La "Scala al Fattore"

Attività spirituale

La "Scala al Fattore"

Transumanesimo

 

Viviamo in un tempo di grandi prove. Il mondo sta attraversando dolorose trasformazioni. Le ideologie del ventesimo secolo sono crollate: dalle loro macerie è sorta una nuova èra; èra di scontri culturali e dimensioni post-umane. Trans-umanesimo e tecnocrazia, pandemie e totalitarismi travestiti piú o meno paternalisticamente. L’umano soffre la carenza di prospettive. Il mondo spirituale at­tende la libertà dell’uomo: stallo terribile. Il mondo dell’esoterismo è troppo spesso impantanato nella dialettica. Gli eventi esteriori però, che siano politici, culturali, sociali o bellici, sono solo veste di essenze sovrasensibili. Gli Ostacolatori spadroneggiano. Tutto ciò è misura della resistenza tamasica alla Luce.

 

Il presente è appunto un tempo sovversivo, che intorbida l’im­magine della Donna con retoriche di ogni tipo: dalla quasi sacra­lizzazione del sensualismo erotizzante, alla polemica pseudo-femminista che difende una categoria opponendola ad un’altra, generando false immagini del maschio e della femmina, come eterni opposti, irrimediabilmente in lotta; fino alla strumentalizzazione ideologica del femminicidio, elevato a cardine sociale, in molti casi misandría mascherata da etica. Non ultima la propaganda gender, che intende abolire l’idea stessa di femminilità, estirpando alla radice la distinzione sessuale stessa, liquefacendo realtà biologiche, linguistiche, culturali, per costruire ex novo un modello irreale, artefatto, espressione di una cultura nichilista e povera di pensiero. Una propaganda che ricorda il ‘bipensiero’ di orwelliana memoria in cui concetti opposti tendono ad identificarsi e sinonimi a divenire contrari.

 

Cosí si esaspera il definizionismo creando etichette per ogni sorta di status sessuale, frammentando la coppia maschio-femmina in una continua gemmazione di termini e nomi che allungano sigle ogni giorno di piú, mentre, d’altra parte, si vorrebbe uniformare la lingua con terminologie ambigue, create a tavolino, per abbattere le barriere dell’identità di genere. Due facce di un unico fraintendimento: ricerca di una libertà in una zona dove libertà non vi può essere. La Donna è oltre tutto questo, oltre la sua reificazione mediatica, oltre le dialettiche di come la donna stessa possa o voglia autodefinirsi.

 

L’obiettivo strategico degli avversari è la progressiva e sistematica demolizione della figura femminile.

 

Distruggere l’archetipo della Donna è lo scopo ultimo delle forze contrarie a Michele: perché dalla Donna viene la salvezza.

 

Nel tempo attuale non si può incontrare tale sorgente salvifica se non nella ricostituzione e reinte­grazione della nostra piú profonda essenza.

 

Identità gender

 

Tale essenzialità giace oltre un limite di cui la Donna è superatrice, in quanto detiene intatto un gruppo di forze che nell’uomo è deteriore. Se l’immagine della Donna viene a identificarsi con le sue parodie, i suoi travisa­menti, le sue inessenzialità, allora il ritrovamento dell’Ar­chetipo umano trova serio impedimento.

 

L’unico modo per ritrovare la realtà della Donna è guardare ad un concreto essere femminile, che incarni il piú alto ideale, e cioè la ricongiunzione dell’uomo col mondo Divino.

 

Sarà possibile assumere tale essere come simbolo e realtà di una potenza capace di redimere il male terrestre.

 

Proprio perché il nostro tempo assiste alla rinascita degli impulsi nazionali, che su un piano extra-sensibile annuncia l’operare di Spiriti di popolo e di Anime di popolo, è quanto mai importante ricom­prendere il ruolo della Donna nel tessere spirituale della Nazione.

