Goethe massone

Letteratura

 

Goethe massone

 

«Sua Eccellenza, mi prendo la libertà d’importunarla con questa preghiera. Già da lungo tempo ho avuto varie occasioni per desiderare di poter appartenere alla società dei Liberi Muratori: questa aspirazione è divenuta molto piú viva durante il nostro [si riferisce a sé e al Duca Carl August di Weimar] ultimo viaggio. Mi è mancato solo questo titolo per entrare in rapporti piú stretti con persone che avevo imparato a stimare e solo questo sentimento di appartenenza mi spinge a chiedere di essere iniziato in loggia.

 

A chi meglio che a Sua Eccellenza potrei indirizzare questa mia richiesta? Attendendo che Ella abbia la compiacenza di adoperarsi per una positiva soluzione della mia domanda e mi invii un benevolo cenno, rimango con profondo rispetto il devotissimo servo di Sua Eccellenza,

 

Goethe».


Goethe massone

 

Cosí scriveva, molto ossequiosamente, Goethe il 13 febbraio 1780 al Maestro Venerabile, ovvero al dirigente della Loggia “Anna Amalia delle tre rose”, Jacob Friedrich von Fritsch, presidente del Consiglio Segreto (una specie di consiglio dei ministri), che per altro non aveva buoni rapporti con Goethe, considerato un borghese e un parvenu.

 

Insomma, lo scrittore si era finalmente deciso di chiedere di essere accettato in massoneria. C’è una intricata preistoria a questa domanda. Già da ragazzo, nel 1764 (era nato nel 1749) a Francoforte sul Meno si era avvicinato a una società paramassonica: l’”Arcadica Società di Filandria”, che, infatti, nel giro di qualche anno dette vita a una loggia.

 

Era nipote del Borgomastro della Libera Città di Francoforte e suo padre era un giurista, consigliere imperiale, appartenente alla ricca e assai colta borghesia cittadina. Infatti il giovane aveva ricevuto un’ottima educazione. E allora perché venne respinto? In quei mesi, senza colpa, per ingenuità, si era lasciato coinvolgere in una rete di giovanotti che sfruttavano le sue capacità nello scrivere lettere che poi utilizzavano per i loro fini illeciti. Ci si era trovato implicato a causa di una ragazza, Gretchen, forse la sua prima ‘fiamma’, che, pur non dando peso al corteggiamento del giovanetto, alla fine depose in suo favore nell’inchiesta che ne seguí e che determinò l’esito negativo della sua domanda, provocando un’umiliazione che fu superata solo dopo circa quindici anni.

 

Nel frattempo Goethe si era allontanato dalla città natale, si era iscritto alla Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Lipsia, allora il principale ateneo tedesco. Ma non portò a termini gli studi per un misterioso malessere che l’obbligò a rientrare, piú morto che vivo, a casa, dove combatté per la vita a lungo. Fu dato perfino per spacciato dai medici ufficiali, ma l’intervento di un enigmatico dr. Metz, medico e alchimista, frequentatore del circolo dei pietisti che si riuniva nella sua casa, dove la madre del poeta aveva raccolto una conventicola d’interessati alla devozione pietistica e alla pratica della magia cristiana. Insomma la polverina miracolosa del dr. Metz rimise in sesto il giovanotto che, impressionato da questo evento inspiegabile, si dedicò a lungo, durante la convalescenza, agli studi dell’alchimia e a pratiche magiche. D’altronde già nell’infanzia aveva avvertito una nostalgia del sacro, costruendosi un altarino con l’accensione del fuoco all’alba, che provocò un piccolo incendio, mettendo fine al fanciullesco culto solare.

