questa ragione che non si deve neppure dire “Dio”, ma “Super-Dio” e che, per indicare ogni carattere sacro del concetto, ci si deve prima di tutto guardare dall’attribuire a quest’essere divino un qualsiasi segno distintivo che sia preso dal mondo: che bisogna avere l’idea chiara sul fatto che l’essere divino non può avere le qualità di cui possiamo fare l’esperienza nel mondo, ma ben maggiori.
A loro volta hanno rinnovato questa visione il grande cardinale Niccolò Cusano nel XV secolo e ugualmente i mistici cristiani come Meister Eckhart, Tauler, Jakob Böhme, e molto generalmente tutti i mistici che hanno avuto per esperienza diretta una visione intuitiva delle grandi esperienze dell’esistenza. Anche i buddisti occidentali parlano di nirvana. Forse possiamo avere un miglior concetto del nirvana se per esso cerchiamo le parole europee, cristiane.
Colui che dalla nostra epoca risale al XVI secolo ed esamina le parole di quel tempo, troverà che è piú difficile determinarne il senso. È anche per questo che quanto è detto del nirvana dal punto di vista filologo è totalmente inesatto. Colui che parla del movimento teosofico come movimento neo-buddista non potrà prima di tutto dire niente di pertinente dell’orientamento spirituale buddhista. Coloro che hanno messo in giro questo pregiudizio, non sanno effettivamente nulla di ciò di cui parlano. Perché non è necessario ricorrere alle fonti orientali. Solo il primo impulso è stato emanato da questa fonte orientale. Quello che abbiamo oggi non fluisce verso di noi a partire dal buddismo. Dai primi tempi del movimento teosofico, al contrario, la vita, la vita spirituale diretta, è diventata sempre di piú intensa nella corrente spirituale teosofica. E oggi, se chi vuole propagare l’insegnamento teosofico originale volesse divulgare solo una confessione buddista, sarebbe esattamente come qualcuno che volesse insegnare non la matematica che ha imparato lui stesso, ma quella del vecchio Euclide o del vecchio Descartes. La cosa importante nel movimento teosofico è che i primi grandi Maestri ne furono solo i promotori e che, da allora, sono apparsi delle persone che hanno veramente esperienza in materia di spiritualità, e che sono in grado di trasmettere il sapere spirituale. Cosa sono per noi Zarathustra, il Buddha, Ermete e cosí via? Sono dei grandi iniziatori, davanti ai quali siamo pieni di venerazione e ammirazione, perché quando li guardiamo essi suscitano le forze di cui abbiamo bisogno. Il sapere non può essere trasmesso in forza dell’autorità, neppure dai piú grandi saggi. Ci sono anche delle buone ragioni se abbiamo un diverso rapporto con il Buddha, con Zarathustra o con il Cristo rispetto ai grandi professori di matematica o di fisica. Quello che è comunicato in quanto principio di saggezza diventa nell’uomo vita esteriore immediata. Non è un sapere come la matematica o la scienza della natura, ma al contrario vita vivente. Ciò che trasmette la scienza della saggezza, parla all’uomo tutto intero. Scorre attraverso tutta la personalità, fino alla punta dei piedi. E quando sgorga fuori della personalità, si tratta della saggezza stessa che ne zampilla, il suo flusso passa da un essere a un altro. Per questo non ci poniamo nei confronti di Gesú, di Ermete e del Budda come verso quelli della scienza, ma al contrario siamo con loro in una vita comune, viviamo e tessiamo dei legami, siamo in loro. E tuttavia sono soltanto dei semplici iniziatori. Considerano assolto il loro compito quando la saggezza è diventata di nostra proprietà. Per questo ciò che è importante non sono i dogmi, né i princípi, né delle verità libresche, ma che la vita sia vibrante, in movimento, pulsante. Non comprende in maniera giusta il movimento teosofico colui che non sa, nel profondo del suo cuore, che una vibrante vita deve animare con il suo impulso ogni singola personalità, ogni singolo membro facente parte del movimento teosofico, percorso dal flusso di correnti spirituali viventi. Non abbiamo in mano un libro e non proclamiamo i suoi dogmi, siamo vita, ed è la vita che vogliamo comunicare. La Teosofia agirà per il fatto che comunicherà la vita.
Se lo comprendiamo, avremo anche chiaro il fatto che non è il testo dell’insegnamento ad essere importante, bensí l’esperienza spirituale immediata che ognuno ha da comunicare, di cui deve parlare. È un grande errore credere che nella Teosofia si debba nuovamente giurare su una qualsiasi parola del Maestro, o che si debba costantemente ripetere tali o tal altri dogmi o princípi che vengono da tali o tal altre individualità superiori, e che proprio questo sarebbe la Teosofia. Si crede che si sia un teosofo quando si parla del mondo astrale e di Devachan e si diffonde quello che si trova nei libri. Questo non fa di qualcuno un teosofo. Quello che importa non è quello che è comunicato, ma come lo sia: che sia detto in quanto messaggio vivente. Per questa ragione colui che vive in modo giusto la vita proveniente dai libri scritti da Madame Blavatsky o da qualcun altro, la vivrà veramente in modo individuale. Ed essere in grado di ricevere in se stesso una realtà spirituale e di ridarla a sua volta, sarà lo stimolo maggiore che qualcuno potrà ricevere dalla Blavatsky. Abbiamo bisogno di personalità che sappiano trasmettere le esperienze che hanno avuto nei mondi superiori. È allora indifferente che questo abbia luogo con le parole dell’Oriente, del cristianesimo o parole coniate recentemente. Nel vero teosofo non vivono parole o concetti, in lui vive lo Spirito. E lo Spirito non ha parole o concetti, ma l’immediatezza della vita vibrante. Tutti i concetti e tutte le parole non sono altro che forme esteriori per lo Spirito che vive nell’uomo. Questo sarà il progresso portato dal movimento teosofico. E questo sarà ancora piú teosofico se piú persone capiranno la vita teosofica, se afferreranno che l’importante non è parlare di karma e di reincarnazione, ma di fare, dello Spirito che vive in loro, il creatore delle parole, colui che dà vita alle parole. Allora non parleremo forse piú con le parole valide e usate nel movimento teosofico, e saremo pertanto degli ottimi teosofi. Nel movimento teosofico non ci saranno di nuovo dei buoni credenti e degli eretici. Se li distinguiamo, all’istante stesso vorrà dire che non abbiamo capito niente del movimento teosofico. E per la stessa ragione non possiamo avere né una confessione induista, né buddista. Noi parliamo ad ogni uomo in modo che possa capire le nostre parole, che saranno determinate dal suo progresso e dalle condizioni dell’epoca in cui vive.