 

Molto prima che l’Italia diventasse una Nazione, il 17 marzo 1861, cosa che a dire il vero non ebbe affatto i caratteri della definitività, ma fu piuttosto una tappa del processo di coscienza nazionale, vi fu una lunga preparazione nei mondi dello Spirito.

 

L’unificazione avvenne infatti sul piano politico, perché fu precorsa dal pensiero e dall’operato di alcune personalità eccezionali, che riuscirono in parte a creare un sentimento comune, ma che non poteva diffondersi e radicarsi nelle coscienze se non con lente trasformazioni.

 

I giganti spirituali di Mazzini, Crispi, Garibaldi, tutte personalità di grado iniziatico, hanno dato una patria all’allora popolo disparato, e non fu la collaborazione britannica o, men che meno, massonica, bensí la forza spirituale di queste individualità.

 

Tuttavia il terreno andava preparato, e oltre la loro azione pratica ancora l’auto-percezione culturale era tanto varia quanto frammentata; cosí il Regno delle due Sicilie non poteva considerarsi cultural­mente affine al Piemonte, ma neppure al “Continente” prossimo.

 

L’humus culturale e ideale, tipico dei nazionalismi del XIX sec, che si respirava, era certamente teso alla conquista di un valore piú elevato, propagato, prima e comunque, dal vento dell’arte, nella musica nella poesia e nella letteratura.

 

Incontro tra Giuseppe Garibaldi e Giuseppe Mazzini a Marsiglia

Incontro tra Giuseppe Garibaldi e Giuseppe Mazzini a Marsiglia

 

È l’esperienza romantica italiana a soffiare quest’aria di patriottismo. Le opere di Giacomo Leopardi, Silvio Pellico, Giuseppe Verdi, Alessandro Manzoni ecc. che in quel periodo tracciarono i solchi di una identità e una memoria comuni.

 

Manzoni descrive l’Italia nell’ode Marzo 1821:

 

 

Una gente che, libera tutta,

o fia serva tra l’Alpe ed il mare,

una d’arme, di lingua, d’altare,

di memorie, di sangue e di cor.

 

 

Legami di sangue, di spiritualità, un passato comune e un’unica lingua.

 

Secondo i principali studiosi di civiltà, infatti, non ultimo Samuel Huntington, una civiltà è definita principalmente da parametri spi­rituali e linguistici. Lingua e spiritualità sono gli elementi distintivi di un sistema culturale.

 

La coesione doveva essere prima nella lingua del popolo, dove l’Arcangelo opera.

 

L’Italia esisteva dapprima solo negli spiriti di certe individualità in cui lo Spirito del Popolo poteva operare.

 

Se vogliamo risalire alla nascita della lingua italiana cosí come è divenuta modello per le future generazioni, dobbiamo guardare indietro alla personalità di Dante. Il linguaggio di Dante tracciò le linee di quella che sarebbe diventata la lingua italiana, distinta dal latino, figlia del latino, ma che sposasse la poesia dei trovadori provenzali, mutuasse dall’occitano, dalla Scuola Siciliana e unificasse la regionalità dei dialetti italiani, attraverso prestiti linguistici di lemmi del Sud e del Nord. Una sintesi di tutto ciò fu operata nel contesto del Dolce Stil Novo e dei Fedeli D’Amore, a cui Dante apparteneva.

 

Amore: chiave di tutto.

 

Va rilevato però che Dante scrive la gran massa delle opere successivamente al 1290, con eccezione di una parte delle Rime che iniziano nel 1283. Il 1290 è un anno cruciale perché avviene nella sua vita qualcosa che lo sconvolse nel profondo: morí una Donna. Si recise un legame nel mondo fisico con un essere davvero speciale.

 

Chi è questa Donna?

 

Beatrice Portinari era una ragazza di Firenze, che Dante incontrò per la prima volta nel 1274. Sul piano materiale era una personalità comune, ma Dante poté percepire in lei molto di piú, grazie ad una certa chiaroveggenza interiore che aveva conquistato.