 

Possiamo supporre che questa esperienza giovanile, che lo aveva condotto sulla soglia della morte, lo abbia profondamente segnato. Nell’autobiografia, Poesia e Verità, ne parla diffusamente, ma, in realtà, non a sufficienza. Rimangono diversi dubbi. Comunque riprese gli studi giuridici questa volta a Strasburgo. Nelle lettere accennava che la “chimica” (leggi: l’“alchimia”) era la sua «amante segreta». Una definizione che allude a tanto: alla segretezza e all’amore. La segretezza non venne meno: Goethe manteneva il segreto, scrivendo e scrivendo, sempre con un tono ironico, leggero e improvvisamente con squarci su un universo misterioso, come succede soprattutto nel Faust.

 

Charlotte Buff

Charlotte Buff

 

Dopo l’“incidente” del 1764, Goethe, ormai laureato, intraprende nel 1772 – sostenuto dal padre, che, finché poté, lo aiutò molto, la professione forense di cui il poeta entusiasta proprio non era. Sempre su consiglio del padre si recò al Tribunale Imperiale di Wetzlar. In realtà il Sacro Romano Impero era ormai svuotato di potere, tuttavia alcune istituzioni erano sopravvissute come il Tribunale Imperiale, che veniva utilizzato come tirocinio per i giovani praticanti e come istanza per insabbiare piuttosto che per risolvere casi giuridici particolarmente complicati, che talvolta si trascinavano per decenni. Era di maggio, e il giovane non aveva una gran voglia di trascorrere il tempo nelle severe e polverose aule del Tribunale. È l’estate celebre dell’innamoramento di Charlotte Buff, la Lotte rievocata nel Werther. Ma non c’era solo Lotte, bensí anche i colleghi con cui s’incontrava in piacevoli occasioni conviviali. Nell’auto­biografia si diverte a ricordare che avevano fondato una sorta di ordine cavalleresco, molto complicato, con vari gradi e gerarchie. Tutto molto spassoso. Vale, tuttavia, ricordare che in quegli anni era diffuso nella massoneria, soprattutto tedesca, il sistema degli Alti Gradi dell’Or­dine della Stretta Osservanza Templare (che si considerava diretta discendente del celebre Ordine medievale), che i baldi giovani avvocati di Wetzlar si dilettavano a imitare. Vero che i piú maturi colleghi erano o divennero esponenti ragguardevoli della massoneria. Leggendo le pagine dedicate a questo piacevole intrattenimento cavalleresco, si percepisce che siamo ai margini della Stretta Osservanza. Con la sua tattica della rievocazione ironica, Goethe racconta molto discretamente sull’ambiente della massoneria di quegli anni, cosí confusa tra la vocazione cavalleresca e quella illuministico-filosofica: 


«Con questa istituzione cavalleresca s’intrecciava un altro strano ordine, che doveva essere filosofico o mistico e non aveva un nome vero e proprio. Il primo grado si chiamava il passaggio, il secondo il passaggio del passaggio, il terzo il passaggio del passaggio al passaggio e il quarto il passaggio del passaggio al passaggio del passaggio. Era ora dovere degli iniziati interpretare l’alto significato di questa serie di gradi, e ciò accadeva secondo la norma di un certo libercolo stampato, in cui quelle strane parole erano spiegate in modo ancora piú strano, ovvero amplificate. Occuparsi di queste cose era il passatempo piú desiderabile. …Dietro queste apparenze non si trovava alcuna traccia di scopo. …Sebbene io partecipassi molto volentieri a queste buffonate, …me ne stancai assai presto, essendomi in epoche precedenti già occupato a sazietà di tali cose».


Appunto: Poesia e Verità. In Goethe, nulla va perso e la Dichtung, la “poesia”, avvolge ogni esperienza, che si sublima – e talvolta si nasconde – in scrittura. Quella allegra brigata con l’ordine cavalleresco e poi quello filosofico, riaffiora, trasmutato e sublimato, nel grande romanzo massonico Wilhelm Meisters Lehrjahre – Gli anni di formazione di W.M. – e nella continuazione Wilhelm Meisters Wanderjahre – Gli anni di viaggio di W.M. – Ma occorsero anni, decenni affinché avvenisse questa rielaborazione, che utilizzò tanti altri spunti esistenziali, materiali culturali, suggestioni iniziatiche.

