La diffusione delle forme-linguaggio dell’architettura integralmente o parzialmente ispirate al magistero di Steiner ha avuto capostipiti di varie nazionalità in architetti che avevano conosciuto e ascoltato personalmente il Maestro. Fra i primi l’inglese Montague Wheeler (1926), autore di edifici antroposofici a Londra; Mieta Pyle-Waller (1928), che lavorò alla Spring Valley di New York; il giapponese Kenji Imai (1926), un cui assistente, Ikehara, e un discepolo della scuola di architettura, Yuji Agematsu (1961), divennero propugnatori del linguaggio steineriano e autori di eccellenti architetture. Si può dire che i giapponesi sono fra i migliori interpreti dell’architettura steineriana, forse perché il clima spirituale Zen favorisce l’adesione intuitiva alle sue scaturigini ideali.
Il veicolo piú trainante delle idee di Steiner sull’architettura fu, ed è, l’architettura delle scuole, perché nella pedagogia e nella didattica antroposofiche l’ambiente in cui si esercita l’insegnamento – quindi l’architettura – ha un ruolo fondamentale: non vi si ammette che l’efficacia nell’educazione dei fanciulli possa essere la medesima qualunque siano le forme e i colori che si offrono alla diuturna esperienza dello spazio.
Un obiettivo fondamentale della pedagogia e della didattica steineriane è quello di conseguire un’armonia dell’anima nel fanciullo, per prepararlo a farsi uomo sereno, equilibrato e pronto ad affrontare con fermezza le cose della vita. «Non si può fare l’esperienza della vera armonia dell’anima se non dove le forme, i volumi, i colori ecc. che ci circondano offrano ai sensi umani il riflesso di ciò che l’anima alberga in sé quali piú elevati pensieri, sentimenti ed impulsi» (Rivista Lucifer-Gnosis N° 34, 1907).
Principalmente con la proliferazione delle scuole a indirizzo pedagogico steineriano alcuni stilemi della corrispondente architettura si sono diffusi, massimamente in Europa, ma in apprezzabile misura anche in Sudafrica, in Australia e nelle Americhe. In Inghilterra, figliata dall’Emerson College, si è costituita persino un’impresa di costruzioni che vanta particolare perizia nel costruire secondo le complesse geometrie spaziali esemplificate nel secondo Goetheanum.
In genere, gli architetti antroposofi hanno preso alla lettera l’indirizzo suggerito dal ciclo di conferenze sull’architettura piú noto e diffuso dí Steiner (Verso un nuovo stile per l’architettura) e le “forme” del secondo Goetheanum, abbandonandosi alla elaborazione di stilemi che ne imitano gesti, curve, pieghe, obliquità e quanto altro caratterizza i pochi esempi del Maestro.
Solo da poco tempo alcuni mostrano di capire che non sono gli stilemi a fare l’architettura, ma quello che Wright chiamava il principio inerente, e che Steiner ha simbolizzato con l’analogia del guscio come espressione del gheriglio. E alcuni hanno anche capito che se Steiner avesse progettato il Goetheanum in Giappone, o in Italia, o in California, sarebbe stato ogni volta assai diverso da quello costruito a Dornach, pur nella coerenza del linguaggio.
Vittorio Leti Messina
Tratto da: V. Leti Messina Rudolf Steiner architetto, Ed. Testo e Immagine, Torino 1996.