Arriva una famiglia numerosa
completa di nonnetti stagionati:
sbarcano da un furgone turbodiesel
insieme a un bric-à-brac di masserie,
pentolame ed un grill con carbonella.
Zittiscono gli uccelli tra le fronde,
smettono il cra-cra-cra le raganelle,
se la svigna il torrente tra i lentischi,
alberi ed animali stanno all’erta
di fronte a un gruppo tanto rumoroso
di gente assatanata di natura,
vogliosa di tornare ai giorni lieti
godendo dei piaceri saporosi
di cibi e vini non adulterati,
in un ambiente senza inquinamento.
Passano in lontananza pecorelle
che brucano la ruca e la mentuccia,
cavalli bradi sgroppano felici
ed un pastore zufola una nenia
da un piffero di canna presso il gregge.
Sembra l’Arcadia fine Cinquecento,
o lo scenario della Grecia antica.
Dura poco l’incanto ché il vecchietto,
riscoprendosi scaltro fungarolo,
con un rastrello sarchia il sottobosco,
rovinando genziane e ciclamini.
La mamma spezza rami di mirtilli
per la tisana della buonanotte
e il babbo con l’accetta cava legna
potando un sorbo dalla cima al fondo.
I piccoletti vanno nel ruscello
a catturare rane per un fritto
che si prospetta raffinato e ricco,
senza spendere un soldo, che non guasta.
La sorellina con la vecchia nonna
spoglia la valle di cicoria e malva,
di corbezzoli, more e nipitella.
Avanzano lasciando la campagna
orfana d’ogni traccia di verzura,
come fanno in Namibia le locuste.
Viene alla fine l’ora del banchetto
e gli orchi si raccolgono al bivacco,
spolpando il pollo arrosto e le braciole,
trincando a garganella vino in fiaschi.
Si spandono per tutta la vallata
versi scomposti, sghignazzate e lazzi,
mentre cartocci coprono la terra
insieme alle lattine, ai tappi, agli ossi.
Appena cala il sole se ne vanno.
Resta avvilita e spoglia la radura,
offesa dallo sfregio che ha subíto.
A notte fonda, al lume della luna,
escono due folletti da una quercia:
tentano di sanare le rovine
riportando armonia nella natura.
Uno di loro sospirando esclama:
«Ma quanto durerà questo regime?
Io sono stufo d’acconciare i danni
di questi bambinoni senza garbo,
corti di mente e tanto sporcaccioni!».
«Pazienza ‒ dice l’altro ‒ ci vuol tempo
perché la verità venga alla luce.
Un giorno, sono certo, capiranno».
«Sarà come tu dici ‒ fa il collega. ‒
Per me non dura molto la cuccagna.
Di questo passo capiranno, forse,
ma mi domando cosa mangeranno!».
Fulvio Di Lieto