 

Lili Schönemann

Lili Schönemann

 

Tornato a Francoforte, Goethe comincia ad affermarsi nel mondo delle lettere con una tragedia shakespeariana, molto apprezzata, e soprattutto con I dolori del Giovane Werther del 1774, che lo rende il piú popolare scrittore della Germania e tra i piú celebri del suo tempo. Ormai famoso, Goethe viene visto con piacere in società e frequenta ambienti molto raffinati e socialmente solidi, tra cui la famiglia Schönemann, che il giovane comincia a visitare assiduamente attratto dalla bella Lili, gentile d’animo e di modi, ricca ereditiera, figlia di un banchiere, da poco deceduto. Pare una coppia perfetta. Goethe scrive Lieder assai graziosi per la giovane, che vengono subito musicati e che lei suona e canta felice. Ma: c’è sempre un ma: i fratelli di Lili non sono entusiasti di questo giovane benestante, non ricco come loro. Inoltre lui è luterano e loro calvinisti, e ciò è un problema. E poi la vita dagli  Schönemann è un susseguirsi di occasioni mondane. Insomma Goethe comprende che non è il suo ambiente, in cui, per altro, la massoneria è radicata. Il padre di Lili era stato tra i fondatori della loggia All’unità, una delle poche che aveva rifiutato di aderire al rigido sistema della “Stretta Osservanza”, con le sue leggende templarie, per rimanere fedele al sistema inglese piú lineare e coerente con la cultura illuminista e razionalista. Il giovane riceve l’invito a entrare in loggia, ma questa volta è lui, che, memore dello sgarbo. L’umiliazione subita scotta ancora, e questa volta è lui che rifiuta, anche se nell’autobiografia esprime il rammarico per questo comportamento: 


«La loggia massonica, una comunità ragguardevole e ben fondata, di cui avevo conosciuto i membri piú egregi proprio tramite la mia relazione con Lili, seppe avviare abilmente gli approcci; io però, per quel mio spirito d’indipendenza che in seguito mi parve follia, rifiutai ogni legame piú stretto, senza accorgermi che quegli uomini, per quanto collegati in un senso superiore, mi avrebbero tuttavia potuto aiutare a raggiungere i miei scopi, cosí affini ai loro». 


Ci volle Weimar, l’abbandono di Francoforte, della professione di avvocato, ci voleva il Duca Carl August che lo scelse come suo Geheimrat, “Consigliere Segreto”, per far evaporare i bollenti spiriti. Goethe fa una carriera veloce per un borghese, divenendo l’amico intimo e il confidente del Duca, con cui intraprende anche dei viaggi, tra i quali nel 1779 quello in Svizzera, in cui – come rivela la lettera al Maestro Venerabile – comprende che l’appartenenza all’istituzione massonica gli avrebbe aperto molte porte.

 

Goethe oramai è inserito nella vita e nell’attività del Ducato, che non ha alcuna intenzione di lasciare, integrato nel sistema sociale e politico della Germania dell’ancien régime, in cui la massoneria, o piú esattamente le varie osservanze massoniche costituivano l’antici­pazione della società civile in alternativa all’assetto tradizionale dell’assolutismo. La compresenza in loggia di aristocratici e borghesi, nobili e intellettuali, era una grandiosa novità, che faceva presagire la possibilità di una graduale trasformazione ed evoluzione senza scossoni rivoluzionari come avveniva in America e come in pochi anni successe in Francia. Si era affascinati da quella sacralità aconfessionale, connessa alla libera pratica del pensiero, che sembrava rispondere allo spirito dei nuovi tempi: in loggia si poteva percepire la sintesi tra libero pensiero e senso del sacro. Tuttavia il carattere stabilizzatore svolto dall’istituzione latomistica non doveva confermarsi, travolto proprio dalla crisi interna all’istituzione, sempre piú frammentata, spaccata, lacerata da contrasti interni.