Non è quindi giusto parlare ai nostri europei con grandi frasi buddiste, perché per la nostra sensibilità e i nostri cuori europei, nella sua formulazione, il buddismo è qualcosa di straniero. Dobbiamo veramente entrare nelle sensibilità, senza concedere con la forza qualcosa di estraneo. Sarebbe in verità come dare un pugno al movimento teosofico, se volessimo imporre con la forza una confessione straniera che non abbia radici nella vivente vita del popolo. Ed era proprio il segreto dei Maestri della saggezza il saper trovare le parole e i concetti per parlare ad ogni persona in modo da essere compresi. Fra i grandi Maestri ce lo dimostrano Ermete, Mosè, Pitagora, Buddha, Cristo. Annunciavano ai popoli quello che potevano comprendere in quei luoghi e in quei tempi. Ermete non avrebbe mai insegnato altro che ciò che era adatto al cuore egiziano. Il Buddha non avrebbe mai insegnato altro che ciò che era adatto per un cuore indiano. E noi dobbiamo insegnare quello che è adatto per il cuore occidentale. Dobbiamo conformarci a quanto vive già nel popolo. Questo è stato il segreto di tutti i grandi Maestri di tutti i tempi. In questo modo approfondiremo nuovamente il fulcro di saggezza delle grandi confessioni religiose, ma prima di tutto avremo accesso ai cuori di ciascuno. Dobbiamo disimparare a giurare sui dogmi, disimparare a cercare ciò che è giusto nell’accettare un principio. Dobbiamo avere come mira solo la vita. Allora non daremo piú adito a pregiudizi secondo i quali vorremmo proclamare un nuovo buddismo, fare della propaganda buddista. Coloro che considerano la Teosofia come un movimento spirituale moderno, parleranno ai cristiani con rappresentazioni cristiane e agli scienziati in termini scientifici. Certo, l’uomo può sbagliare nel dettaglio, ma in fondo al suo cuore deve trovare la verità, in qualsiasi forma essa si esprima. Ma quando si parla con forme straniere, è come se si volesse dare sassi a colui che cerca il pane.
Allo stesso tempo si ha un’indicazione che mostra a qual punto sia falso e inadeguato fare nuovamente di un qualche dogmatismo, stile antica Chiesa, quello su cui ci fondiamo. Non abbiamo alcun dogma del genere. Coloro che sanno cosa sia realmente il movimento teosofico, non si preoccupano di dogmi. Quello che abbiamo da insegnare è iscritto profondamente nel cuore di ognuno. Ciò che deve fare il teosofo è far conoscere ciò che non deve essere cercato in un libro oppure in una tradizione, che non proviene da alcun dogma ma solo dal suo cuore. Non deve fare altro che indurre i suoi uditori a leggere ciò che è scritto nella loro stessa anima. Chi vuole aiutare, deve essere un promotore.
Il teosofo si pone cosí innanzi alla vita di ogni anima e non vuole altro che ciò che, in quanto promotore, aiuta a conoscere se stesso. Sempre piú uomini conosceranno cosí il movimento teosofico e, con il loro lavoro positivo, porteranno le cose al punto che non sarà piú possibile che si crei un pregiudizio come quello che si voglia fare della propaganda buddista o inoculare nel cristianesimo qualcosa di estraneo. No, il passato è morto se non lo si porta ad una nuova vita. Non è quello che si trova nei libri e nei documenti ad avere la vita, ma quello che ogni giorno nasce di nuovo nei nostri cuori. Se lo capiamo, allora soltanto siamo dei veri teosofi. Nella nostra società esistono allora in ogni essere una libertà teosofica, l’aspirazione teosofica verso se stessi e non un giuramento su un qualsiasi dogma, ma soltanto una ricerca, soltanto uno sforzo, soltanto un’aspirazione ad una propria personale conoscenza. Allora non c’è nemmeno una qualunque eresia, niente che possa essere riconosciuto come inaccessibile, nessun conflitto ma, al contrario, uno sforzo congiunto per andare sempre uniti verso una vita spirituale! Le grandi individualità hanno sempre considerato le cose cosí. Anche Goethe le ha considerate cosí e l’ha espresso nelle seguenti belle parole :
Merita la libertà e anche la vita
solo colui che deve conquistarle ogni giorno.
.
(Faust II – atto V)
Rudolf Steiner
Dalle annotazioni di uditori presenti alla conferenza di Rudolf Steiner.
Berlino, 8 dicembre 1904 ‒ O.O. N° 52. Traduzione di Angiola Lagarde.