Nel corso degli ultimi secoli, indubbiamente, si è andata enucleando una idea della libertà intesa come esigenza di autoaffermazione, come espressione di un Io al quale fare riferimento in ogni vicenda interiore o esteriore. L’uomo moderno, qualunque sia il suo modello, tende sempre piú a considerare se stesso potenzialmente come una entità autonoma e indipendente, collocata al centro dell’universo percepibile. La coscienza della sua individualità si estrinseca dunque come aspirazione alla libertà, intuita dapprima dalle personalità piú evolute, si pensi a Schiller, al Goethe dell’Egmont, a Stuart Mill, a Mazzini. Aspirazione divenuta poi un punto nodale interiore che, se pur misconosciuto ancora nel suo significato piú profondo, è presente ormai in fieri nell’anima di ogni uomo. A ben guardare, è questo uno dei fattori che ha piú contribuito a proporre l’urgenza della soluzione del problema sociale. Infatti l’uomo attuale sente che nessun ordinamento pubblico proveniente dal passato può porsi esaurientemente in rapporto con la particolare esperienza che sta vivendo. Nessuna istituzione antica è in grado di stabilire un rapporto completo fra la sua autonomia individuale e i suoi doveri e diritti di cittadino, tenendo conto contemporaneamente delle sue necessità materiali.
Tuttavia criticare il mondo moderno è relativamente facile. I mali della Terra sono stati sezionati e analizzati dalla cultura piú intelligente e piú sofisticata, in modo tanto efficace da consegnare, a tutti coloro che sentono oscuramente l’esigenza di qualcosa di nuovo, una smagliante costruzione dialettica che ha fornito una giustificazione all’odio, alla contestazione irragionevole, dando contemporaneamente una provvisoria ed effimera risposta al sorgere dell’angoscia, della delusione piú profonda e della solitudine piú amara. Nessuna critica però ha ancora cambiato o migliorato nulla. È certamente giusto essere consapevoli della realtà che ci circonda. Chiudere gli occhi non è mai servito a costruire qualcosa. Ciononostante criticare diventa alla fine uno sterile gioco dialettico, non privo di autocompiacimento, se ci si lascia afferrare dalla tendenza a identificare l’errore fuori di noi come qualcosa che è stato prodotto da altri, da altre classi, da altri partiti, da altre culture, da altre religioni.
Come si può iniziare il cammino verso la libertà senza aver prima identificato in noi stessi i nostri limiti, le nostre debolezze, le nostre sconfitte? Se fossimo liberi a priori, se fossimo già perfetti, questo risultato non potrebbe che essere il prodotto di qualcun altro: di qualcosa che ha già operato in noi. Se ogni uomo considera il male e l’errore come completamente estranei alla sua natura, non può che sentire se stesso come agostinianamente predestinato alla libertà, alla perfezione, di contro al male che si incarna negli altri e che cerca di soffocarlo dal di fuori. Si ripropone cosí, inconsapevolmente, all’uomo moderno una condizione antica in contraddizione alla sua aspirazione di autocoscienza e di libertà, implicante necessariamente il rinnovarsi dell’attrazione verso l’anima di gruppo (fondamento della società tradizionale) quindi verso la classe, il partito, la confessione religiosa ai quali affidarsi, ai quali demandare la propria guida e la scelta dei propri fini.
La corruzione, la tecnocrazia, le ingiustizie sociali, la decadenza morale, l’inefficienza delle leggi e della burocrazia, le stesse calamità naturali sono opera di un Fato incomprensibile nella sua ira vendicatrice, o non devono essere considerati piuttosto una espressione di tutto ciò che l’uomo non ha ancora realizzato, come l’obiettivazione dei suoi limiti, dei suoi errori, del male che opprime ancora la sua interiorità? Siamo convinti che solo un essere capace di porsi al centro di se stesso attraverso l’esperienza del pensare libero, può aspirare a un’autentica libertà.
Naturalmente questo non significa rinunciare a prendere provvedimenti immediati là dove sono richiesti dalle circostanze. Occorre però essere consapevoli che se le scelte non saranno sorrette da un pensare nuovo, non si potranno che avere risultati parziali, i quali difficilmente resisteranno per molto tempo al turbine degli avvenimenti.
Argo Villella
Selezione da: A. Villella Una via sociale Società Editrice Il Falco, Milano 1978.