 

Nel frattempo la richiesta di Goethe venne accolta favorevolmente. Ci volle tutta l’abilità diplomatica del giovane scrittore, che seppe evitare gli scontri con la vecchia dirigenza aristocratica. Tuttavia von Fritsch non fu presente alla cerimonia d’iniziazione che si svolse, secondo la tradizione, nel giorno di San Giovanni, il 23 giugno del 1780. Anche la loggia di Weimar era pervasa dai contrasti che sconvolsero la massoneria europea e quella tedesca in particolare. Ma quella sera filò tutto liscio. Gli furono consegnati anche i guanti per la dama del cuore che lui donò a Charlotte von Stein, cui si era legato già nei primi mesi del suo soggiorno a Weimar, con una dedica che non lascia dubbi sulla natura del suo delicato sentimento di amore (probabilmente) platonico:


«Dalla misura del desiderio indicibile che ho di lei, sento quanto l’amo. …Un regalo da poco, a giudicare all’apparenza, l’attende al suo ritorno. La cosa piú straordinaria che ha è che non lo posso regalare che a una sola donna e una sola volta». 


E successivamente arriva il pacchetto con un biglietto: «Eccoli, i famosi guanti».

 

Intanto, dopo la cerimonia giovannea, i lavori vengono sospesi per un intero anno.

 

In realtà, all’interno della Loggia Amalia c’erano vivaci contrasti. Goethe frequentava Johann Joachim Christoph Bode (1731-1793), un eminente esponente della massoneria tedesca, anzi europea, come dimostrò una sua missione a Parigi nel 1787, che fu considerato uno degli episodi su cui si basò la leggenda del complotto massonico all’origine della Rivoluzione Francese. Bode rappresentava, all’interno della movimentata scena della massoneria dell’epoca, la tendenza illuminista, razionalista, con forti simpatie per l’Ordine degli Illuminati, che era una organizzazione paramassonica, fortemente anti-spiritualistica, ostile al sistema degli Alti Gradi, costruito dalla Stretta Osservanza. La lotta intestina attraversava l’istituzione e dappertutto si scorgevano cospirazioni, congiure, trame e piani occulti. Certo qualcosa doveva pur esserci di vero in quegli anni preparatori del piú grande sconvolgimento politico della modernità.

 

Goethe Il Gran Cofto

 

La massoneria assisteva all’ascesa dell’influenza del Conte di Cagliostro con la sua massoneria egizia con una vocazione occultistica e magica, che il Conte propagava eccessivamente per essere un esoterico. Alcuni anni dopo, scoppiò lo scandalo dell’affaire du collier, di cui fu, ingiustamente incolpato Cagliostro: incarcerato alla Bastiglia e prosciolto trionfal­mente, si trasferí misteriosamente a Roma – proprio nel centro del nemico giurato della massoneria esoterica – dove venne di nuovo processato nel carcere di Sant’Angelo per finire nella dura prigione di San Leo. Goethe molto s’interessò alla figura enigmatica del taumaturgo, tanto da visitare a Palermo i presunti genitori, i Balsamo, poiché Cagliostro veniva ritenuto essere l’impostore palermitano Giuseppe Balsamo. In Sicilia, inoltre, lo scrittore approfondí la sua vocazione scientifica e intuí la possibilità della “pianta originaria”. Tornando a Cagliostro, Goethe, dopo il soggiorno italiano del 1786-1788, compose un interessante dramma, Der Groß-Cophta – Il Gran Cofto – cui lavorò per anni e che lascia aperte varie interpretazioni; certo è che Goethe era ben dentro tutte le pratiche occultistiche.

 

Già all’inizio degli anni Ottanta si parlava molto del taumaturgo, cui un amico di Goethe, il pastore zurighese Caspar Lavater (il cui fratello era un alto esponente della massoneria elvetica) era a quel tempo ancora molto legato. Il 22 giugno 1781 Goethe gli scrive una lettera assai singolare:


Per quanto concerne le arti recondite di C [Cagliostro], sono molto diffidente verso questo genere di storie, specialmente se provengono da M [Mitau dove soggiornò l’avventuroso Conte]. Ho il sospetto, per non dire notizia certa, di una grande massa di menzogne che serpeggia nel­l’oscurità e di cui tu mi sembri non aver ancora alcun presentimento.

