Di fronte a una sempre maggiore presenza della sociologia, sia a livello politico, sia nelle grandi aziende e nei grossi gruppi finanziari, ci sembra giusto chiedersi se questa disciplina, relativamente nuova, abbia recato un contributo positivo alla soluzione dei problemi attuali.
Infatti diversi autori sentono oggi l’esigenza, mediante una sociologia piú scientifica, impostazioni troppo descrittive e sociografiche al fine di pervenire a una scienza critica, la quale dovrebbe darsi il compito di indagare sulla convivenza umana, saggiandone il grado di ragionevolezza, identificandone il significato globale, prevedendone lo sviluppo futuro.
Un compito molto ambizioso dunque, che gli stessi sociologhi ritengono di non poter ancora attuare completamente, non possedendo un obiettivo supporto teorico in grado di poter indicare, senza errori, la via definitiva da seguire socialmente e politicamente, tantomeno capace di dispensare pace e felicità o di indicare valori superiori come la saggezza e la moralità.
Purtuttavia la sociologia aspira alla consapevolezza. Essa considera il sociologo come colui il quale può divenire consapevole di ogni situazione; come un essere tanto evoluto da identificare le linee tendenziali dello sviluppo e le leggi interne del dinamismo di una società. Il moderno sociologo vuole ascendere a una vetta dalla quale poter abbracciare tutto il compresso panorama dei rapporti umani.
La conoscenza sociologica considera se stessa lo strumento fondamentale per pervenire alla autoconsapevolezza di una società in rapida trasformazione economica e culturale come l’attuale. Vuole opporsi ai miti, agli stati emotivi, ai pregiudizi tradizionali, alle aberrazioni individuali e di gruppo; vuole osteggiare quei regimi politici fondati su un consenso strappato o imposto a una collettività priva di un giudizio autonomo.
Siamo però dell’opinione che questo giusto impulso ad andare oltre il mondo della ideologia moderna dovrebbe essere condotto sino alle sue estreme conseguenze con molto coraggio. Ci sembra invece che la sociologia prima attribuisca a se stessa compiti grandiosi (come donare alla società la consapevolezza), per ripiegare poi verso funzioni piú modeste: studiare le caratteristiche, il grado di compatibilità delle condizioni obiettive per la realizzazione pratica di quei fini ideologici dei quali si è posta in dubbio la validità.
L’analisi sociologica dovrebbe dunque chiarire la tecnica delle riforme, preparate e decise da altri, mediante metodologie adeguate, capaci quindi di fornire l’identificazione di una serie di priorità sul piano dell’esecuzione oltre alla previsione delle conseguenze. Essa si offre in tal modo al servizio di ciò che andrebbe superato: lo Stato moderno. La sociologia propone alle trasformazioni sociali e alle riforme – sinora quasi sempre inadeguate alla realtà – i mezzi di indagine che dovrebbero evitare gli errori, chiarire il significato tecnico delle scelte, suggerire le diverse alternative. Senza rendersi conto però che sta rinunciando definitivamente a scoprire nuove prospettive per la questione sociale.
La sociologia avrebbe voluto anche essere “la proposta di dare un senso nuovo a dei fatti che sono già stati studiati da altre scienze”. Per conquistare una vetta cosí eccelsa essa riconosce che il sociologo avrebbe dovuto differenziarsi dallo scienziato tradizionale, attribuendosi un processo costante di auto-analisi e una ricerca da intendersi come dialogo con l’oggetto. Rinunciando però ad analizzare in se stesso lo strumento base della sua attività: il pensiero, lo studioso di sociologia è rapidamente rientrato nei ranghi della scienza accademica attuale, aggiungendo disciplinatamente il suo contributo alla miriade di dati organizzati secondo enunciati razionali.
Argo Villella
Selezione da: A. Villella Una via sociale Società Editrice Il Falco, Milano 1978.