Per una combinazione molto strana della mia vita, mentre combattevo contro il Covid in ospedale, senza soluzione di continuità, nell’attimo in cui chiudevo La concezione goethiana del mondo di Rudolf Steiner, una infermiera mi consegnava l’Iside Sofia di Massimo Scaligero. Questa coincidenza mi ha costretto ad una ulteriore riflessione su qualcosa che già girava nella mia mente: ovvero la stretta connessione tra Goethe e Scaligero passando per Rudolf Steiner: Goethe ha aperto la Via dei Nuovi Tempi a Steiner, cosí come questi lo ha fatto con Scaligero. Possiamo dunque trovare un filo di continuità tra i tre, molto piú stretto di quello che appare.
In effetti Steiner, dopo aver lavorato a lungo durante la sua gioventú all’archivio goethiano a Weimar, ha creato la Scienza dello Spirito e ha dedicato proprio a Goethe l’edificio che la rappresenta: il Goetheanum. Profondo è il rispetto per il grande filosofo-pensatore-poeta tedesco da parte del Dottore, date le indicazioni che lui stesso ci fornisce nei suoi primi libri, tra i quali appunto La concezione goethiana del mondo (O.O. N° 6, del 1897), e in seguito le tante conferenze dedicate al Faust.
Una correlazione dunque si snoda da Goethe a Steiner e da questi a Scaligero. È pur vero che la concezione goethiana è stata fortemente sottovalutata da tutto il pensiero scientifico moderno, che ha emarginato Goethe tra gli ingenui idealisti, come qualcuno che credeva al mondo delle Idee quale Archetipo della realtà.
Ad un’analisi piú approfondita, possiamo però capire che egli considerava gli Archetipi progettuali come il fondamento dell’apparire sensibile. Avvicinandosi alle scienze naturali, Goethe venne colpito, approfondendone gli studi, dall’aspetto “ripetitivo” delle forme. Si rese conto di come la natura, partendo da una forma primordiale, ne ripetesse l’archetipo, generando forme sempre piú complesse.
In estrema sintesi, Goethe sostiene che ci sia una Grande Idea Primordiale, che genera tutte le altre in forme sempre piú diversificate, e che il tutto si manifesti creativamente nel Cosmo, condensandosi materialmente, con forme decise in base alle esigenze dell’ambiente circostante. L’Archetipo universale è, esso stesso, creato da una grande Entità, una Madre Universale.
Steiner prosegue e approfondisce tale visione, unendo all’osservazione sensibile goethiana la controparte extrasensibile, in ogni sua manifestazione occulta, e ci dona la Scienza dello Spirito.
Quando arriviamo a Scaligero, la Scienza dello Spirito è un solco ben arato. Egli “studia” Steiner in età relativamente giovanile e, realizzando compiutamente il pensiero steineriano, fonda un percorso esoterico che da quello trae origine, ma lo realizza in una forma originale e autonoma: il pensiero come fondamento della realtà, sia dell’uomo che del cosmo. Una prova che Massimo chiedeva, spesso, a chi lo incontrava per la prima volta era: «Prova a non pensare… vedi è impossibile: l’uomo pensa, sempre».
Il fondamento dell’Ascesi scaligeriana è il pensiero, non come atto dialettico ma come forza intuitiva. Tutta l’Ascesi, o meglio tutta la penetrazione dei Mondi Spirituali che Massimo ci ha donato, è la consapevolezza di come il Pensiero sia fondamento sí dell’Uomo, ma del cosmo stesso e della creazione divina. Una cosa che ci rende piú evidente l’accostamento tra Scaligero e il pensatore tedesco, è il ruolo che per questi ha l’uomo nel Creato: per Goethe l’uomo è chiamato a creare assieme alla Grande Dea Madre, e questo è manifesto nel pensiero che l’Uomo possiede e che gli permette di comprendere gli Archetipi della Natura, e che gli permette, tra l’altro, di creare attraverso l’Arte.
Non credo di fare un alcun salto logico, osservando come in Goethe il pensiero fosse una forza sacra emanante da una Creatura divina, di cui l’uomo è partecipe, piuttosto che esserne il produttore. Nel passaggio effettuale tra l’ultima parola del libro di Steiner riguardante la concezione di Goethe e le prime righe di Massimo, che ho compiuto in una situazione cosí particolare, salta agli occhi la continuità di pensiero tra i due. L’Iside Sofia, la Dea Ignota, è da molti designato come il testamento spirituale di Massimo Scaligero. Ha lasciato la vita terrena appena ha concluso di scriverlo, e non ha neanche avuto il tempo di rivederlo. Molte persone, leggendolo la prima volta, hanno avuto la percezione di qualcosa che è stato scritto con tempi serrati, a marce forzate, quasi come se Massimo fosse consapevole di non avere molto tempo per completare la sua opera.
È lecito ritenere, senza uscire dal tema, che sia stato l’ultimo dono della sua piú alta contemplazione: l’Iside Sofia, appunto. In quelle righe Scaligero ci accompagna per mano proprio per contemplare l’Atto piú alto, profondo e assoluto dei Mondi Spirituali.
Quando ci parlava della Iside Sofia, Massimo ci diceva esplicitamente che l’Iside egizia, Madre e Sposa di Osiride, la Sofia, ovvero la Dea Sapiente degli antichi Greci, e la Vergine Madre del Christo erano la stessa Entità, compresa dall’Uomo, nelle varie epoche, con sempre maggiore coscienza. Indicandoci la Via del Pensiero, Massimo ci porta attraverso questa Forza lungo i sentieri spirituali fino a raggiungere l’Entità da cui sgorga, copiosa e ricca di creazione, la Dea Madre intuita da Goethe. Come se Massimo Scaligero avesse ripreso il cammino, puntualmente da dove lo aveva interrotto il grande pensatore tedesco. Le prime parole del testo di Scaligero sono la contemplazione sacra e vivente dell’ultima Intuizione di Goethe: «La trascendenza visibile è il senso ultimo del pensiero umano, che infine conosca il proprio essere come essere del mondo, o come realtà simultaneamente esteriore ed interiore, vivente del suo nascere puro, in cui tutto, anche sviluppandosi, è di continuo germe, come nel grembo della Vergine». Per me questo è Goethe.
Massimo Danza