Credimi, il nostro mondo morale e politico è minato da passaggi sotterranei, cavità e cloache come una grande città, dove nessuno pensa e riflette alla situazione e alla condizione dei suoi abitanti. Soltanto a chi ne sa qualcosa appare molto piú comprensibile perché qua la terra d’im­provviso sprofondi e là s’innalzi del fumo da una voragine e ancora qui si odano voci misteriose.

Credimi, il mondo sotterraneo ha le sue leggi naturali, come quello ultraterreno e chi non esorcizza gli spiriti a cielo aperto, non li evocherà certo a mezzanotte sotto alcuna volta notturna.

Credimi, tu sei uno stregone [Hexenmeister] piú grande di chiunque sia armato di abracadabra.


Nella riunione di loggia del due marzo 1782, lo scrittore fu elevato all’agognato grado di maestro, mentre contestualmente avvenne l’iniziazione anche al secondo grado del Duca, che il 5 febbraio era stato iniziato al primo grado. Alla cerimonia di febbraio aveva partecipato anche il Duca di Sassonia-Gotha, che era pure un alto dignitario dell’istituzione e che qualche anno dopo, accolse a Gotha Adam Weishaupt, un ex allievo dei gesuiti, che per odio verso la Compagnia fondò l’Ordine degli Illuminati. Weishaupt aveva tentato di trovare rifugio a Weimar per sfuggire la condanna emessa nei suoi confronti dal sovrano di Baviera per azioni sovversive e segrete. Ma né Carl August né Goethe lo accettarono, dimostrando una cautela diplomatica, e anche una presa di distanza dagli Illuminati, al cui Ordine si erano pur iscritti.

 

Intanto la situazione stava precipitando, riflettendo, per altro, la situazione politica dell’Occidente. Infatti le colonie americane erano insorte contro Sua Maestra britannica e la rivoluzione era guidata da esponenti delle logge, tra cui Benjamin Franklin, che venne ricevuto da trionfatore dalla massoneria parigina, come pure George Washington.

 

Charlotte von Stein

Charlotte von Stein

 

Goethe era in piena svolta conservatrice; gli atteggiamenti ribellistici del periodo stürmeriano erano belli che tramontati e lui si era perfettamente inserito nella corte di Weimar, anche per il legame sentimentale con Charlotte von Stein, la dama dei guanti. Tale integrazione al sistema venne ricompensata dal Duca che gli fece pervenire ai primi di giugno 1782 il diploma di nobiltà imperiale, sicché l’avvocato Goethe divenne il Geheimrat, il Consigliere Segreto von Goethe, che non ci teneva, però gli fece piacere farlo pervenire alla nobile amata. Pochi giorni dopo, sempre durante la festa massonica di San Giovanni, le diatribe esplosero violente, incontenibili e irreversibili. Dopo i cosiddetti lavori di loggia era consuetudine partecipare a una cena, all’agape fraterna, che tanto fraterna non dovette essere perché fu funestata da un’accesa polemica tra Bode, l’Illuminato, e Friedrich Justinus Bertuch (1747-1822), un dinamico imprenditore attivo a Weimar, massone dal 1766. A mali estremi, estremi rimedi. E cosí venne sospesa ogni attività massonica nel Ducato fino al 24 ottobre 1808: ben 26 anni.

