La parte finale de Il Cristianesimo quale fatto mistico è dedicata alla visione delle vie sapienziali e religiose dell’epoca di fronte alla piú importante e decisiva idea cristiana, la quale, secondo Rudolf Steiner, come abbiamo cercato di delineare nei precedenti articoli, è rappresentata simbolicamente dalla croce sul Golgota, che concentra in un fatto reale il culto di tutti i Misteri dell’antichità.
Vi sono, nei primi secoli cristiani, due correnti principali in lotta tra di loro: i pagani fedeli all’antica concezione misteriosofica e i cristiani che percorrono o la via mistica racchiusa nel Vangelo di Giovanni o quella cultica guidata dall’apostolo Paolo, che continua il messaggio di Pietro. Nei primi secoli del cristianesimo la ricerca della via verso il divino era una questione assai personale, in misura anche maggiore che piú tardi. Doveva passare diverso tempo prima che potesse affermarsi una convinzione come quella espressa da Agostino, in base alla quale non avrebbe creduto al Vangelo se non vi fosse stato costretto dall’autorità della Chiesa cattolica.
La lotta fra l’atteggiamento proprio dei Misteri e quello cristiano ricevette un’impronta particolare da parte dello gnosticismo. Gli gnostici erano infatti imbevuti dell’antica sapienza misteriosofica e cercavano di comprendere il Mistero del Golgota alla luce degli antichi Misteri; di conseguenza il problema principale, per la Gnosi, fu nel fatto che il Gesú storico deve avere un rapporto con il Logos spirituale. La Gnosi, come d’altra parte la filosofia neoplatonica, non poteva concepire una dottrina del Logos, storicamente fondata su un puro sacrificio mistico di sangue basato sulla crocifissione. La Gnosi, come il neoplatonismo, finiva cosí per rifiutare il dileguare della trascendenza originaria nell’immanenza storica.
Chi riconosce l’antica dottrina del Logos, penetra su, sino alla Parola creatrice divina che è il principio di ogni cosa, e alla quale fa appunto riferimento l’autore del Vangelo di Giovanni allorché afferma che il Logos si fece carne. Dunque immanenza storica. Tale principio non poteva essere compreso dalla misteriosofia gnostica o neoplatonica.
La mistica cristiana fu sempre coltivata accanto al culto ufficiale. Il Dottore ricorda (R. Steiner, Il Vangelo di Giovanni, O.O. N° 103) che Paolo si valse della sua ardente oratoria per predicare il cristianesimo ai popoli, ma al tempo stesso fondò una scuola di misticismo cristiano, a capo della quale fu Dionisio l’Areopagita, menzionato negli Atti degli Apostoli (17,34). In quella scuola mistica, fondata in Atene da Paolo stesso, veniva insegnata la piú pura Scienza dello Spirito.
È vero che i libri di Dionisio iniziano a essere menzionati solo dal VI secolo, ma essi trasmettono l’insegnamento del Cristianesimo come evento mistico quale era in vigore nelle prime comunità cristiane.
Tale insegnamento si tramandò oralmente, in quanto allora deliberatamente non si affidavano alla scrittura i contenuti piú importanti. Secondo il pensiero di Dionisio, la percezione sensoria occulta la visione mistica-spirituale, l’uomo deve dunque superarla. Se la persona vuole concretamente aprirsi al divino, deve superare anche i concetti di “essere” o “non essere”, in quanto anche questi provengono dal modo pensante legato al percepire sensorio.
Il divino è al di là di esistente o non esistente, bisogna perciò sollevare il Sé al di sopra della propria osservazione sensibile e della propria logica intellettuale, e trovare il passaggio alla visione spirituale. La divinità Sovra-essente dotata di una saggezza mistica, che è appunto al di là di “essere” o “non essere”, ha generato la Parola primordiale, che è il fondamento dell’universo.
La Parola-Logos è mediatrice tra Dio Padre e l’uomo, può essere presente nell’uomo a vari livelli e può essere realizzata anche da una istituzione mondana, in quanto riunisca sotto una gerarchia gli uomini di vario grado dediti al Logos. Una tale Chiesa dovrebbe rappresentare il Logos divenuto reale sul piano sensibile; la forza che in essa vive dovrebbe essere quella che si concretò nel Gesú storico, il Cristo divenuto carne.
Si apre però un abisso fra ciò che si poteva conoscere animicamente e ciò che il cristianesimo considerava il Divino sperimentabile mediante la fede. Tenteremo in seguito di affrontare la questione.
Ivan Stadera (6. continua)