L’Arca (Arche Noah) è il secondo dei quattro drammi teatrali di Guenther Wachsmuth. Pubblicato nel 1948 e ambientato sul monte Ararat intorno al 2000 d.C., offre la visione di una terza guerra mondiale con l’uso indiscriminato di armi nucleari, per le quali la Terra geme strangolata a morte. Tuttavia in mille arche sull’intera terra si azzarda un tentativo, e se si riesce, il diluvio non sarà stato invano: un patto nuovo tra uomini e dèi.
L’Arca è un luogo per l’esercizio dell’anima, dove si forgia la spada di Michele e si custodiscono i nuovi rimedi contro l’intromissione delle forze nucleari nella vita. Tali rimedi derivano da un utilizzo delle forze della vita secondo criteri intelligibili solamente a coloro in cui è volontà di edificare, non distruggere.
«Infuria la battaglia, e s’avvicina. Noi chiediamo consiglio, per guidare questa Comunità nostra dell’Arca, come al principio, quando ci convocaste. Piú di uno – avvertiamo – è angosciato, l’atmosfera è impregnata di potenze ostili, che dentro l’uomo lottano.
Si eleva dall’anima il Drago. Per respingerlo, fatica aspra dentro di noi svolge Michele, il cavaliere, sí che noi possiamo tenerci sulla via che c’insegnaste».
AI COSTRUTTORI DELL’ARCA!
Un pensiero di Fabio Burigana
La medicina moderna può rappresentare tutta la civiltà contemporanea con le sue luci, le sue ombre ed i suoi miti. La recente crisi epidemica, a sua volta, può rappresentare tutta la medicina moderna.
Quali sono i comportamenti che in questo ambito ci stanno inevitabilmente portando alla negazione dell’Umano? Chi potrà costruire le Arche e sopravvivere all’incombente Diluvio?
Nella crisi epidemica, come in tutta la medicina moderna, c’è la ricerca del ‘farmaco perfetto’, somministrato ad ogni uomo dalla potenza della tecnologia. Nella medicina moderna c’è la ricerca del farmaco dell’immortalità; dell’immortalità in una quotidianità neanche piú legata ad un benessere sensoriale ma addirittura virtuale, e a cui la società occidentale oramai tende.
Nella recente crisi c’è stato addirittura imposto il non far niente nell’attesa che un farmaco o un vaccino prodigioso risolvessero tutti i problemi. La dimensione interiore negata, l’iniziativa del singolo combattuta. Permessa questa volta non in nome dell’immortalità ma della semplice sopravvivenza. Non piú vita ma sopravvivenza. Sopravvivere grazie al progresso che chiede in cambio la rinuncia di quello per cui vale la pena vivere: i valori interiori che ci rendono umani.
Voglio rivolgermi a quei pochi che riescono a percepire quanto di distruttivo si è ormai manifestato. Quei pochi devono, dovrebbero costruire l’Arca: dieci Arche, cento Arche! Attraverso la riscoperta dell’Umano, passaggio indispensabile per ritrovare il Divino. Il lavoro non è facile. Quello che un tempo era la norma, oggi deve esser raggiunto con la volontà e il coraggio. Bisogna trovare la forza di spegnere la televisione e il computer, per non parlare del cellulare, e uscire. Riscoprire la magia della natura, dell’arte, dell’amicizia, dell’amore. Trovare la forza di vincere le paure dell’epidemia, della guerra, della morte.
L’Arca si costruisce ogni giorno e il Diluvio serve a permettere ad alcuni uomini di costruirla.
Guenther Wachsmuth, L’Arca – Bozzetto drammatico in sette quadri
a cura di Nicola Gelo
In copertina “Il mare dentro” di Marina Sagramora
Stampa: Universal Book Srl, Rende (Cs) – Dicembre 2022
Traduzione: Fedele Mastroscusa e Giancarlo Roggero
Richiedibile alla Redazione: marinasagramora@gmail.com