 

Alla ripresa dell’attività, Goethe era alla soglia dei 60 anni, si era affermato in tutt’Europa, era stato in Italia per due anni, nel mondo era scoppiata la Rivoluzione Francese, il Terrore, il Direttorio, Napoleone era diventato generale, primo console e infine Imperatore e padrone d’Europa, soprattutto della Germania, dove aveva imposto che il plurisecolare Sacro Romano Impero venisse sciolto nel 1806. Nel 1808 era anche stato pubblicata la prima parte del Faust, tragedia universale, in cui la crisi del sapere erudito e libresco nonché l’esperienza magica hanno un grande ruolo. Nel 1795-1796 era uscito il romanzo ‘massonico’ Wilhelm Meisters Lehrjahre. Insomma il massone Goethe non avvertiva alcuna necessità dell’attività in loggia, ma nella sua opera approfondiva la filosofia, la pratica, la sensibilità dell’esperienza massonica nelle varie sfaccettature. Nel dicembre del 1782 il Duca e Goethe avevano aderito all’“Ordine Interno” della Stretta Osservanza, e nel febbraio del 1783, tanto per non farsi mancare nulla, Goethe fu accettato col nome iniziatico di Abaris (sacerdote di Apollo taumaturgo e profeta) nell’Ordine degli Illuminati, mentre non sappiamo quale altisonante titolo gli attribuirono nella Stretta Osservanza. Strane vicende di difficile interpretazione. Una tesi sostenuta da studiosi negli ultimi anni, tende a spiegare siffatto attivismo con motivazioni politiche: entrare nelle varie organizzazioni, piú o meno segrete, nonché diametralmente opposte tra loro, era un modo per controllarle discretamente dall’interno. Erano anni difficili e la Francia cominciava a traballare. Sono stati ritrovati i giuramenti con cui Goethe e il Duca s’impegnavano solennemente a custodire il segreto; si tratta di una sorta di formulario che i nuovi iscritti dovevano firmare. Erano tempi molto confusi, quelli che precedettero la Grande Rivoluzione e il mondo massonico, che era una grande, estesa e influente macchina associativa, era ormai al centro delle polemiche e delle trame interne poiché chi avesse potuto guidare le schiere massoniche avrebbe potuto disporre di un potente strumento organizzativo sovranazionale.

 

Mai la massoneria fu piú potente e a un passo dal trionfo. Ma collassò travolta, sconvolta da guerre intestine tra le piú diverse osservanze, Ordini. Esoteristi, Rosacroce, spiritualisti, ‘clerici’ Fratelli d’Asia ecc., e dall’altra parte illuminati, razionalisti. La crisi dell’istituzione massonica è un episodio storico non ancora completamente indagato. La massoneria di quegli anni aveva ed era una potenza straordinaria, ma qualcosa andò storto provocandone l’implosione. Ci furono alcuni tentativi di trovare un accordo tra le diverse anime, ma le divisioni erano insanabili e gli interessi in gioco parimenti inconciliabili. Si convocarono diversi incontri, il principale fu il Convento di Wilhelmsbad nel 1783.

 

Goethe chiese all’amico Kayser, che era presente ai lavori, di essere messo al corrente dei dibattiti, anche se ne sapeva già molto tanto da nutrire ormai un vivo scetticismo sulle sorti dell’istituzione, sicché la lettera diventa una dichiarazione sulla sua posizione, una sorta di resa dei conti con l’esperienza di loggia:


«Il suo soggiorno a W.B. deve essere stato molto interessante. Le scienze occulte non mi hanno dato ancora né piú né meno di quanto sperassi. Non vi cercavo nulla per me, ma sono abbastanza ammaestrato per vedere ciò che altri per sé vi cercavano, vi trovavano, e cercano e sperano. Si dice che gli uomini possono essere conosciuti meglio quando giocano. Le loro passioni vi si mostrerebbero piú apertamente e come in uno specchio. Cosí ho trovato anch’io che nel piccolo mondo dei fratelli tutto succede come nel grande mondo e in questo senso mi è stato moto utile percorrere queste regioni. Se non mi sbaglio, glielo ho detto già prima di entrare nel tempio e nel santuario ora non ho da dire nient’altro. Per chi è saggio tutto è saggio, per lo stupido tutto è stupido. Tutte le cose fuori dell’uomo, per lui sono materia e strumento, che gli servono secondo che lui sia maestro o dilettante, bambino, saggio, benefattore o malvagio.

