Il Cristo nasce.
Ma nasce ogni volta che accendiamo la luce sacrificale del pensiero cosciente.
Solo la Vergine può dare vita all’uomo perfetto, perché se l’anima non riluce del suo lucore piú elevato, il Cristo non può parlare. Solo la Sophia è il silenzio che può dar voce al Cristo.
Non che non operi comunque, essendo presente già in ogni moto intuitivo, ma perduto, per insufficienza di presenza alle forze sorgive del pensiero abituale; pensiero edificatore dell’attuale civiltà, eppure irriconosciuto Messia, scambiando il presente il messia col nuovo progresso e con la cultura tecnocratica. Non stiamo capendo chi è il Redentore.
Il Logos è venuto tra i suoi, ma i suoi non l’hanno riconosciuto: compito dell’uomo era riconoscerlo.
Il Logos che illumina ogni uomo, come luce dell’autocoscienza che cessa di dover essere riflessa per poter essere.
La nascita del Cristo precede la Croce, ma il Golgota deve precedere la nascita del Cristo in noi. Non c’è vita senza sacrificio e l’ingresso della Luce di Vita nell’anima è preparato dall’azione sacrificale piú severa. L’apertura al Logos, come crocifissione della natura pulsionale, come ciò che scorre nel sangue dall’eredità del passato, dalla corrente del popolo e della famiglia; L’io inferiore che esprime ciò che non siamo, deve essere risolto dal Sangue volitivamente versato per la metanoia spirituale.
Cosí la Forza del Logos è scesa là dove abitava l’antica tentazione luciferica, dove l’uomo cerca l’identità con una immagine di sé che è riflesso di una luce perduta. Quella Luce va ritrovata, nell’azione sacrificale.
Meditazione quotidiana, lavoro interiore: consacrazione del tempo. La spinta evolutiva del Sé Spirituale o impulso del manas alla trasmutazione. È il richiamo del Logos ai suoi, perché lo accolgano.
In solitudine l’ego è crocifisso e dove non sopraggiunge una morte redentrice, deve subentrare una vita appesa al legno: tre chiodi devono fissare l’anima nel pensare, sentire e volere, affinché perdano velleità mondane.
Si deve diventare un essere spirituale, che è nel mondo, ma non gli appartiene. Dolore che è potenza di trasmutazione se accolto secondo la tecnica del Cristo, a cui nessuno prende la vita se non è lui che la concede.
Volontà che si dona, ripetendo il movimento dei Troni in silenziosa sacralità.
Alle radici dell’anima il dolore si converte in potere di donazione: sofferenza che evade dagli artigli dell’egoismo e ritorna potere di Volontà, che è sempre volontà di sacrificio.
Questa Volontà è il trasmutato Amore: il senso della Terra.
Le lingue del mondo che lo Spirito fa comprendere come effetto della Pentecoste o il frutto della Croce. Un superato amore luciferico, perennemente sentimentale, guarda sempre alla Croce come ad una pedagogia terapeutica: guariremo solo quando accoglieremo la logica del Golgota, per cui diventiamo piccoli perché altri siano grandi e ci rendiamo deboli perché altrui sia la forza.
La personalità è invero crocifissa, non altri. I tormenti dell’anima sono dovuti alla sua adesione all’irrealtà del suo essere, finché non si lasci abitare dal Logos, finché non cessi di volere se stessa sopra tutto.
Chi vuole essere discepolo del Cristo deve prendere la sua Croce ed ogni giorno portarla nel quotidiano morire. Ogni sofferenza del karma sarà consolata dal Signore del Karma. I tempi attuali richiedono piú che mai un martirio della Luce, che giorno per giorno chiede versamento di sangue, perché il sangue fisico sia dato al mondo spirituale affinché lo renda eterico e il cuore possa tornare ad accogliere la Vita.
Donare il respiro, per piú non respirare, ma come il Crocifisso spirare, esalando l’ultimo fiato terrestre per convertirlo in respiro metafisico. È la morte del respiro animale per la resurrezione del Respiro del Cuore che trae vitalità dall’elemento carbonico e funereo.
È volontà di estinzione dei processi vitali organici, del proprio assetto fisiologico, dei ricordi, delle sensazioni: il sepolcro di Lazzaro.
Questa è la via dei Nuovi Tempi, passare per la morte per essere invasi dalla Vita.
Come ebbe a dire il poeta: la pietra del sepolcro all’improvviso, come dall’alto mi fu sollevata, e si dischiuse nell’intimo il cuore.
È la visione del Cristo all’apertura della tomba. Ma prima, la tomba vi deve essere.
I candidati soffrono un continuo supplizio, perché per ospitare il Logos si deve fare spazio alla Morte e alla Morte di Croce.
È questo il letto che dobbiamo preparare per farLo riposare in noi.
Questo è possibile con la piú seria azione sacrificale: il rito quotidiano in cui, per continuo slancio meditativo, ci apriamo al principio piú alto.
Finché vogliamo trattenere per noi la vita della personalità, il Logos non trova casa, come la Vergine non poté partorire negli alloggi perché erano pieni. Solo rinunciando ritualmente alla propria vita è possibile davvero trovarla, altrimenti la perderemo.
I tempi attuali richiedono che il Cristo sia incontrato, Egli è qui. Riluce, per attimi ignoti, nel nostro Io, come esperienza cosciente. Che nel mondo spirituale delle altezze celesti splenda la Luce del Logos; che gli uomini che si aprono ad un volere sacrificale possano incarnare quella Luce sulla Terra e far nascere il Cristo.
Gloria in excelsis Deo et pax in terra hominibus bonae voluntatis.
Che ognuno di noi muoia Lazzaro, murato nel sepolcro minerale, crocefisso a immagine del Maestro, e, per dedizione sacrificale, davanti alla Luce del Cristo evocatore del superumano, possa risorgere nuovo Giovanni.
Emanuele Tartarini