Non si ballano piú le tarantelle,
sono tabú i fuochi d’artificio,
non si recita il Giusti né Trilussa,
il Trio mordace con intelligenza
è bandito da anni; ormai si impongono
l’umorismo e la satira che danno
spettacoli di pura maldicenza,
colmando il vuoto di genialità
con la trivialità di bassa lega,
non di rado sacrilega e indecente.
Importa non offendere il Palazzo,
dire la verità quel tanto che
non tocchi gli interessi e i personaggi
che muovono la ruota e gli ingranaggi
di un sistema al di sopra delle regole,
fatte soltanto per disciplinare
il cosiddetto uomo della strada,
lui, sí, costretto a vivere d’angoscia
per l’autovelox, le cartelle pazze,
e l’assillo di mettere i rifiuti
nel sacchetto legale e poi gettarlo
nel cassonetto ad hoc, secondo formule
e valenze biochimiche dei corpi,
affinché le molecole finite
per errore a convivere con altre
di diversa natura organolettica
non inneschino la rivoluzione
biocellulare dentro il mondezzone.
Intanto che l’onesto cittadino
si lambicca il cervello coi rifiuti
e spera che l’Altissimo lo aiuti,
c’è chi stipa lingotti giú in cantina
insieme a provoloni e sandanieli.
E il popolo d’eroi e naviganti,
di bardi, santi e geni creativi,
è costretto da questa governance
‒ piú che malvagia, ottusa, malversante ‒
a emigrare, o altrimenti a generare
evasori, bricconi e lavativi,
e se l’abuso dura, sovversivi.
Il cronista