Come parlerei volentieri ora con lei su questi argomenti, per scritto è troppo impegnativo, e non funziona.

Ho letto tutto e aspetto che vincano la corsa i Cavalieri Beneficenti [una nuova obbedienza che sostituí la Stretta Osservanza]. Molti anzi quasi tutti preferiscono la mascherata bianca e rossa [i colori dei templari, riesumati dagli Alti Gradi]. E sinceramente se si vuole essere ragionevoli e beneficenti e nient’altro, ciò lo può fare chiunque alla luce del giorno con gli abiti di casa».


Die-Geheimnisse

 

Goethe stava prendendo le distanze dall’istituzione cosí dilaniata da conflitti intestini: aveva compreso che una organizzazione come la loggia può sopravvivere se conserva la sua missione spirituale, se l’associazione esterna è sostenuta e giustificata da una unione degli spiriti. E questa intuizione, questa maturazione gli ispirò le composizioni piú affini al lessico e allo spirito di quella che Lessing (1729-1781), un altro grande massone, chiamava «la vera massoneria» per distinguerla dalle manifestazioni storiche in crisi.

 

Tra le composizioni piú enigmatiche e ispirate all’espe­rienza massonica, vi è il poemetto del 1784-1785 Die Geheimnisse I Misteri – restato allo stato di frammento, che mostra un recupero significativo della tradizione rosacrociana, incentrata sulla sensibilità cristiana (altrimenti abbastanza estranea nell’opera di Goethe). In questo frammento Goethe si apre all’impulso cristico come energia dei tempi nuovi per risolvere la crisi nichilistica che si spalancava alla cultura illuministica.

 

Un altro monumentale frammento d’ispirazione massonica è la continuazione del Flauto magico mozartiano. Aveva assistito, entusiasta, alla rappresentazione a Weimar il 16 gennaio 1794 e si era messo subito all’opera, abbandonandola definitivamente nel 1801, forse per la mancanza di un musicista all’altezza di Mozart.

 

La Fiaba del serpente e della bella Lilia

La Fiaba del serpente e della bella Lilia

 

Sempre in quegli anni la materia esoterica affascina sempre lo scrittore come conferma La fiaba del serpente verde e della bella Lilia, pubblicata nel 1795 sulla rivista «Die Horen» dell’amico e sodale Friedrich Schiller. Un testo misterioso e misterico, di cui Rudolf Steiner ha fornito finora la piú attendibile interpretazione nella conferenza per la Pasqua del 1904 [Cfr. Rudolf Steiner, il suo intervento su testi fortemente segnati dalla concezione esoterica occidentale: Goethes Geistesart in seinem Faust und dem Märchen vor der schönen Lili und der grünen Schlange – La spiritualità di Goethe nella sua manifestazione attraverso il Faust e La Fiaba del serpente e della bella Lilia – 1918, O.O. N° 22].

 

I Misteri drammatici di Steiner sono stati influenzati dalla drammaturgia di Weimar, come ha dimostrato nella sua monografia Christian Clement, Die Geburt des modernen Mysteriendramas aus dem Geiste Weimars. Zur Aktualität Goethes und Schillers in der Dramaturgie Rudolf Steiners – La nascita del moderno dramma mistero dallo spirito di Weimar. Sull’attualità di Goethe e Schiller nella drammaturgia di Rudolf Steiner – Logos Verlag, Berlin 2007.

