Il grande poeta e scrittore Hermann Hesse narra, in uno dei suoi interessanti racconti, una storia avvenuta nel XV secolo, in una città dalle antichissime origini sul mare Tirreno. Qui sorgeva, da tempo immemore, un magnifico e solenne tempio dedicato al dio degli oceani, Nettuno.
Mutati con il tempo i costumi e i culti, gli abitanti decisero un giorno di costruire al suo posto una chiesa. Per la ricchezza dei suoi ornamenti e il pregio del suo decoro, la nuova chiesta oscurò il ricordo e la gloria dell’antico tempio.
Accadde dunque che il dio, evidentemente gelosissimo delle sue prerogative, non gradisse la rimozione e la sostituzione, per cui scatenò una tempesta senza uguali, durata quattro giorni e quattro notti, in seguito alla quale della chiesa non rimasero che macerie e calcinacci.
Per capire la ragione di una tale furia, vennero chiamati a consulto i piú dotti del tempo e del luogo, i quali, dopo attento esame, attribuirono le rovine alla collera del dio marino, sostituito da un dio che aveva subíto il martirio della croce. E proprio una grande e pesante croce dorata, divelta dal furioso tsunami, era precipitata dal campanile sul tetto della chiesa, sfondandolo e rimanendo incastrata nelle travature.
Cosí la vide la folla, accorsa per costatare i danni, non appena fu possibile accostarsi al luogo dell’accaduto. Orrore misto allo sgomento: la Croce del Golgota, ritorta e schiacciata – simbolo straziato del patibolo sul quale era spirato il Redentore – richiamava, in maniera esplicita e tremenda, un gigantesco tridente.
Accadde inoltre che alcune persone, accorse alla spiaggia per vedere i danni procurati ai pescherecci, trovarono impigliato nelle reti uno strano personaggio, che i pescatori trascinarono fino sulla piazza del paese. Una volta liberato dalle corde e dalle alghe che lo ricoprivano, esterrefatti notarono che quell’essere non aveva gambe ma una lunga coda di pesce: si trattava di un tritone! Fu gettato nella fontana al centro della piazza, e quello si adagiò sul fondo, dal quale emergeva ogni tanto per emettere fonemi di una lingua sconosciuta. La gente del paese cominciò ad affollarsi intorno alla fontana, per spiare il rifugio acquatico del tritone e cercando di capire il significato di quei suoni misteriosi.
Si trovò finalmente un esperto in lingue antiche, il quale affermò che l’essere si esprimeva in greco arcaico, in particolare nel dialetto ionico in cui erano stati scritti i poemi omerici. Il senso delle parole del tritone, interpretate dall’esperto linguista, fu che Nettuno era profondamente offeso della mancanza di riguardo nei suoi confronti, e che avrebbe comunque voluto essere onorato dai cittadini, se non con un nuovo tempio, almeno con una statua.
Il giorno dopo il mostro marino era sparito. Il messaggio però era stato recepito, e la cittadinanza si impegnò ad eseguire quanto richiesto dal dio attraverso lo strano messaggero.
La chiesa fu ricostruita, e davanti ad essa, al centro della fontana, una grande statua di Nettuno campeggiava, non piú come distruttore ma come protettore dell’intera città. Ed è ancora lí.
Elideo Tolliani