 

Henry Holiday (particolare) «L’incontro di Dante e Beatrice»

Henry Holiday (particolare) «L’incontro di Dante e Beatrice»

 

Egli vede che in lei si manifesta un principio molto elevato e che oltre l’illusione del suo apparire corporeo vive un es­sere superiore.

 

È portatrice di un mistero, lo incarna, pur permanendo al di là della sua persona esteriore.

 

Una potenza redentrice la sovrasta, su un piano separato, trascendente, e in pari tempo vivente in lei come nucleo profondo, immanente.

 

Dentro di sé e oltre la soglia spirituale è il suo essere piú intimo, al contempo altissimo e terrestre: aleggia sopra di lei nello splendore immateriale puro, in modo da mostrarsi e nascondersi in ogni sua espressione.

 

Per come questa creatura appare, è tutta un gioco di ri­flessi, la sua fisicità e il suo temperamento, i suoi atti, sono un simbolo: maya di un’entità celeste.

 

È un Angelo e non lo è. Ella è una donna del suo tempo, e anche una forma della Bhakti incarnata, in quanto suscitatrice di devozione, la sua presenza dona il Pensiero Vivente.

 

È il Christo che passa e che guarisce le anime e viene «da cielo in terra a miracol mostrare».

 

Questa creatura è un miracolo che cammina sulla Terra.

 

L’Io superiore di Beatrice poté accogliere e riflettere le forze christiche guaritrici del Grande Terapeuta, per mezzo dell’azione del Piccolo Terapeuta: l’essere eccelso di cui stiamo parlando altri non è che Raffaele. Ella manifestò sul piano terreno le forze dell’Arcangelo Raffaele.

 

Già dal primo incontro, nel 1274, la potenza ispirativa di Raffaele iniziò ad agire in Dante, muo­vendolo tramite il pensiero-forza a forgiare una lingua adatta ad un simile incontro.

 

Processo che trova ulteriore impulso nel 1283 anno del secondo incontro con lei, che aveva diciotto anni.

 

Il suo nome contiene il suo destino, infatti Beatrix, oltre a significare una apportatrice di beatitudine celeste, è una parola che termina col numero IX: 9 erano gli anni di lei al loro primo incontro. 9 anni dopo, il secondo incontro. 9 è il decennio di morte.

 

La sua morte infatti, nel 1290, per quanto tragica e foriera di un vuoto incolmabile, segnò l’irrag­giamento di queste forze dal mondo spirituale all’anima di Dante, moltiplicandone la capacità poetica.

 

Sacrificio di pura donazione d’amore che la Donna fece all’umanità.

 

Grazie a lei Raffaele operò nella lingua italiana.

 

Grazie a lei quegli impulsi, tramite la lingua, penetrarono nell’anima di popolo italiana, per quanto le vie del Destino siano molteplici, e per quanto suoni paradossale l’affermazione: senza di lei, non avremmo l’Italia.

 

Perciò è dovuta nascere in Italia. Come ricettacolo e manifestazione terrena di Raffaele, le forze dell’anima razionale, arrivate a piena maturazione, dovevano partorire la lingua italiana sotto il profilo che avrebbe assunto nell’epoca successiva.

 

Oggi siamo nell’epoca dell’anima cosciente e con piena coscienza dobbiamo ancora oggi guardare all’essere femminile come a colei che irraggia dall’alto lo Spirito Italiano.

 

Ancora oggi, Michele può guidare la Civiltà Occidentale solo se trova armonia con gli Spiriti di Popolo.

 

È sempre la Donna che detiene le chiavi per aprire e chiudere i Cieli.

 

Non è il Logos che l’uomo ha perso e deve ritrovare, ma la Madre Celeste, la Donna Angelicata, la Iside-Sophia.

 

 

Italo d’Anghiere