 

In quella crisi epocale si era consumata quella dell’istituzione massonica, collassata per le tremende lotte intestine, come provò, tra l’altro, il processo a Cagliostro. Ma quei conflitti già non lo interessavano piú. La via del “maestro” Goethe diviene un itinerario solitario: sono gli anni degli studi della natura, culminati, come si è accennato, in Italia con l’intuizione della Urpflanze, la pianta originaria; di un’idea – in questo caso – di pianta che è all’origine germinale delle piante. Non è – come riteneva Schiller – una mera idea avulsa dalla realtà: ma era un’altra modalità di percepire l’idea nella realtà: al di là della frantumazione delle forme Goethe attinge l’unità immanente dell’idea, la piú intrigante ‘scoperta’ del metodo scientifico goethiano [Rudolf Steiner ha approfondito le intuizioni scientifiche di Goethe in diversi scritti, tra cui Introduzione agli scritti scientifici di Goethe. Per una fondazione della Scienza dello Spirito, Ed. Antroposofica, Milano 2008, nonché Le opere scientifiche di Goethe, Bocca, Milano 1944. Per una visione del rapporto con Goethe cfr. anche R. Steiner, La concezione goethiana del mondo, Tilopa, Roma 2004].

 

Ma torniamo alla massoneria: Goethe si oppose abbastanza a lungo alla ripresa dei lavori di una loggia nel Ducato di Weimar, voluta soprattutto da alcuni docenti e studenti dell’Università di Jena, di cui lui era per altro una specie di responsabile di fronte al Duca, che invece, piú politicamente, era propenso al progetto anche perché i francesi – che avevano occupato la Germania – erano a favore dell’istituzione. Insomma, alla fine si decise – per evitare la costituzione di una loggia a Jena – di riaprire la Loggia “Anna Amalia” di Weimar, il 24 ottobre 1808, l’anniversario della nascita della Duchessa. Goethe era anche un fine diplomatico, accettò la nuova situazione, riprese a frequentare la loggia, arricchendone l’attività con preziosi interventi. Infine chiese che le sue assenze venissero giustificate anche perché suo figlio August, che venne iniziato nel 1815, lo poteva degnamento sostituire.

 

L’età cominciava a farsi sentire, come pure l’enorme carico dei lavori da ultimare, tra cui soprattutto il Faust, nonché l’autobiografia, le memorie del viaggio in Italia e i numerosi scritti scientifici, in particolare la Farbenlehre, la Teoria dei colori, testo arduo e controcorrente. Ancora una volta Rudolf Steiner ha proposto un’originale interpretazione degli scritti scientifici, per anni studiati direttamente all’Archivio di Weimar.

 

In loggia August ebbe l’incarico di leggere testi del padre, tra cui quello, stupendo, nel 1821, in memoria di fratelli scomparsi che è anche una intensa meditazione sulla morte, che si ricollega al Meister, alla cerimonia funebre, addobbata con simboli egizi (cosí tipici della massoneria) e con dei nastri con l’avvertimento Ricordati di vivere, che era un altro modo di sollecitare di essere presenti sempre col pensiero cosciente che era la vita, che era la libertà concessa agli uomini nella modernità.

 

Nel 1815 (forse proprio in occasione dell’adesione del figlio) compose la sua piú celebre poesia massonica: Simbolo, che racchiude il senso profondo e ancora vivo (perfino attuale) dell’esperienza massonica di Goethe: 

 

Goethe massone

 

L’incedere del muratore

è simile alla vita

e la sua ricerca

somiglia all’agire

dell’uomo sulla terra.

 

Il futuro nasconde

dolori e gioie.

Grado a grado

per lo sguardo,

ma impavidi,

noi procediamo.

 

E greve e distante

appeso è un velo

per la devozione.

In silenzio stanno

lassú le stelle,

e quaggiú le tombe.

 

Scrutale piú attento

e osserva, annunciano

nel cuore degli eroi

turbamenti alterni

e sentimenti profondi.

 

Al di là gridano,

le voci degli spiriti,

le voci dei maestri:

non tralasciate

di coltivare

le forze del bene.

 

Qui s’intrecciano corone.

Nell’eternità del silenzio,

devono essere il lauto

compenso

degli operosi!

Noi vi esortiamo a sperare.

 

(Traduzione: Mario Specchio).

 

                              

Marino Freschi